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Irpef, sale polemica tra governo e opposizione: chi guadagna davvero?

- di: Vittorio Massi
 
Irpef, sale polemica tra governo e opposizione: chi guadagna davvero?
Taglio delle aliquote, ceto medio al centro e imprese in attesa: tra numeri, critiche e promesse sull’iperammortamento, e la battaglia sull’energia in Europa.

Il confronto sull’Irpef si accende. Il governo rivendica di aver messo al centro i redditi “normali”, mentre le opposizioni parlano di misura calibrata su chi sta meglio. Nel mezzo ci sono i numeri, che illuminano un quadro più complesso di uno scontro politico: l’intervento ridisegna la seconda aliquota e incrocia altri tasselli della manovra, dalla deduzione per gli investimenti 4.0 (iper e superammortamento) fino al dossier europeo sulla tassazione dei prodotti energetici, che può cambiare il destino dell’industria a gas entro il prossimo decennio.

Che cosa cambia con il taglio dell’Irpef

La riduzione della seconda aliquota è il cuore della misura. Il governo la presenta come un soccorso al ceto medio, colpito da inflazione e salari stagnanti. L’effetto, però, non è uguale per tutti: dipende da livello e composizione del reddito, presenza di altri benefici, numero di percettori in famiglia e intensità di partecipazione al lavoro, in particolare femminile. In termini di importi medi, il beneficio cresce al crescere del reddito nelle fasce interessate, con un impatto percentuale considerato contenuto dalle principali istituzioni economiche.

Le critiche e il nodo della distribuzione

È qui che la polemica divampa. Le opposizioni insistono sul fatto che la maggior parte del vantaggio vada verso i redditi più alti della platea coinvolta e che l’effetto redistributivo sia limitato. Gli organismi tecnici parlano di benefici concentrati nei quinti centrali e alto-centrali della distribuzione, con un effetto complessivo moderato sulle disuguaglianze. In altri termini: la misura non “ribalta” gli equilibri, ma nemmeno li lascia del tutto invariati, e comunque non risolve i problemi dei redditi più fragili, dove pesano lavoro discontinuo e carriere part-time.

Governo e opposizioni, scontro frontale

Il ministro dell’Economia difende la linea. “Siamo stati massacrati per aver aiutato non i ricchi ma chi guadagna cifre ragionevoli: riteniamo di essere nel giusto”, ha rivendicato, legando la scelta al contesto di instabilità internazionale e al percorso pluriennale di alleggerimento fiscale. Dall’altra parte, la segreteria dem mette il dito nella piaga della distribuzione: “State aiutando chi sta meglio, non chi è rimasto indietro”, è l’accusa, accompagnata dall’appello a riportare al centro la “redistribuzione delle ricchezze”. Il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra incalzano, sottolineando come la manovra rischi di contrapporre “penultimi” e “ultimi”.

A rincarare la dose arriva il responsabile Economia del Partito Democratico, Antonio Misiani, che attacca frontalmente: “Non bastava il vittimismo di Giorgia Meloni. Ora anche Giorgetti si lamenta di chi ha solo fatto il proprio dovere, come Banca d’Italia, Istat e Ufficio parlamentare di bilancio. Il governo ha esteso il taglio Irpef fino a chi guadagna 200 mila euro lordi, e nessuno può definire quella fascia ‘ceto medio’ in un Paese dove il reddito medio è di 25 mila euro”. Misiani invita il ministro a “smettere di fare la vittima e confrontarsi con il Parlamento per correggere una misura che non sostiene davvero il ceto medio, ma anzi rischia di deprimere investimenti e consumi”.

Dura anche la reazione di Italia Viva. Il vicepresidente del partito Davide Faraone commenta: “Il ministro dice di essere stato massacrato, ma a massacrare gli italiani sono lui e il governo. Con questa manovra si alzano le tasse e si tengono bassi gli stipendi. È il solito copione del governo Meloni: propaganda e vittimismo”.

Iper e superammortamento: la richiesta delle imprese

La seconda gamba del confronto è quella sugli investimenti. Palazzo Chigi ha rimesso in campo l’iperammortamento (e il superammortamento) come leva per la transizione 4.0 e l’efficienza energetica, con aliquote che premiano i beni digitali e green. Ma il vero banco di prova è la durezza del calendario: ordini, acconti, consegne, entrata in funzione. Per questo dal sistema produttivo arriva la richiesta di orizzonte pluriennale, meno stop-and-go e regole chiare. Il Mef ha aperto: “Renderlo pluriennale sarebbe una bella cosa: cercheremo una soluzione”, è la promessa. L’obiettivo è dare prevedibilità a chi investe e non costringere le aziende a corse contro il tempo a fine anno.

Banche e credito: il ritorno alla funzione originaria

Non è passata inosservata la stoccata del ministro agli istituti di credito: “È più facile guadagnare con la gestione statica della liquidità, ma le banche devono tornare a concentrarsi sull’attività creditizia tradizionale”. Tradotto: meno rendite sullo spread di tesoreria, più prestiti a famiglie e imprese per sostenere la domanda interna, gli investimenti e la produttività, oggi il vero tallone d’Achille del Paese.

Energia e industria: il fronte europeo

Il capitolo più strategico si apre a Bruxelles, dove i ministri finanziari discutono la revisione della direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici. L’Italia punta a evitare un irrigidimento che penalizzi il gas naturale, ancora spina dorsale di molti processi industriali. Il Mef annuncia battaglia per introdurre flessibilità e transizioni realistiche: “Senza correzioni, per l’industria italiana dal 2033 sarebbe una pietra tombale”. In gioco non c’è solo il costo dell’energia, ma la competitività dell’intera manifattura nel decennio in cui si decidono la decarbonizzazione e gli assetti del nuovo mercato unico.

Che cosa resta sul tavolo

La manovra entra nella fase degli emendamenti con tre nodi: 1) calibrare meglio gli effetti distributivi dell’Irpef, proteggendo davvero i redditi più vulnerabili; 2) dare stabilità pluriennale agli incentivi per gli investimenti, così da muovere la produttività; 3) costruire in Europa un compromesso sulla tassazione energetica che non scarichi costi insostenibili su filiere ancora dipendenti dal gas. È lì che si misura la coerenza tra promesse e numeri.

La posta in gioco

Se il taglio dell’Irpef resterà un ritocco leggero o si trasformerà in un volano per la crescita dipende da come verranno sciolti questi tre nodi. Un’architettura credibile richiede misure mirate sui redditi bassi, investimenti stabili e decisi su digitale ed energia, e una strategia europea che accompagni la transizione senza desertificare la manifattura. In gioco non c’è una casella del fisco, ma la traiettoria dell’economia italiana nei prossimi anni.

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