Sul dossier ''balneari'' Ue e Italia allo scontro finale (o quasi)

- di: Redazione
 
La direttiva Bolkenstein (sulla concorrenza e quindi liberalizzazione) che risale ormai al lontano 2006, continua ad essere terreno di scontro tra l'Ue e l'Italia, ma sin a quando si è trattato di schermaglie verbali, piuttosto che normative, nessun problema.
Ora la contrapposizione tra Bruxelles e Roma è salita di intensità, con il parere motivato che, sull'argomento, ha emesso la Commissione europea puntando il dito contro l’Italia per ''violazione della Direttiva servizi e del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea'', con preciso riferimento alle concessioni balneari.
Non è stata certo una mossa inattesa, dal momento che segue il meccanismo della messa in mora, con cui al Paese che non si è adeguato alle direttive europee viene concesso un periodo di due mesi per elaborare e presentare osservazioni e controdeduzioni.

Sul dossier ''balneari'' Ue e Italia allo scontro finale (o quasi)

La materia è ormai datata: l'Ue ci chiede di aprire alla libera concorrenza la gestione di spiagge e lidi, ma su questo punto le risposte, quando sono arrivate, sono state ritenute solo un modo per rinviare una decisione degna di tale nome. L'ultima missiva sul dossier, partita da Roma alla volta di Bruxelles nello scorso febbraio, nel comunicare che le concessioni sono state rinnovate, motu proprio del governo, fino al 31 dicembre del prossimo anno, annuncia che sarà fatto un censimento sugli spazi che possono ancora essere assegnati.

Ma il termine usato, ricognizione, sebbene impegni il governo, non sembrerebbe porre scadenze, facendo comunque riferimento al fatto che essendo molti i siti ancora disponibili e quindi assegnabili, la direttiva potrebbe non essere applicata, mancando quindi, pare di capire, del requisito essenziale, cioè che i luoghi sono pochi e in mano da anni alle stesse persone.
Ma la posizione della Commissione sembra essere quella di chi ritiene che le lancette abbiano fatto se non l'ultimo, almeno il penultimo giro: ''Abbiamo inviato un parare motivato'' e ora il governo italiano ha due mesi ''per fornire risposte e allora decideremo sui prossimi passi. La nostra preferenza è sempre di trovare un accordo con gli Stati membri, piuttosto che andare in giudizio. È un parere motivato e non pregiudica le trattative continue che avremo con le autorità italiane''.

Sulla sollecitazione ad aprire i badi di gara per l'assegnazione di lidi e spiagge la Commissione europea non è sola, poiché il governo deve fronteggiare anche la magistratura contabile. La Corte dei conti ha infatti ritenuta illegittima la proroga che è stata concessa a chi, attualmente, gestisce i siti oggetto della controversia, ordinando quindi la riapertura dei bandi di gara.
Ora la palla torna nel campo del governo, che non può non considerare che i canoni di affitto per lidi e spiagge lo scorso anno si sono tradotti in un incasso, per l'Erario, di 115 milioni, a fronte di 6.823 stabilimenti censiti.
Basta fare un paio di conti per capire che, a fronte di un giro d'affari di 31 miliardi, è poco più di un obolo.
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