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Il ritorno delle vecchie divisioni sull’Europa della difesa

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Il ritorno delle vecchie divisioni sull’Europa della difesa

Negli ultimi anni, la questione della difesa europea è tornata a occupare un posto centrale nel dibattito politico continentale. L’invasione russa dell’Ucraina, l’incertezza sulla solidità dell’alleanza transatlantica e le sfide globali emergenti stanno accelerando la necessità di ripensare la sicurezza comune del Vecchio Continente. Tuttavia, anziché convergere su una strategia condivisa, le nazioni europee sembrano ancora divise lungo linee storiche e ideologiche.

Il ritorno delle vecchie divisioni sull’Europa della difesa

Per comprendere quale direzione prenderà l’Europa in materia di difesa, è essenziale analizzare le diverse visioni che coesistono all'interno del dibattito politico: i gaullisti, gli atlantisti, i negazionisti e i poutinisti. Ciascuno di questi gruppi incarna una prospettiva distinta su come il continente dovrebbe affrontare la propria sicurezza e il proprio ruolo nello scenario internazionale.

I gaullisti e l'idea di un'Europa autonoma

Tra coloro che sostengono la necessità di un’Europa più indipendente sul piano militare vi sono i cosiddetti gaullisti, seguaci dell’approccio delineato dal generale Charles de Gaulle negli anni ’60. Questa corrente di pensiero, ancora oggi molto influente soprattutto in Francia, si oppone alla totale dipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti e promuove la creazione di una vera e propria difesa comune europea, dotata di mezzi propri, di una strategia autonoma e di un’industria militare sovranazionale.

La Francia, che possiede l’unico arsenale nucleare dell’Unione Europea dopo la Brexit, si è fatta promotrice di una maggiore autonomia strategica dell’Europa. Il presidente Emmanuel Macron ha più volte ribadito che l’UE deve sviluppare una propria capacità di deterrenza e non può limitarsi a fare affidamento sulla NATO. Questa visione si basa sulla convinzione che l’Europa, con il suo peso economico e politico, abbia la responsabilità di proteggere i propri interessi senza dipendere esclusivamente dagli Stati Uniti, soprattutto in un contesto geopolitico sempre più multipolare.

Tuttavia, il progetto di un esercito europeo incontra ancora molte resistenze, soprattutto da parte di quei Paesi che vedono nella NATO l’unica garanzia di sicurezza affidabile.

Gli atlantisti e la fiducia nella NATO

A opporsi con forza alla visione gaullista vi sono gli atlantisti, ovvero coloro che considerano l’alleanza con gli Stati Uniti e la NATO la principale garanzia per la sicurezza europea. Questo gruppo, che include molti Paesi dell’Europa orientale, è convinto che l’Europa non possa fare a meno del supporto militare americano, sia in termini di tecnologia che di deterrenza nucleare.

Paesi come la Polonia, gli Stati baltici e la Romania hanno rafforzato la loro cooperazione con Washington, ritenendo la presenza militare statunitense in Europa essenziale per contrastare la minaccia russa. Per queste nazioni, ogni tentativo di costruire un’autonomia militare europea che possa indebolire il legame con la NATO è visto con sospetto.

Anche la Germania, pur investendo di più nella propria difesa dopo l’invasione dell’Ucraina, rimane legata alla dottrina atlantista. Il cancelliere Olaf Scholz ha dichiarato che il rafforzamento dell’esercito tedesco avverrà sempre nel quadro della NATO, e non come alternativa all’alleanza transatlantica.

L’approccio atlantista trova inoltre sostegno nel Regno Unito, che pur essendo uscito dall’Unione Europea, mantiene una forte cooperazione militare con Bruxelles, soprattutto attraverso accordi con singoli Stati membri.

I negazionisti della minaccia e l’illusione della neutralità


Un’altra posizione che emerge nel dibattito è quella dei negazionisti della minaccia, ovvero quei movimenti politici che minimizzano il rischio di un conflitto in Europa e si oppongono all’aumento delle spese militari.

Questa visione è particolarmente diffusa nei movimenti pacifisti e nei partiti di sinistra radicale, che ritengono che l’UE dovrebbe concentrarsi sulla diplomazia e sulla costruzione di un ordine globale basato sulla cooperazione piuttosto che sull’aumento delle capacità militari. Secondo questa logica, più armi e più eserciti significano più guerre, e l’unico modo per garantire la pace è evitare l’escalation militare.

Anche alcuni Stati europei adottano una posizione simile. L’Irlanda, l’Austria e la Svizzera hanno mantenuto una politica di neutralità e sono restii a partecipare ad azioni militari congiunte. Tuttavia, la guerra in Ucraina ha messo in discussione questa posizione, con diversi Paesi tradizionalmente neutrali che ora valutano un maggiore coinvolgimento nella difesa comune.

I poutinisti e la fascinazione per Mosca

Infine, vi sono i poutinisti, ovvero coloro che simpatizzano per la Russia e ritengono che l’Europa non debba considerarla una minaccia.

Questa posizione è particolarmente diffusa nei partiti populisti di destra e sinistra, che vedono nella Russia un alleato contro il liberalismo occidentale e le élite di Bruxelles. Movimenti come il Rassemblement National di Marine Le Pen in Francia, l’AfD in Germania e Fratelli d’Italia in passato hanno espresso posizioni critiche sulle sanzioni contro Mosca, sottolineando che la Russia dovrebbe essere parte di un sistema di sicurezza europeo e non un nemico.

Anche il premier ungherese Viktor Orbán ha spesso espresso posizioni ambigue sulla Russia, opponendosi alle sanzioni e mantenendo relazioni cordiali con Vladimir Putin.

Tuttavia, dopo l’invasione dell’Ucraina, molti di questi partiti hanno cercato di moderare la loro posizione per evitare di essere accusati di filoputinismo, pur mantenendo una retorica scettica sull’efficacia delle sanzioni e sull’invio di armi a Kiev.

L’Europa a un bivio: quale futuro per la difesa comune?

Le divisioni all'interno dell’UE rendono difficile la costruzione di una politica di difesa comune. L’invasione russa dell’Ucraina ha accelerato la consapevolezza che l’Europa debba rafforzare le proprie capacità militari, ma non esiste ancora una visione condivisa su come farlo.

Da un lato, la Francia e alcuni altri Paesi spingono per una maggiore indipendenza strategica. Dall’altro, la Germania e i Paesi dell’Est continuano a vedere nella NATO l’unico vero pilastro della sicurezza europea.

In questo scenario, il futuro della difesa europea dipenderà anche dagli sviluppi geopolitici globali. Se gli Stati Uniti dovessero ridurre il loro impegno nella NATO, l’Europa sarebbe costretta a fare da sola. Se invece Washington continuerà a garantire la sicurezza del continente, le spinte per un’autonomia strategica potrebbero rallentare.

L’Europa della difesa è dunque a un bivio: scegliere di rafforzare il proprio ruolo militare in modo indipendente o continuare a dipendere dalla protezione americana? La risposta a questa domanda definirà il futuro della sicurezza del continente per i prossimi decenni.

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