Di Maio rappresentante dell'Ue con i Regni petroliferi? Questa ci mancava proprio...

- di: Redazione
 
Qual è l'immagine di Luigi Di Maio che è rimasta più impressa nell'italiano medio, quello che guarda distrattamente la televisione se inquadra un uomo politico pensando che ''tanto sono tutti gli stessi''?
Quella di un Di Maio in preda ad una reazione orgasmica all'approvazione della legge che istituiva il reddito di cittadinanza e che lo spinse su un balcone ad esultare come quando Diego Maradona segnava gol impossibili con il suo magico piede sinistro? Oppure quando, impettito (come sempre, d'altra parte), si rivolse al presidente cinese, chiamandolo ''Ping'', forse per lui una reminiscenza di quando giocava al tennis tavolo nella saletta della chiesa che frequentava a Pomigliano d'arco, e non Xi, come giusto, tra gli sguardi sbalorditi dei dignitari di Pechino? Oppure, la più recente, quando, in una pizzeria, ha replicato una scena da ''Dirty dancing'', ma non nelle Catskill Mountains, ma a Napoli, avendo come location una trattoria?

Di Maio rappresentante dell'Ue con i Regni petroliferi? Questa ci mancava proprio...

Forse però manca l'ultimissima immagine, quella di un Di Maio, preso a ceffoni dall'elettorato, che non ha accreditato il suo ''Impegno civico'' nemmeno dei voti necessari a farsi eleggere presidente del circolo delle freccette.
Ma Luigi Di Maio, che, diciamola tutta, sembra essere nato per fare da bersaglio di battute anche grevi, una qualità ce l'ha. Quella di avere fatto tesoro di una vecchia pubblicità di una nota marca di caffè, quella che diceva che più lo mandavi giù, più ti tirava su. Perché Luigi Di Maio, appena un mese e mezzo dopo essere stato espulso dal contesto politico del Paese, sta per tornare a cavalcare la tigre e con un incarico importante. Quello di inviato europeo nel Golfo Persico, che sarebbe, in poche parole, il rappresentante dell'Ue per andare a trattare, con i Paesi petroliferi, di questioni energetiche.

Mica un incarico di poco conto. Primo, perché parliamo di un argomento centrale nella politica europea di oggi e dei prossimi anni; secondo, perché trattare con gli arabi è sempre molto complicato per la loro conclamata autoreferenzialità, resa tale anche dal fatto che, controllando la produzione di petrolio, partono da una posizione di forza. A chi si chiede se quella di Di Maio sia stata una iniziativa ''endogena'' e quindi destinata a evaporare bisogna dire che invece la sua indicazione per l'incarico ha il sostegno del gruppo di tecnici indipendenti che hanno esaminato una rosa di possibili candidati, scegliendo lui e non il cipriota Markos Kyprianou, l'ex inviato dell'Onu in Libia Jan Kubis e l'ex ministro degli Esteri e commissario Ue Dimitris Avramopoulos. Ma non tutto è stato fatto, perché l'ultima parola spetta al ''ministro degli Esteri'' europeo, Josep Borrell, che speriamo non abbia ricordo di memorabili interviste del ''nostro'' Giggino.

Ma questa vicenda qualche insegnamento lo dà, a cominciare da quella che ormai l'Italia fa concorrenza all'America come terra delle opportunità. Perché se anche Luigi Di Maio (che comunque in questi anni ha studiato tanto, non per laurearsi, ma per diventare ''democristiano'', nel senso più doroteo del termine) può ambire a un ruolo importantissimo come quello di rappresentante dell'Ue nel delicato dossier energetico, allora ciascuno di noi può nutrire delle ambizioni di svoltare, di aprirsi la camicia e, come Clark Kent, mostrare il costume da Superman. Ciascuno di noi, magari con una migliore frequentazione rispetto a Di Maio di quella ''palude'' che è la sintassi, può sperare di fare parte dell'Accademia della Crusca. Ciascuno di noi, anche se altro un metro e un barattolo, può sognare di sfidare i gigante del basket, schiacciando loro in faccia.
Questa storia però porta con sé un interrogativo banale, anzi banalissimo: se Di Maio è stato sconfitto alle elezioni, se di Maio non è riuscito a strappare un seggio e manco uno sgabello o uno strapuntino in Parlamento, come il governo italiano può esprimere soddisfazione per la sua (eventuale) nomina?

Tutto è però lecito, magari pensare che, mandando Di Maio a fare il Lawrence d'Arabia (oppure il Pasqualino maraja, di carosoniana memoria), l'Europa voglia fare uno sgarbo all'Italia di Giorgia Meloni. Staremo a vedere. Lui, Di Maio, intanto freme e, nell'attesa, rispolvera i completi blu, in attesa di volare sul deserto.
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