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Cop30, il tasso di deforestazione in Amazzonia scende dell’11% – Lula porta a Belém il segnale del cambiamento

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Cop30, il tasso di deforestazione in Amazzonia scende dell’11% – Lula porta a Belém il segnale del cambiamento

A dieci anni dall’Accordo di Parigi, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima, Cop30, si apre con un dato che assume il valore di un segnale politico e ambientale: in Amazzonia, la deforestazione è diminuita dell’11,04% in dodici mesi. Tra il 1° agosto 2024 e il 31 luglio 2025 la perdita di superficie forestale è passata da 6.518 a 5.796 chilometri quadrati, un risultato che il presidente Luiz Inácio Lula da Silva presenta a Belém come prova di un’inversione di tendenza possibile, se sostenuta da scelte coerenti e da una governance ambientale efficace.

Cop30, il tasso di deforestazione in Amazzonia scende dell’11%

Belém, nel cuore dell’Amazzonia, è stata scelta non a caso come sede della Cop: la decisione, fortemente voluta da Lula, ha un valore simbolico che travalica la geografia. La capitale del Pará diventa così il punto di incontro tra politica globale e urgenze locali, tra promesse internazionali e foreste che respirano, tra economia verde e diritti delle popolazioni indigene.

Un segnale, non ancora una svolta
Gli scienziati ricordano che le foreste tropicali rappresentano una barriera naturale al riscaldamento globale, contribuendo a contenere di oltre 1 °C l’aumento medio delle temperature grazie alla loro capacità di assorbire grandi quantità di CO₂ e di rilasciare vapore acqueo e nuvole, che raffreddano il pianeta. Ma la loro funzione di “condizionatore climatico” si è indebolita negli ultimi decenni: solo nel 2024 si sono persi 8,1 milioni di ettari di foresta a livello mondiale, un valore superiore del 63% rispetto alla traiettoria che servirebbe per azzerare la deforestazione entro il 2030.

«L’Accordo di Parigi, firmato dieci anni fa, sta producendo progressi concreti, ma dobbiamo accelerare in Amazzonia», ha dichiarato Simon Stiell, segretario generale dell’Unfccc, l’organismo dell’Onu per il cambiamento climatico.

L’avanzata del “taglio raso”, la forma più aggressiva di deforestazione che abbatte completamente gli alberi per lasciare spazio a pascoli o monocolture, resta responsabile di circa il 60% delle aree disboscate. È un modello di sfruttamento che non si arresta facilmente, ma che il governo brasiliano prova a contenere attraverso controlli ambientali più severi e politiche di sostegno alla riforestazione e alla bioeconomia.

Lula e la diplomazia verde
Alla Cop30, Lula si presenta come portavoce di un Sud globale che chiede più risorse per la transizione climatica e al tempo stesso rivendica il diritto a uno sviluppo sostenibile. La promessa fatta nel 2023 – azzerare la deforestazione illegale entro il 2030 – resta l’obiettivo cardine della sua agenda ambientale. A Belém il presidente porta i primi risultati, ma anche la consapevolezza che la strada è lunga e che senza cooperazione internazionale e investimenti mirati l’Amazzonia rischia di raggiungere un punto di non ritorno.

Il Brasile guida oggi un fronte di Paesi amazzonici intenzionati a rilanciare un patto per la foresta, centrato su tre pilastri: tutela ambientale, inclusione sociale e crescita economica basata su risorse rinnovabili. L’idea è che l’Amazzonia non sia più vista come un confine da espandere, ma come un patrimonio da rigenerare.

L’urgenza del decennio
La riduzione dell’11% nella deforestazione non basta a invertire le tendenze globali, ma segna un punto di discontinuità dopo anni di aumento costante. È un passo avanti che rimette al centro il nesso tra clima e biodiversità, tra tutela degli ecosistemi e futuro economico del pianeta.

Alla Cop30 di Belém, il dibattito su clima e sviluppo incontra il suo banco di prova più concreto. L’Amazzonia, che per estensione e funzione ecologica può decidere il destino del clima terrestre, diventa così anche un laboratorio politico per misurare la capacità delle istituzioni internazionali di passare dalle dichiarazioni ai risultati.

Nel respiro profondo della foresta, Lula cerca la chiave per restituire fiducia all’Accordo di Parigi. Un segnale di cambiamento, fragile ma reale, che ricorda come la lotta al riscaldamento globale cominci sempre da un luogo preciso – e oggi quel luogo è Belém.

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