Crisi: al di là dell'esito della trattativa, Renzi ha comunque vinto

- di: Diego Minuti
 
Siamo certi che, più che un tavolo di confronto, i politici che cercano di dare (la loro) soluzione alla crisi non abbiamo bisogno di un altro pezzo d'arredamento? Non di un tavolo, ma magari di un lettino su cui sistemarsi in attesa che uno psicoanalista si pronunci sul loro stato mentale?
Diciamocelo, con la franchezza di cui abbiamo bisogno: quella di questi giorni è la peggiore rappresentazione della politica italiana dove, come sempre, alle parole non corrispondono gli atti, abusando della pazienza di un intero Paese che comincia a guardare stranito ai riti di una trattativa che non nasconde livori e contrapposizioni personali.

Siamo disposti a ripetere all'infinito che alcune delle contestazioni che Matteo Renzi ha posto alla decisione di fare cadere il Governo di Giuseppe Conte siano condivisibili, come quella che riguarda l'esercizio "monocratico" della funzione di primo ministro a discapito della collegialità del Governo. Ma ora il giochino è abbastanza scoperto, nel momento in cui alla questione di metodo Renzi accompagna richieste che lievitano con il passare dei giorni e quindi con l'avvicinarsi della scadenza del mandato esplorativo a Fico.

Non è che non siamo abituati alle schermaglie della politica, però resta abbastanza sconcertante che le strombazzate rinunce alle poltrone, argomento caro al Renzi di lotta e di Governo, siano state scordate in fretta e sostituite con la richiesta di incarichi ministeriali in numero e qualità maggiore rispetto a quelle del Conte-due. Più appare vicino il pericolo (sempre che sia tale) dello scioglimento di questo Parlamento, più Renzi si sente autorizzato ad aumentare ulteriormente il pacchetto dei suoi desideri, cosciente del meccanismo che, se ci si avvicina alla fine, gli altri sono disposti a mollare pur di evitare il peggio.

È chiaro che bisogna fidarsi delle indiscrezioni che vengono fatte filtrare ai giornalisti, ma se è vero che ora Renzi "vuole" e non "chiede" più ministeri e di maggiore peso operativo (Difesa ed Infrastrutture) ci troviamo davanti ad una spregiudicatezza di cui non si riesce a capire il fine ultimo.
Anche perché di certo le assicurazioni che il leader di Italia Viva fa oggi non è che diano garanzie assolute per il futuro. O quanto meno, danno garanzie solo se Renzi otterrà quanto reclama, a dispetto degli equilibri che un Governo di coalizione deve avere al suo interno. Il Vietnam scatenato da Renzi non sta solo logorando le capacità di mediazione di Fico, ma ottenendo un risultato evidente, mettendo in ginocchio il Pd che mai come oggi mostra l'assenza di una leadership in grado di fare valere il peso parlamentare e quello nel Paese, sempre che gliene rimanga. In fondo non c'è da meravigliarsi perché Matteo Renzi sta andando avanti nel suo vecchio progetto di svuotare di contenuti ideologici il Pd, riducendolo ad un partito che gestisce e che non è più in grado di proporre.

Ed è abbastanza strano vedere che a tenere duro nello scontro para-ideologico con Renzi siano quelli che non vengono dal vecchio Pc, quello della "ditta". Quindi, al tirare delle somme, in una cosa Matteo Renzi ha già vinto: ha messo all'angolo quel partito di cui è stato segretario, ma che non ha mai sentito veramente suo.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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