Crisi: per Conte una piccola vittoria, per un piccolo Governo
- di: Diego Minuti
Ora si potrebbe dire che le abbiamo viste tutte, ma veramente tutte: cambi di casacca, l'ingresso del Var a palazzo Madama (Ciampolillo uber alles), piroette e dietro-front su contenuti che nemmeno al Cirque du Soleil, prefiche e aruspici di sventure, menagrami, aspiranti, presunti tali ed ex leader.
Fosse stato presente Humphrey Bogart avrebbe detto "È la politica, bellezza".
Solo che ieri, al Senato, la politica non c'è stata, almeno nell'accezione alta di essa che tutti dovremmo auspicare.
Il Governo si è salvato, ma a quale prezzo, verrebbe da dire. Una maggioranza rabberciata ha consentito a Conte la "non sconfitta", ma, al tempo stesso, lo ha messo davanti ad una situazione che certo non aiuta l'esecutivo ad affrontare una situazione delicatissima per il Paese, che oggi sì comprende cosa si sta rischiando.
Giuseppe Conte, incassata un vittoria piccola piccola, ora deve, nell'immediato (che si traduce in un paio di settimane al massimo), cercare di trovare qualcuno che ingrossi le file della maggioranza e gli consenta di andare avanti sino alla naturale conclusione della legislatura. Anche se è forse più probabile che l'opera di reclutamento passi per altri mallevadori che siano più adusi alla celebrazione dei misteri eleusini della politica non ufficiale, quella delle paroline nelle orecchie, delle promesse, delle offerte, delle blandizie e forse anche delle minacce, più o meno larvate.
È l'immagine meno nota e nobile della politica, ma che c'è sempre stata anche quando i partiti si definivano (forse per darsi coraggio) blocchi granitici, ma che erano tali solo se c'era chi distribuiva schiaffi e carezze. A seconda dal punto di vista di chi guarda, i 156 voti raggranellati a palazzo Madama sono sufficienti ad andare avanti oppure no. Ma una fiducia è arrivata e questo regala a Giuseppe Conte un po' di tempo che starà a lui ed ai suoi alleati mettere a frutto. Il telespettatore medio che ieri ha perso un po' del suo tempo a seguire il dibattito in Senato si sarà fatto le sue idee, ma ha anche preso consapevolezza che ormai il Paese ha bisogno di altro, senza stare a guardare l'ideologia. La rappresentazione della classe politica venuta fuori ieri è di un gruppo di persone che si perdono in frasi, allocuzioni, ricostruzioni che sono utili solo ai loro occhi.
Invece, nella vita reale, fuori, nelle strade, nelle case, la gente cerca di capire e, purtroppo, anche di sbarcare il lunario. E sono tantissimi, ormai.
Ora Giuseppe Conte deve raccontare la "sua" Italia al presidente della Repubblica e deve avere da lui un placet per battere altre strade che non quelle seguite sino ad oggi. E queste strade sono, innanzitutto, quelle che devono portare ad altri senatori da convincere a seguirlo nella nuova avventura.
A pensarci Conte sta diventando un caso politico assolutamente nuovo: nato, come premier, dall'alleanza Cinque Stelle-Lega, ha proseguito come presidente del consiglio di una maggioranza che, orfana del Salvini inebriato di ambizione da Papeete, aveva come puntello la sinistra di Pd e Leu, ed oggi è costretto a guardare anche al centro, nella disperata ricerca di voti.
Le probabilità che ci riesca sono, realisticamente, al 50 per cento, ma questo non cancella certo il senso di insicurezza che il Governo si porterà dietro, a meno di non riuscire nel miracolo di ingaggiare almeno una decina (se non più) senatori. Un'impresa, anche perché il dibattito di ieri ha fatto un salto di qualità (ma all'indietro) nelle dinamiche parlamentari, giungendo anche a sentire cose che non dovrebbero trovare albergo in una delle Camere.
La stessa sortita infelice di Salvini sui senatori a vita (quelli che "non muoiono mai") ne è un esempio, né il fatto che essa sia stata coniata da Grillo (che dell'essere rimasto un comico ha sempre fatto lo scudo delle sue affermazioni) abbassa il tasso di offensività che si porta dietro. Ma sarebbe ingeneroso parlare solo di Salvini al quale la confusione delle ultime mosse del Governo e della maggioranza ha regalato argomenti in dose industriale per contestare "l'avvocato Conte". Ma se il centrodestra vuole candidarsi a scalzare Conte deve alzare il livello della sua offerta al Paese, mettendo da parte argomentazioni che ormai non fanno presa, andando invece sul concreto. Parlare di ciò che l'esecutivo ha fatto poco e male è facile, il difficile è formulare proposte alternative. Senza magari ridurre la lotta alla droga alla solita frasetta che il Governo vuole che gli stupefacenti si vendano all'angolo delle scuole. Che è solo una fesseria sesquipedale.
E Renzi?
Il leader di Italia Viva ora è all'angolo e poco aiuta a comprenderne le future mosse il sentirlo dire che lui all'opposizione ci sta benissimo. Non è vero, né potrebbe esserlo per un uomo che, come Ivan Drago, il cyber-pugile avversario di Rocky, è stato costruito in laboratorio per conquistare e gestire il potere. Da quando gli è stato sfilato di mano il giocattolo, cercava di tornare importante e per esserlo doveva diventare indispensabile. Molte delle argomentazioni che ha usato sul modo egocentrico con cui Conte ha interpretato il suo ruolo sono condivisibili, come sul fatto che il Governo ha da sempre usato navigare a vista. Ma queste contestazioni, ripetiamo quasi sempre fondate, sono state usate lasciando dietro molti dubbi sulla loro effettiva finalità.
Renzi dice di non guardare ai sondaggi, ma forse dovrebbe cominciare a farlo. Certo, vuoi mettere la soddisfazione di dire cose giuste e in modo efficace? Sì, ma occorre avere anche la voce e l'occasione per farlo. Se si andasse oggi al voto, e se la responsabilità di questo fosse solo di Renzi, Italia Viva quanto raccoglierebbe?