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“Crescita anemica”, Confindustria taglia le stime del Pil

- di: Bruno Coletta
 
“Crescita anemica”, Confindustria taglia le stime del Pil
Il Pil italiano rallenta: +0,5% quest’anno e +0,7% nel 2026. Orsini (foto) invoca certezza e continuità degli incentivi, mentre gli industriali avvertono: senza il Pnrr il Paese rischierebbe la stagnazione.

Confindustria lancia un allarme che non lascia spazio a interpretazioni ottimistiche: la crescita italiana rimane debole, quasi anemica, e il sostegno degli incentivi pubblici appare indispensabile per non scivolare nella stagnazione. Nel rapporto d’autunno del Centro Studi, presentato a Roma, il presidente Emanuele Orsini ha ribadito la necessità di garantire continuità alle misure per gli investimenti e di costruire un vero piano di politica industriale con orizzonte almeno triennale.

Il peso del Pnrr e le nuove stime di crescita

Secondo le proiezioni, il Pil italiano avanzerà dello 0,5% nel 2025 e dello 0,7% nel 2026. Un ritmo definito insufficiente dagli industriali, che hanno sottolineato come senza il Piano nazionale di ripresa e resilienza la dinamica del prodotto interno lordo sarebbe addirittura negativa: -0,3% nel 2025 e +0,1% nel 2026. In altre parole, senza la spinta del Pnrr il Paese resterebbe impantanato in una sostanziale stagnazione economica.

Orsini: serve certezza per combattere l’incertezza

“Gli incentivi stanno scadendo e serve continuità delle misure. Solo così si può combattere l’incertezza che frena imprese e cittadini”, ha affermato Orsini. Il leader di Confindustria ha evocato l’idea di mobilitare parte dei risparmi privati, oltre 1.500 miliardi accumulati nelle banche e nei fondi pensione: “Anche un 1% significherebbe 15 miliardi da mettere in circolo per infrastrutture, digitalizzazione, welfare e piani casa”. L’obiettivo, ha spiegato, non è sostituire il Pnrr, ma dare seguito ai progetti già avviati e rendere l’Italia più competitiva.

La sfida industriale e la tempesta globale

Il quadro tracciato dal Centro Studi è condizionato dalle tensioni geopolitiche e dalla guerra dei dazi, che hanno indebolito le esportazioni italiane. Nonostante ciò, l’occupazione continua a crescere più del Pil, un dato che segnala resilienza del mercato del lavoro ma anche rischi di squilibrio produttivo. Il deficit pubblico, stimato al 3,1% nel 2025, dovrebbe scendere sotto la soglia Ue del 3% nel 2026.

La vicepresidente Lucia Aleotti ha descritto l’attuale scenario come una “tempesta globale” che ridisegna la geografia industriale mondiale: “Se vogliamo restare protagonisti dobbiamo avere un piano vigoroso di investimenti, sul modello di industria 4.0, per tenere il passo di Germania e Francia, che hanno già messo in campo pacchetti di incentivi poderosi”.

Fontana: politiche espansive oltre il Pnrr

Anche il direttore del Centro Studi, Alessandro Fontana, ha richiamato la necessità di non fermarsi: “Quando il Pnrr finirà, servirà programmare politiche espansive. Germania e Francia hanno mobilitato rispettivamente 650 miliardi e ingenti risorse: l’Italia deve fare altrettanto per non restare indietro”.

Il nodo dei risparmi italiani

La ricchezza privata accumulata dalle famiglie italiane potrebbe trasformarsi in un motore di rilancio. Orsini ha sottolineato che anche un prelievo minimo, pari a 5 miliardi, potrebbe essere sufficiente a creare un volano di investimenti se accompagnato dalle garanzie di Sace. “Non parliamo solo di industria – ha detto – ma di infrastrutture, welfare e digitalizzazione, capitoli strategici per la competitività del Paese”.

Una crescita che resta fragile

Il messaggio finale degli industriali è chiaro: l’Italia rischia di restare al palo se non riuscirà a dare stabilità e continuità alle sue politiche di crescita. Senza un impegno deciso a favore degli investimenti, l’economia potrebbe rimanere intrappolata in una spirale di crescita lenta, vulnerabile agli shock esterni e incapace di garantire sviluppo di lungo periodo.

Le prossime settimane, con la definizione della manovra economica, saranno dunque decisive per capire se il governo sceglierà di seguire le richieste di Confindustria e se il Paese riuscirà a trasformare i segnali di ripresa in un vero percorso di crescita sostenuta.

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