Confimprese: "2.900 nuove aperture in arrivo, ricaduta occupazionale di 20.000 addetti"

- di: Barbara Bizzarri
 
Il Rapporto annuale sui Piani di Sviluppo di Confimprese, in collaborazione con Global Strategy, inerente all’anno in corso, stima una crescita netta del numero dei punti vendita di tremila unità rispetto al 2022, a fronte di 650 chiusure, con percentuali simili di aperture dirette e in franchising, una formula distributiva che consente l’apertura di un’attività su numerosi settori merceologici, in modo autonomo e sotto l’egida del marchio principale dell’azienda. In rilievo anche la componente occupazionale, che si traduce nell’assunzione di 20mila nuovi dipendenti.

Confimprese: "2.900 nuove aperture in arrivo, ricaduta occupazionale di 20.000 addetti"

Come già anticipato da Confimprese, dunque, si conferma la buona tenuta del commercio moderno rispetto al commercio tradizionale, penalizzato dal successo dell’online. Le insegne afferenti a Confimprese, 450 brand commerciali, 90mila punti vendita, 800mila addetti, hanno reso più vivi i centri città e i centri commerciali aprendo una media di 1000 negozi dal 2018 al 2022. Il 2021 è stato un anno di razionalizzazione per il retail, messo in ginocchio dalla pandemia e dalle chiusure prolungate degli esercizi commerciali, mentre il 2022 si è aperto con una maggiore consapevolezza sulla strategia da seguire per il rafforzamento della rete distributiva.

Nei settori merceologici, il quadro riflette in parte ciò che è avvenuto nei mesi successivi alla pandemia nel 2020, quando l’Osservatorio Confimprese aveva già delineato la maggiore ripresa e successiva tenuta dei consumi del settore altro retail, dovuta alle mutate abitudini di vita delle famiglie italiane. Tali aumenti determinano rispetto al totale dei punti vendita di ogni settore una variazione positiva pari a +6% per altro retail, +5% per abbigliamento-accessori e +14% per la ristorazione.

Tra i 2.900 punti vendita stimati dal Centro Studi Confimprese si evidenziano, in particolare, sia alcune aziende di grandi dimensioni con piani di sviluppo importanti, che insegne più piccole con buone potenzialità di crescita.

Nell’ambito di altro retail si segnala Kipoint, la catena di logistica di Poste Italiane che, grazie al Covid, ha registrato una buona crescita con 18 nuovi punti vendita in cui lavorano 54 nuovi addetti; Ancod (Caredent, Clinica Dentale, Dental Coop, DentalPro, Excellent Dental network, Primo Group, Vitaldent) settimo Gruppo della sanità in Italia, con 270 centri all’attivo e altri 20 in apertura nel 2023 per un totale di 140 nuovi addetti tra odontoiatri e personale infermieristico.

Il Gruppo Kasanova stima 85 nuovi negozi; Equivalenza, catena spagnola attiva nella profumeria, prevede 20 aperture con 50 assunzioni. Nashi Argan (hair & skincare), progetta 10 nuovi negozi con un totale di 40 nuovi commessi. Per Corani & Partners che riunisce i brand Jean Louis David, Franck Provost, Evos e The Barber&Co, sono in arrivo 13 saloni e 80 addetti, mentre per La Casa de las Carcasas, insegna spagnola di accessoristica per telefonia, sono attesi 60 punti vendita per 360 addetti. Il Gruppo Teddy, (Terranova, Calliope, Rinascimento), emerge nella categoria abbigliamento-accessori ed è la catena che aprirà il maggior numero di punti vendita, 41 per un totale di 89 neoassunti. Buone le stime anche per Yamamay, 30 negozi con 95 addetti totali e Compar Bata: 30 negozi e 95 persone assunte. Seguono i marchi di gioielleria Morellato, con 18 punti vendita e 100 addetti, e Stroili Oro con 10 aperture per un totale di 40 neoassunti.

Nella ristorazione, si distingue il gruppo Cremonini che apre 50 locali brandizzati Roadhouse Grill con 420 addetti; 101 Caffè ne stima 32 con 68 addetti alla vendita, Vera (Cremamore, Portello Caffè, Ristò, Rom’antica) 18 punti vendita e 120 addetti; Penta Group (La Yogurteria) 16 locali e 54 assunti; Lagardère travel retail Italia (Beercode, Bontà, Briccocafé, Moak, C. Coffee Lovers, Culto, deCanto, Emporio del grano, Homeburger, Natoo, Ristop, Rustichelli & Mangione, Aelia Duty Free, Relay, I Dolci di Agata, La Bottega dei Sapori, Scirocco), ha in programma l’apertura di 14 locali per un totale di 180 nuovi assunti;  Lowengrube considera l’apertura di 8 birrerie e 165 addetti; Propositum (Capatoast) 6 punti vendita per 82 assunzioni. Un brand di piccole dimensioni, che ha già all’attivo sette punti vendita e sta crescendo grazie alla peculiarità dei suoi prodotti, la Cannoleria Siciliana, ha in programma l’apertura di tre punti vendita a Roma e uno a Milano.

«Il sistema Confimprese, sia pure nelle difficoltà che il Paese sta attraversando, continua a crescere. In controtendenza rispetto a quanto sta avvenendo nel commercio tradizionale, penalizzato dal successo dell’online e dalla conseguente desertificazione dei centri storici - afferma Mario Resca, presidente di Confimprese -, il commercio moderno si difende in modo più strutturato grazie alla forza del marchio, alle economie di scala e alla revisione del rapporto con il consumatore posto al centro delle strategie di comunicazione. Nel 2023 il nostro Centro Studi stima 2.900 nuove aperture di nuovi punti vendita. Un traguardo che testimonia la buona tenuta del retail, un motore decisivo per lo sviluppo del Paese che, a causa della pandemia, è stato costretto a guardarsi all’interno, ripulire le proprie reti selezionando con maggiore accuratezza i propri partner e fornendo ai partner stessi, diventati più esigenti, offerte meglio strutturate a un consumatore che analizza, studia e sceglie i prodotti e acquista non solo dove c’è un’offerta adeguata per le sue esigenze di portafoglio, ma anche dove c’è innovazione».

Tra gli elementi di criticità segnalati dalla base associativa Confimprese, tuttavia, ve ne sono due che rischiano di penalizzare lo sviluppo distributivo: la mancanza di personale e di materie prime, entrambe frutto della pandemia e del clima di incertezza generale. Le catene faticano a trovare personale di vendita, magazzino, cassieri, cuochi, addetti di sala, alla griglia e camerieri. Spesso, per attrarli, trattenerli e combattere l’assenteismo presente in tutti i settori merceologici, i direttori del personale mettono a punto strategie mirate di incentivazione e rewarding. Le difficoltà maggiori per la ricerca di manodopera si riscontrano al nord; più ricettivo invece il Sud, che al momento rappresenta un serbatoio in cui attingere risorse.

Per quanto concerne i canali di vendita, si registra un rinnovato interesse per i centri commerciali che, fortemente penalizzati sia durante la pandemia che nei primi cinque mesi nel 2021 quando per decreto legge ne è stata decretata la chiusura durante i fine settimana e nei festivi, sono indicati da oltre il 60% delle aziende come canale prioritario per le aperture, percentuale che arriva al 75% per le aziende del comparto abbigliamento-accessori. Tale evidenza è anche frutto dell’impegno da parte dell’industria dei centri commerciali per diventare sempre più luoghi di aggregazione, e non solo di consumo, per contrastare l’avanzata dell’e-commerce.

Il secondo canale di preferenza è quello dei negozi di prossimità, indicato come prioritario dal 62% del settore altro retail. La prossimità, ovvero le aree periferiche delle metropoli e delle cittadine di provincia, sono diventate un canale di riferimento durante la pandemia, e anche oggi continuano a intercettare le mutate abitudini d’acquisto dei consumatori, che scelgono i negozi di vicinato per comodità e abitudine consolidata.

Per il 63% delle imprese, le strategie di nuove aperture nazionali hanno risentito dell’attuale situazione economico-politica internazionale. La ristorazione, nonostante l’andamento positivo del mese di febbraio 2023 con cui si è lasciata alle spalle il periodo nero dell’emergenza sanitaria con una chiusura mese del +10,4% rispetto a febbraio 2019, soffre il clima di incertezza generale, come dichiarato dal 73% dei retailer, seguiti dal 62% del comparto altro retail e dal 50% delle aziende operanti nell’abbigliamento-accessori.

Sulle cause delle 650 chiusure previste nel 2023 pesano principalmente due fattori, diretta conseguenza del Covid, che ha causato mesi di chiusure forzate degli esercizi commerciali: i mancati ricavi da quasi un retailer su due (48%), e l’eccessiva onerosità degli affitti, su cui pesano anche gli aumenti Istat, denunciata dal 39% delle insegne: si tratta di valori percentuali in linea con quanto osservato nel 2022. Tra le altre motivazioni, che esulano dal contesto pandemico, il processo di razionalizzazione della rete già in corso da anni (43%), la scadenza del contratto con il franchisee (13%) e, infine, la scadenza del contratto con l’immobile commerciale (9%).

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