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Competenze digitali, Italia in ritardo di dieci punti sulla media Ue

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Competenze digitali, Italia in ritardo di dieci punti sulla media Ue

In occasione della Giornata internazionale dell’alfabetizzazione, i dati diffusi dall’Istat riportano l’Italia agli ultimi posti in Europa sul fronte delle competenze digitali. Nel 2023 appena il 45,9% degli adulti tra i 16 e i 74 anni possedeva abilità di base, un livello quasi dieci punti percentuali inferiore rispetto alla media Ue27.

Competenze digitali, Italia in ritardo di dieci punti sulla media Ue

Il quadro segnala una fragilità strutturale che riguarda non solo l’accesso ai servizi e la partecipazione sociale, ma anche la capacità di competere in un’economia in cui la digitalizzazione è ormai fattore chiave di produttività.

Giovani più avanti, ma il divario resta
Le nuove generazioni mostrano performance migliori: nella fascia 16-24 anni, il 59,1% raggiunge competenze almeno di base. Tuttavia, anche questo valore rimane distante dai Paesi europei più avanzati, dove la quota supera stabilmente il 70%. Il gap è ancora più evidente se si guarda alla fascia 65-74 anni, dove solo il 19,4% degli italiani riesce a utilizzare con disinvoltura strumenti digitali. Il divario generazionale, quindi, non si chiude, e anzi rischia di allargarsi man mano che la tecnologia evolve.

Istruzione e reddito come discriminanti
L’analisi Istat evidenzia una stretta correlazione tra livello di istruzione e competenze digitali. Tra chi possiede soltanto la licenza media, appena il 26% dichiara abilità di base, mentre la percentuale sale al 68% tra i laureati. Una forbice che riflette le differenze di opportunità formative e che ha ripercussioni dirette anche sul mercato del lavoro. Non meno significativa è la variabile socio-economica: famiglie con redditi più bassi tendono a investire meno in formazione digitale, perpetuando un circolo vizioso che limita le possibilità di inclusione.

Nord e Sud a velocità diverse
Alle differenze anagrafiche e sociali si aggiungono quelle territoriali. Nel Mezzogiorno la quota di adulti con competenze digitali di base si ferma intorno al 36%, mentre nel Centro-Nord supera di poco il 50%. La distanza tra le due aree del Paese si conferma quindi anche sul fronte della digitalizzazione, con conseguenze dirette sulla diffusione dei servizi, sulla capacità di attrarre investimenti e sulla competitività delle imprese locali.

L’asticella europea del 2030
La Commissione europea ha fissato un obiettivo ambizioso: portare entro il 2030 almeno l’80% degli adulti a possedere competenze digitali di base nei cinque ambiti individuati dal quadro DigComp (alfabetizzazione su dati e informazioni, comunicazione, creazione di contenuti, sicurezza e problem solving). L’Italia parte da un livello molto più basso e rischia di accumulare ulteriore ritardo se non mette in campo politiche incisive di formazione e aggiornamento.

L’impatto sul mondo delle imprese
Il gap digitale emerge anche nel tessuto produttivo. Secondo le rilevazioni europee, solo l’8% delle imprese italiane utilizza sistemi di intelligenza artificiale, contro il 20% della Germania e valori attorno al 15% in Francia e Spagna. Una distanza che rischia di tradursi in minore innovazione, ritardi nella trasformazione dei processi produttivi e perdita di competitività sui mercati internazionali. Anche l’adozione del cloud e dei big data procede con lentezza, segnalando una diffusa resistenza culturale al cambiamento.

Un ritardo che diventa freno strutturale
Il deficit di competenze digitali non è solo un indicatore sociale ma un vero e proprio fattore di rischio economico. In un Paese che già affronta il calo demografico e la fuga di capitale umano qualificato, la mancanza di abilità tecnologiche riduce la capacità di innovare, limita l’accesso a lavori qualificati e rallenta l’attrattività per investitori esteri. Colmare questo divario non è quindi soltanto una questione educativa, ma una condizione necessaria per garantire crescita, occupazione e coesione sociale.

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