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Cina in frenata: industria e consumi si inceppano

- di: Matteo Borrelli
 
Cina in frenata: industria e consumi si inceppano
Cina in frenata: industria e consumi si inceppano

Ad agosto produzione al minimo da un anno, vendite fiacche, immobiliare in caduta: Pechino spinge gli stimoli ma gli effetti non si vedono.

(Foto: lo stato maggiore politico cinese con il presidente a vita Xi Jinping).

Il dato che non lascia alibi

Agosto 2025 certifica un rallentamento netto. La produzione industriale si ferma a +5,2% annuo (da +5,7% di luglio), minimo da agosto 2024 e sotto le attese; le vendite al dettaglio avanzano appena +3,4%, il passo più debole da novembre 2024. È un segnale chiaro: la domanda interna non riparte e la manifattura perde giri.

Occupazione, investimenti, immobiliare: dove scricchiola di più

Il mercato del lavoro non rassicura: la disoccupazione urbana risale al 5,3% ad agosto (5,2% a luglio). Gli investimenti fissi crescono di un risibile +0,5% nel periodo gennaio-agosto, ben sotto le stime. Nel real estate la correzione continua: investimenti immobiliari -12,9% su base annua nei primi otto mesi, con prezzi delle nuove case -2,5% su base annua in agosto (-0,3% su base mensile) in 57 città su 70 in calo. È il ventiseiesimo mese di fila con variazione annua negativa: una zavorra per la ricchezza delle famiglie e la fiducia dei consumatori.

Perché succede: quattro freni strutturali

Domanda interna debole. Il reddito disponibile cresce poco e la ricchezza immobiliare erosa pesa sulle scelte di spesa; il risultato è un retail in progressivo rallentamento.

Real estate in crisi lunga. La combinazione di invenduto elevato, rigidità del credito e fiducia bassa prolunga la discesa dei prezzi; diversi analisti vedono stabilizzazione non prima del 2026-2027.

Shock esterni e dazi. L’incertezza della politica commerciale statunitense e la guerra tariffaria, pur sospesa a tratti, hanno frenato ordini e pianificazione delle imprese, con effetti su turni e occupazione.

Sovraccapacità e “involuzione”. Pechino ha annunciato di voler stroncare le guerre di prezzo e la competizione “disordinata” che erodono i margini, ma il riassetto settoriale nel breve taglia l’appetito per nuovi investimenti.

Cosa sta facendo Pechino (e cosa non basta ancora)

La linea ufficiale parla di uso pieno di leve fiscali e monetarie, misure per sostenere i consumi (rottamazione e trade-in dei beni durevoli, aggiornamento degli impianti), e alleggerimenti selettivi sul mattone (mutui più favorevoli e minori vincoli in città come Shanghai e Shenzhen). Finora, però, la trasmissione all’economia reale è parziale: i dati di agosto lo dimostrano.

“Reprimeremo la competizione disordinata e manterremo un’impostazione monetaria accomodante”, hanno ribadito i vertici cinesi a fine luglio, segnalando una stretta contro le guerre di prezzo e un sostegno più mirato alla crescita.

Sul fronte congiunturale, un appiglio arriva dai servizi: l’indice PMI privato di inizio mese indica espansione ai massimi da 15 mesi, ma non compensa il buco lasciato da immobiliare e manifattura.

La posta in gioco: l’obiettivo “circa 5%” è a rischio

La fotografia di agosto rimette pressione sull’obiettivo di crescita “intorno al 5%” per il 2025. Gli operatori si aspettano ulteriori interventi: tagli a tassi e riserve bancarie, più spesa pubblica e nuovi strumenti finanziari per stabilizzare domanda e credito. Se gli stimoli resteranno timidi o tardivi, il Pil può scivolare sotto la traiettoria programmata già nel terzo trimestre.

Cosa guardare adesso (senza sconti)

Primo, i prezzi delle case. Senza un’inversione chiara su base mensile nelle città di seconda e terza fascia, la fiducia delle famiglie resterà compressa e il retail non ripartirà.

Secondo, gli investimenti privati. Il segnale sugli investimenti fissi è debole: +0,5% (gennaio-agosto) è troppo poco per rinnovare capacità produttiva e innovazione; a luglio si era già vista una frenata marcata.

Terzo, l’export oltre la tregua. La spinta “di anticipo” prima dei dazi è finita: se gli ordini globali non reagiscono e i dazi restano una minaccia, la manifattura continuerà a correre col freno a mano.

Tre anni di correzione immobiliare, incertezze regolatorie, consumi fragili e shock commerciali

Il rallentamento di agosto non è un inciampo statistico: è il prodotto di tre anni di correzione immobiliare, incertezze regolatorie, consumi fragili e shock commerciali. Le misure in campo finora non bastano. Servono interventi più selettivi e rapidi su redditi e servizi pubblici locali, un riassetto ordinato dell’offerta industriale e un salvataggio chirurgico nel real estate che separi progetti vendibili da zombi finanziari. In assenza di una sterzata, il 2025 rischia di chiudersi sotto target e il 2026 di ereditare un ciclo d’investimenti ancora debole.

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