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Cedu: lecito vietare la macellazione rituale senza stordimento degli animali

- di: Redazione
 
Cedu: lecito vietare la macellazione rituale senza stordimento degli animali
Con una decisione che entra nella storia giuridica del Continente, la Corte europea dei diritti dell'Uomo ha stabilito, in nome del benessere degli animali, che il divieto di macellazione rituale senza previo stordimento, adottato in due regioni del Belgio, non costituisce una violazione delle libertà religiose. La decisione riguarda soprattutto le comunità ebraiche e musulmane, dove la macellazione segue prescrizioni precise.

Cedu: lecito vietare la macellazione rituale senza stordimento degli animali

Nel dettaglio, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) si è pronunciata sul divieto da parte di due regioni belghe, le Fiandre e la Vallonia, di macellazione rituale senza previo stordimento, ritenendo che non si tratti di una violazione delle libertà religiose . L'istituzione, alla quale appartengono 46 Paesi, ha risposto ad una richiesta avanzata da cittadini musulmani e membri delle autorità religiose musulmane belghe, a cui si sono uniti altri cittadini di fede ebraica. L'azione ha cercato di contrastare i decreti adottati nel 2017 e nel 2018 dalle due regioni belghe che vietano la macellazione rituale senza che prima gli animali siano stati storditi. Come è noto, per musulmani ed ebrei, gli animali devono essere dissanguati mentre sono ancora coscienti affinché la loro carne possa essere consumata secondo i principi religiosi.

Questo divieto, a loro giudizio, va contro l'articolo 9 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo sulla ''libertà di pensiero, di coscienza e di religione'', che garantisce a tutti la possibilità di praticare e celebrare i riti.
Ma la Corte ha deciso in modo diverso poiché, ha scritto nella sentenza, ''i decreti contestati sono stati adottati dopo un'ampia consultazione di rappresentanti di diversi gruppi religiosi, veterinari e associazioni di protezione degli animali''. In particolare, la CEDU ritiene che le autorità ''abbiano adottato una misura giustificata in linea di principio e che può essere considerata proporzionata allo scopo perseguito, vale a dire la tutela del benessere degli animali come elemento di moralità pubblica''.

La sentenza, quindi, apre ad un punto che è innovativo, di fatto sostenendo il rispetto del benessere animale come restrizione alla libertà religiosa. ''La libertà di manifestare la propria religione o le proprie convinzioni - si legge nel secondo paragrafo dell'articolo 9 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo - non può essere soggetta a restrizioni diverse da quelle che, previste dalla legge, costituiscono misure necessarie''.
Ora, queste misure definite come ''necessarie'' sono elencate con precisione e il benessere degli animali non è una di queste. Ma la Corte ha ritenuto che questo punto, tenuto conto dell’evoluzione della società, rientra nella questione della ''moralità pubblica'' che è infatti uno dei motivi che giustificano un’eventuale restrizione dell’articolo 9.
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