Andrea Catarci, Ufficio Giubileo: "Scrivo quindi sono vivo", il laboratorio di scrittura per le detenute di Rebibbia

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Fëdor Dostoevskij scriveva: "Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni". È una verità che risuona tra le mura di Rebibbia, dove il laboratorio di scrittura “Scrivo quindi sono vivo” offre alle detenute un’opportunità di riscatto attraverso la parola.

Andrea Catarci, Ufficio Giubileo: "Scrivo quindi sono vivo", il laboratorio di scrittura per le detenute di Rebibbia

Promosso dall’Ufficio Giubileo delle Persone e Partecipazione del Comune di Roma, guidato da Andrea Catarci, e realizzato dalle associazioni 'Momo' e 'Il Viandante', questo progetto ambisce a restituire dignità e voce a chi vive privato della libertà.

Un sistema che alimenta la disperazione

Andrea Catarci, responsabile dell’Ufficio Giubileo delle Persone e Partecipazione, denuncia con forza la crisi del sistema penitenziario italiano: "In Italia oggi ci sono oltre 61.800 persone recluse in carceri sovraffollate, un contesto che alimenta dolore e disperazione invece di offrire percorsi di redenzione. I numeri parlano chiaro: il 70% dei detenuti torna a delinquere, mentre questa percentuale scende al 2% tra chi ha un contratto di lavoro. Eppure, si continua a puntare su misure repressive piuttosto che su progetti di reinserimento sociale".

Le statistiche del 2024 sono drammatiche: 83 suicidi tra i detenuti, 7 tra gli agenti penitenziari. "Con il Decreto ‘Caivano’ – prosegue Catarci – il governo ha già aumentato il numero di minori reclusi e, con il disegno di legge ‘Sicurezza’, si prefigura un ulteriore incremento delle detenzioni. Stiamo costruendo una società fondata sul carcere, anziché sulle opportunità. Serve un’inversione di rotta".
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