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Capodanno tra casa, ristoranti e agriturismi: 2,5 miliardi per il cenone, boom di tavole in campagna

- di: Anna Montanari
 
Capodanno tra casa, ristoranti e agriturismi: 2,5 miliardi per il cenone, boom di tavole in campagna

Il Capodanno 2025 si conferma un appuntamento centrale per i consumi alimentari e per il turismo enogastronomico. Secondo le stime del Centro Studi di Confcooperative, per il cenone del 31 dicembre gli italiani spenderanno complessivamente 2,5 miliardi di euro, circa 200 milioni in più rispetto allo scorso anno, un aumento legato in larga parte all’inflazione che continua a incidere sui prezzi delle materie prime e dei prodotti alimentari.

Capodanno tra casa, ristoranti e agriturismi: 2,5 miliardi per il cenone, boom di tavole in campagna

Le abitudini restano però sostanzialmente stabili. Quattro italiani su dieci festeggeranno l’arrivo del nuovo anno tra le mura domestiche, proprie o di amici e parenti. Tre su dieci brinderanno lontano da casa, scegliendo viaggi in montagna, alle terme o nelle città d’arte, mentre un altro 30% opterà per ristoranti e hotel con cenoni organizzati. Una distribuzione che racconta un Paese diviso tra tradizione, voglia di socialità e ricerca di esperienze.

A tavola domina ancora il made in Italy. Per il brindisi di mezzanotte saranno stappate circa 60 milioni di bottiglie di spumante e prosecco, che continuano a distanziare nettamente lo champagne francese. Immancabili le lenticchie, simbolo di prosperità, con quelle di Castelluccio di Norcia andate praticamente sold out, diventando anche un segnale della resilienza dei borghi dell’Italia interna.

La classifica della spesa vede in testa i dolci, con panettone e pandoro protagonisti insieme a una ricca varietà di specialità regionali: dagli struffoli ai torroni, dal panforte al parrozzo, fino a cartellate e buccellati. Il comparto dolciario vale complessivamente 420 milioni di euro.

Seguono carne, salumi e uova con 400 milioni, mentre vini, spumanti e prosecchi raggiungono 395 milioni. Tra i secondi piatti trionfa il pesce, con una spesa stimata di 380 milioni di euro, seguito da frutta, verdura e ortaggi a quota 305 milioni. Pasta, pane, farina e olio valgono 245 milioni, mentre vongole e frutti di mare per i primi piatti si fermano a 200 milioni, penalizzati quest’anno dall’impatto del granchio blu. Chiude il carrello delle feste il comparto dei formaggi italiani, freschi e stagionati, con 160 milioni di euro.

Accanto ai cenoni domestici e ai ristoranti, cresce però con forza un altro fenomeno: il Capodanno in agriturismo. Secondo Coldiretti, Campagna Amica e Terranostra, saranno oltre 400mila gli ospiti che festeggeranno l’ultima notte dell’anno in una delle 26mila strutture agrituristiche italiane, con una crescita del 5% rispetto allo scorso anno e numerosi casi di tutto esaurito. Una scelta che risponde al desiderio di un’atmosfera più raccolta, lontana dal caos urbano, ma anche alla ricerca di un’esperienza gastronomica autentica.

La tavola tradizionale, alla base del riconoscimento della cucina italiana come patrimonio culturale, resta il principale fattore di attrazione. Ma l’agriturismo ha ampliato negli anni la propria offerta, puntando su un turismo esperienziale: equitazione, corsi di cucina, passeggiate nella natura, cammini a piedi, in bicicletta o a cavallo. Cresce anche l’interesse per le visite nei luoghi di produzione: un turista su tre entra in una cantina, uno su quattro sceglie un caseificio, un frantoio o un birrificio.
Un segmento che contribuisce in modo rilevante all’economia nazionale. Il turismo enogastronomico vale circa 40 miliardi di euro l’anno, considerando gli effetti diretti e indiretti, secondo le stime più recenti. Un dato che conferma come il cibo non sia solo tradizione, ma anche leva economica e fattore di attrattività territoriale.

Resta però l’altra faccia della medaglia. Mentre il Paese si prepara a festeggiare, circa 10 milioni di italiani vivono una condizione di povertà assoluta o relativa. Un contrasto che attraversa anche le festività e che rende il Capodanno uno specchio fedele delle disuguaglianze economiche: tra tavole imbandite e carrelli sempre più cari, la festa resta un rito collettivo, ma non uguale per tutti.

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