Calcio: Spalletti e Gravina non si dimettono, anzi vanno avanti: povera Italia...

- di: Redazione
 
Davanti ad una sconfitta, chiara e senza scusanti, se non quella - ipocrita - di aggrapparsi alla cattiva sorte, chi ha rispetto degli altri e anche di sé stesso dovrebbe prendere le decisioni conseguenti. È una cosa bella a dirsi, ma poi, nell'Italia in cui non ci si dimette nemmeno dopo essere stati arrestati e sommersi di accuse suffragate da elementi di certezza, è ben difficile che accada.
Ne stiamo avendo un esempio plastico in queste ore, quando, davanti all'umiliazione d'essere stati giustamente buttati fuori dall'Europeo di calcio, al di là di generiche assunzioni di responsabilità, quelle poche parole - vado via - non sono state pronunciate dal commissario tecnico, Luciano Spalletti, né, tanto meno, dal presidente della Federazione, Gabriele Gravina, che comincia a essere un collezionista di delusioni.
Qualche frasetta buttata lì, tanto per rabbonire un'intera nazione, ma nessuna voglia di mollare la poltrona, perché il denaro (quello dello stipendio da Ct) è denaro, così come il potere è potere (da presidente della Federazione italiana giuoco calcio).
Ed allora, alla fine di una surreale conferenza stampa, il morale della favola è che tutti resteranno al loro posto. Sì, certo, qualche colpa se la sono pure presa, ma niente che potesse preludere a pronunciare la fatidica parola: dimissioni.

Calcio: Spalletti e Gravina non si dimettono, anzi vanno avanti

Che non è arrivata perché i due massimi responsabili del movimento calcistico italiano non ci hanno mai pensato, nemmeno quando, sabato, la nostra nazionale, da campione europeo uscente, è stata messa alla porta delle manifestazione senza potere nemmeno trovare uno straccio di giustificazione. Abbiamo perso perché la Svizzera (che, pur meritando rispetto, resta sempre la Svizzera, calcisticamente parlando) ce le ha date di santa ragione, evidenziando una superiorità tattica e fisica tale che ci ha lasciati come il pugile che ne prende tante, ma veramente tante, da chiudersi in un angolo sperando solo che l'avversario si stanchi di picchiarlo. Ma nemmeno le immagini dei calciatori azzurri che non inseguivano gli svizzeri, limitandosi ad andare loro incontro, ma non vincendo un contrasto, ha spinto Spalletti ad ammettere di avere sbagliato.
Nella scelta degli uomini, certamente, ma anche nell'imporre loro un tourbillon di ''soluzioni'' - fa fa solo per dire- tattiche che avrebbero mandato in pappa anche il cervello dei più grandi calciatori.

Difese a quattro, poi a tre, poi alla ''si salvi chi può'' sono solo il male del calcio, dimostrando che o hai in squadra del fuoriclasse (e noi li abbiamo) o metti i tuoi uomini nella condizione di dare il meglio. Cosa che Luciano Spalletti non ha fatto e dire che si assume la responsabilità di quanto accaduto è solo un modo per traccheggiare, per fare passare la tempesta di insulti e critiche che lo sta travolgendo e andare avanti, come se nulla fosse accaduto.

Le sue scelte - almeno per chi di calcio ne capisce veramente - sono state incomprensibili, soprattutto in fase di convocazioni. Così, sabato, ha varato una formazione da ''armata Brancaleone'', con giocatori che sono riserve nelle loro squadre di club - il romanista El Shaarawy - o che, per vicende personali - come lo juventino Fagioli, reduce recente da una squalifica per scommesse - non giocavano da quasi un anno.
Poi, per non farsi mancare nulla, Spalletti ha costruito una formazione estemporanea (definizione benevola) spostando di ruolo i giocatori, costringendoli a praticare una fascia che non è quella che loro frequentano nei club, mettendoli in condizione di non rendere per il meglio. E ci fermiamo qui per onore di patria.

Ci sarebbe poi da chiedersi - e cerchiamo disperatamente di non farlo - come sia possibile che giocatori che, nelle loro squadre sono stati protagonisti di una annata favolosa (come quelli dell'Inter) in nazionale sono appassiti e, soprattutto, hanno smesso di ridere o anche solo di sorridere, obbedendo a indicazioni tecniche per loro incomprensibili.
Ma questo, evidentemente, poco impatta sull'ego di Spalletti e Gravina che, come molluschi avvinghiati agli scogli, tutto hanno intenzione di fare meno che ammettere gli errori e trarne le dovute conseguenze. Ma il commissario tecnico, in conferenza stampa, ha spiegato che sa cosa fare per risollevare le sorti della nazionale. Peccato che non lo sapesse quando ha mandato allo sbaraglio i suoi ragazzi.
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