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Quando l’Unesco fa boom: turismo, gusto e lavoro volante in alto

- di: Bruno Legni
 
Quando l’Unesco fa boom: turismo, gusto e lavoro volante in alto

Dai Pizzaiuoli al Prosecco, passando per Pantelleria: l’effetto Unesco su turismo e lavoro.

(Foto: Audrey Azoulay, Direttrice generale Unesco).

Negli angoli d’Italia riconosciuti dall’UNESCO si sta verificando un fenomeno evidente e concreto: territori, tradizioni e cibo diventano potenti attrattori turistici ed economici. Un effetto che va ben oltre la celebrazione simbolica — e che ora attende un verdetto fondamentale, fissato per il 10 dicembre 2025: quello sulla candidatura della Cucina italiana.

Un Unesco che paga: i numeri da Pantelleria al Prosecco

Secondo i primi risultati dello studio interdisciplinare “Impatto economico dei riconoscimenti Unesco”, avviato nel 2023 dalla cattedra Unesco dell’Unitelma Sapienza di Roma — con guida del professor Pier Luigi Petrillo — i siti iscritti mostrano una dinamica nettamente più favorevole rispetto a quelli analoghi ma senza riconoscimento.

  • Nel 2023-2024 gli arrivi nei siti Unesco sono aumentati del +7,39%, mentre in quelli non riconosciuti si è registrata una flessione del -3,26%.
  • Le presenze turistiche nel 2024 rispetto al 2023 sono salite del +14,87% per i siti Unesco, contro una modesta crescita del +2,5% per gli altri.

Alcuni casi emblematici mostrano la forza di questo “effetto marchio”:

  • Pantelleria — riconosciuta Unesco dal 2014 per la tradizione della vite ad alberello — ha registrato un +9,7% di turismo annuo, con punte del +75% fuori stagione, e un incremento del +500% della forza lavoro negli agriturismi in un decennio.
  • Le colline del Prosecco Superiore di Conegliano e Valdobbiadene (Unesco 2019) mostrano un +45,4% nelle strutture turistiche e +35,4% nei posti letto, valori ben superiori alla media di siti simili non riconosciuti (rispettivamente ~3% e ~8%).
  • L’arte dei Pizzaiuoli Napoletani (patrimonio Unesco dal 2017) vede +283% nei corsi professionali e +420% nelle scuole accreditate — molte delle quali all’estero.

Quale impatto se vincesse la candidatura della cucina italiana?

La candidatura della cucina italiana — non un piatto singolo, non una ricetta, ma un intero modello culturale di convivialità, biodiversità, stagionalità e radici territoriali — ha già ottenuto un primo via libera tecnico dall’Unesco.

Secondo alcune stime elaborate da FIEPET Confesercenti, l’approvazione del riconoscimento potrebbe portare in soli due anni almeno 18 milioni di turisti in più, con effetti positivi sull’intero indotto: ristorazione, alberghi, export agroalimentare, promozione del Made in Italy.

Per il sottosegretario al Cultura Gianmarco Mazzi, “la candidatura della cucina italiana candida il rito collettivo ed il cibo diventa identitario”: un riconoscimento che potrebbe dare “un booster di orgoglio e strumento di tutela per i nostri produttori”. }

Cosa può cambiare davvero: dal turismo allo “slow living” gastronomico

Il marchio Unesco sembra offrire molto più di visibilità internazionale: crea un ecosistema in cui turismo, tradizione, economia locale e identità culturale si rinforzano a vicenda. Dove il riconoscimento viene valorizzato con progetti coerenti — tutela del territorio, promozione culturale, infrastrutture sostenibili — l’effetto può essere duraturo e sistemico.

Se la candidatura della cucina italiana sarà approvata, si può immaginare un nuovo slancio per l’Italia: non solo come meta turistica, ma come paese che esporta uno stile di vita — lento, consapevole, autentico — fatto di sapori, comunità, identità e lavoro.

In attesa del 10 dicembre: l’Italia con il fiato sospeso

La decisione finale spetta al Comitato Intergovernativo per la salvaguardia del Patrimonio Immateriale dell’Unesco, riunito a New Delhi dall’8 al 13 dicembre 2025. Sarà la prima volta che un intero patrimonio gastronomico nazionale viene valutato non come singola ricetta, ma come sistema culturale.

Per molte comunità, territori e tradizioni italiane — da Pantelleria al Prosecco, fino ai forni dei pizzaioli napoletani — l’attesa è carica di speranza: non solo per l’immagine, ma per un futuro di turismo, lavoro e valorizzazione culturale.

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