Maxi-bollette: chiude storico Gruppo alberghiero salentino. Asshotel: "Il primo di una lunga serie"

- di: Barbara Leone
 
Una bolletta da infarto: 500mila euro, e 56 anni di duro lavoro andati in fumo. Un vero e proprio Requiem, quello firmato da Caroli Hotels, storico Gruppo alberghiero salentino che fino a ieri vantava cinque strutture tra Gallipoli e Santa Maria di Leuca per un totale di circa mille posti letto, quasi trecento dipendenti più svariate attività nel settore dell’accoglienza. “Si spegne, a causa degli alti costi dell'energia elettrica, la nostra storica catena alberghiera dopo quasi sessanta anni di attività ininterrotta”, dice il direttore generale di Caroli Hotels Attilio Caputo. Niente nuovi clienti né ristorazione, verranno onorati solo i contratti in essere fino alla loro scadenza. La comunicazione di stop è arrivata ieri alla prefettura di Lecce.

Maxi-bollette: chiude storico Gruppo alberghiero salentino

E sempre da ieri non si accettano più prenotazioni. “Gli spropositati ed insostenibili costi, che hanno eroso totalmente i margini di profitto delle strutture alberghiere salentine operative dal 1966 rendono impossibile garantire il prosieguo dell'attività pur ricorrendo alle opportunità offerte dal sistema creditizio ed all'implementazione di impianti fotovoltaici, la cui installazione non è stata ancora autorizzata”, aggiunge Caputo.

Oltre al danno, insomma, anche la beffa. Del resto la chiusura era inevitabile, con una bolletta che ad agosto è passata da 100mila euro dello scorso anno a 500mila. La sensazione diffusa è che l’ecatombe è vicina. “Il problema non è solo di Caroli Hotels, è generalizzato - afferma Giancarlo De Venuto, presidente di Assohotel Confesercenti Lecce -. A luglio abbiamo chiesto interventi urgenti, sono passati tre mesi a parlare e discutere del tetto europeo al prezzo del gas ma si è perso solo tempo. Ora stiamo affogando nei costi e Caroli Hotels è solo il primo, è l'inizio di una serie”. Anche perché, sottolinea De Venuto, “è stato sprecato troppo tempo. Non è un problema di restare aperti in bassa stagione perché in alta stagione si lavora a margine zero, in bassa stagione si rimettono soldi. Ribadisco che sono stati persi 90 giorni in cui era necessario intervenire, ad esempio si è detto tanto di fissare un tetto sul prezzo industriale dell'energia così da contenere i costi per le attività di impresa. Io non faccio il politico, faccio l'imprenditore ma ritengo che sia necessario agire subito, come ha fatto la Germania che ha annunciato centinaia di miliardi o l'Austria. Rischiamo nel nostro settore di avere decine di migliaia di lavoratori in cassa integrazione in Italia. Non possiamo permetterci ulteriori perdite di tempo ma, intanto, adesso abbiamo votato e ci vorranno settimane per avere un nuovo governo”.

Come a dire, mentre ai piani alti si mettono d’accordo sul da farsi le serrande si abbassano lasciando agli esercenti “solo gli spiccioli del credito d'imposta”, dice ancora De Venuto. Ovviamente il settore alberghiero è solo uno dei tanti in grave sofferenza. Basta leggere gli ultimi dati di Swg, che per Confesercenti ha sondato il clima tra le piccole e medie imprese. Il quadro che ne vien fuori è da raggelare il sangue. Per sostenere gli aumenti dell'energia, il 36% prevede di “aumentare i prezzi finali dei propri prodotti e servizi per riuscire a sostenere la stangata in arrivo per le utenze di energia e gas”. Ma per molti scaricare i maggiori costi delle bollette su clienti e consumatori equivale a una sicura uscita dal mercato. Per questo il 26% delle imprese valuta di limitare gli orari di lavoro e di apertura, anticipando la chiusura per risparmiare energia, mentre il 6% pensa di fermare l'attività in bassa stagione. Il 18% potrebbe arrivare invece addirittura a una riduzione del numero dei dipendenti. Il 13% chiederà di pagare le bollette a rate in base al decreto Aiuti-ter. Il 12% vuole sostituire i macchinari con altri a maggiore efficienza energetica. Sono percentuali rilevate su un campione rappresentativo di imprese dell'artigianato, del turismo e del commercio con 50 dipendenti o meno. Dati allarmanti, che dovrebbero far correre ai ripari senza più inutili e insopportabili rimpalli di responsabilità. Perché, semmai non fosse chiaro, siamo ad un passo dalla canna del gas. E non è una macabra battuta, ma la drammatica realtà che ogni giorno tocchiamo con mano.
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