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Bialetti diventa cinese: il gruppo passa a Nuo Capital e si prepara all’uscita dalla Borsa

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Bialetti diventa cinese: il gruppo passa a Nuo Capital e si prepara all’uscita dalla Borsa

Un altro marchio storico del made in Italy cambia bandiera. La società lussemburghese Nuo Capital, controllata dal magnate cinese Stephen Cheng, ha ufficializzato l’acquisto del 78,567% delle azioni di Bialetti Industrie S.p.A., simbolo della tradizione italiana del caffè nel mondo. L’operazione è avvenuta attraverso la firma di un contratto di compravendita che sancisce il passaggio del pacchetto di maggioranza, preludio all’uscita definitiva del gruppo dalla Borsa di Milano. Dopo la chiusura dell’accordo, Nuo Capital lancerà un’Opa totalitaria sulle azioni residue, con l’obiettivo di completare il delisting e rendere l’azienda completamente privata.

Bialetti diventa cinese: il gruppo passa a Nuo Capital e si prepara all’uscita dalla Borsa

L’acquisizione rappresenta l’epilogo di un percorso iniziato diversi mesi fa, quando si era diffusa la voce dell’interesse di capitali asiatici per il marchio Bialetti. L’azienda, fondata nel 1919 e celebre per l’invenzione della moka, da anni attraversava una fase difficile sul piano finanziario, aggravata dai cambiamenti nei consumi e dalla crescente concorrenza nel settore del caffè porzionato e delle macchine elettriche. Già negli ultimi esercizi, la società aveva avviato una profonda ristrutturazione industriale e commerciale, ma senza riuscire a invertire la rotta in modo duraturo. L’arrivo di un nuovo socio forte si è così imposto come l’unica strada percorribile per evitare il progressivo ridimensionamento dell’azienda.

Cosa cambia per lo storico marchio italiano
La prospettiva di un cambio di controllo ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, il passaggio a Nuo Capital potrebbe garantire nuova linfa a un’azienda in difficoltà, mettendo a disposizione capitali freschi e una rete distributiva più ampia in Asia. Dall’altro, l’ingresso di un gruppo cinese al timone di Bialetti solleva interrogativi sull’identità del brand e sulla tutela della produzione italiana. L’azienda, infatti, rappresenta nell’immaginario collettivo molto più di un’impresa: è uno dei simboli della quotidianità domestica del Paese, icona del design funzionale e popolare. Il timore diffuso è che il nuovo assetto possa portare alla delocalizzazione di parte della produzione o a una progressiva perdita del legame con il territorio italiano.

Le reazioni in Borsa e tra i lavoratori
L’annuncio dell’operazione ha avuto un effetto immediato su Piazza Affari: il titolo Bialetti è stato sospeso dalle contrattazioni per eccesso di rialzo, senza riuscire a fare prezzo. Gli investitori sembrano scommettere su una buona riuscita dell’Opa, mentre restano da valutare le condizioni precise con cui sarà lanciata. Sul fronte occupazionale, i sindacati attendono chiarimenti. Il timore è che l’acquisizione porti a una riorganizzazione delle sedi produttive italiane, in particolare dello stabilimento di Coccaglio, in provincia di Brescia. Per ora, l’azienda ha rassicurato sul mantenimento degli attuali livelli occupazionali, ma la tensione tra i dipendenti resta alta.

Il futuro tra globalizzazione e memoria industriale
Il passaggio di Bialetti a un gruppo straniero si inserisce in una tendenza ormai consolidata: la progressiva acquisizione di aziende italiane da parte di capitali esteri. Una dinamica che da anni interessa i settori della moda, dell’alimentare e del manifatturiero. Ma quando si tratta di marchi profondamente radicati nell’identità culturale italiana, come nel caso della moka Bialetti, il tema si fa anche simbolico. La scommessa, ora, sarà quella di coniugare la necessità di rilancio industriale con il rispetto di una tradizione centenaria.

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