Secondo l’indicatore trimestrale dell’economia regionale (ITER) elaborato dalla Banca d’Italia, nella prima metà del 2024 il rialzo del PIL, leggermente più marcato nelle regioni meridionali, si è mantenuto modesto in ogni ripartizione; ha risentito ancora della fragilità della domanda interna e di quella estera. Nei prossimi anni l’espansione dell’attività sarà influenzata significativamente dall’evoluzione demografica.
Bankitalia: le imprese prefigurano un rallentamento degli investimenti
Lo afferma la Banca d’Italia nel report “Le economie regionali”, uscito questa mattina. Le imprese prefigurano un indebolimento nella dinamica degli investimenti in tutte le macroaree. La liquidità delle aziende è ancora salita, sospinta dall’incremento di depositi e titoli.
Lo scorso anno l’occupazione ha continuato a crescere in ogni ripartizione, più intensamente nel Mezzogiorno; vi hanno influito gli sgravi contributivi, la ripresa degli investimenti pubblici e la fine del blocco del turnover del personale nella Pubblica amministrazione. È proseguito anche
l’aumento della partecipazione al mercato del lavoro, in particolare nel Mezzogiorno e nel Nord Est. Il tasso di disoccupazione è diminuito ovunque. La dinamica delle retribuzioni ha accelerato moderatamente nel 2023 soprattutto nelle regioni centro-settentrionali, dove maggiore è il peso dei settori che hanno beneficiato di rinnovi contrattuali. L’incremento dell’occupazione ha sostenuto l’espansione del reddito disponibile delle famiglie, in special modo nelle regioni meridionali; l’inflazione ne ha tuttavia eroso il potere d’acquisto, frenando la crescita dei consumi.
Nel 2023 l’inflazione media annua in Italia – misurata dall’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) – è scesa al 5,7 per cento, con differenze limitate tra le ripartizioni. La flessione ha riguardato in particolare la componente del paniere dei consumi legati all’abitazione, inclusi i beni energetici, ed è stata più pronunciata nel Mezzogiorno e nel Nord Est. Nei primi nove mesi del 2024 questa tendenza è proseguita interessando tutte le macroaree.
I prestiti bancari al settore privato non finanziario, che avevano già rallentato dalla fine del 2022, si sono contratti in ogni ripartizione dal terzo trimestre dello scorso anno. Sull’andamento ha inciso soprattutto la significativa e generalizzata flessione dei finanziamenti al settore produttivo, in particolare al Centro e nel Nord Est. Il calo ha riflesso sia la minore domanda di credito, sia la maggiore avversione al rischio degli intermediari in un contesto macroeconomico debole. I prestiti alle famiglie hanno continuato a espandersi solo nel Mezzogiorno, sebbene in rallentamento. Si sono nel complesso ridotte le nuove erogazioni di mutui per l’acquisto di abitazioni, a causa dell’aumentato costo del credito, rimanendo contenute anche nel primo semestre del 2024, nonostante la diminuzione dei tassi di interesse. È invece continuata la crescita del credito al consumo. A giugno del 2024 il tasso di deterioramento dei prestiti al settore privato non finanziario si collocava su valori molto moderati nel confronto storico, confermandosi più elevato nel Mezzogiorno.