Gioco legale o illegale è la stessa cosa: lo Stato perde sempre

- di: Diego Minuti
 
Uno dei più grossi problemi che si pongono davanti a chi, parlo dello Stato, deve esercitare il ruolo di garante e protettore della salute (fisica e mentale) dei suoi amministrati arriva quando si devono decidere le misure migliori per contrastare qualcosa che si ritiene, a torto o ragione, dannoso per la comunità.

L'esperienza di altri (leggi Stati Uniti) ci dovrebbe avere insegnato che non sempre una misura drastica - come lo fu il protezionismo - riesce ad essere la ricetta capace di guarire il male. Quando, in America, furono chiusi tutti i punti di vendita legalizzati di alcolici, di fatto si consegnò un settore - che era enormemente proficuo - nelle mani della criminalità, cui bastò la produzione diretta e clandestina o l'acquisto di grosse partite da dove tutto era legale (oltre la frontiera nord, in Canada) per aggirare le restrizioni ed accumulare fortune al tempo milionari (in dollari).
Il punto non è quindi capire che qualcosa sia di nocumento alla popolazione (ieri alcol, oggi droghe leggere), ma come combatterlo.

Il problema che il periodo di lockdown ha prepotentemente posto all'attenzione di chi ci governa è quello della ludopatia.
Termine un tempo poco conosciuto, è entrato con sempre maggiore frequenza nel lessico di chi scrive per informare (giornalisti), per illustrare le proprie considerazioni sul problema (psicologi), per trovare efficace azioni di contrasto (magistrati, forze dell'ordine e, quindi, politici). Ma conoscere il problema non significa necessariamente sapere come risolverlo.

Ditelo a chi matematico cerca di confrontarsi con l'ipotesi di Rienam e, su questo, ci perde ore ed ore.Ma lo Stato italiano, davanti al problema della ludopatia, ha adottato le soluzioni migliori?
Due le risposte possibili da barrare.

Sì, se si ragiona da italiano che deve sempre e comunque stare accanto a chi ha la responsabilità di governarci.
No, se si pensa a come il problema sia ancora molto presente ed anzi si sia ingigantito nel periodo in cui un intero Paese è stato sigillato per combattere il contagio del Covid-19.
Le ultime rilevazioni del problema hanno mostrato, nel periodo dell'isolamento, un enorme aumento delle giocate che, si dirà, era normale attendersi, considerate le limitazioni alle libertà di movimento che costringevano in casa.

Ma, in considerazione del particolare profilo di questo problema, era abbastanza scontato che chiudere in casa gli italiani avrebbe spianato la strada a chi nella zona d'ombra di leggi e regolamenti si muove meglio, lucrando.
Il giro d'affari che ruota intorno a chi vive per giocare è enorme e lo Stato si limita a tassare a tutto spiano il gioco legale, limitandosi a sopportare, quasi ignorandolo, quello illegale.
Ma di cosa stiamo parlando? Semplicemente di un ammontare di almeno venti miliardi di euro all'anno riconducibile al gioco illegale, ovvero il venti per cento del gettito di quello legale.
Ma forse è utile leggere cosa, su questo, ha detto il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho: ''Oltre alle infiltrazioni criminali, è certo che l'area del gioco presenti dei rischi per la salute dei cittadini, anche se i dati oggi in nostro possesso sono, forse, meno allarmanti di quelli che emergono dal consumo di tabacco, di droghe di alcol. Una specifica dipendenza che però non va affrontata vietando di fatto di giocare legalmente. Non si garantisce una libertà che deve essere comunque rispettata, e si spalancano praterie per il gioco illegale''.

È solo apparentemente una affermazione scontata, quella del più alto magistrato antimafia, ma una considerazione che deve servire come ammonimento: il problema esiste e deve essere affrontato, ma nel totale rispetto delle scelte di ciascuno. Ovvero, se abbiamo ben capito, il gioco legale, sotto controllo dello Stato, è pulito. Come non si può dire di quello illegale che, avendo le sue centrali gestite dalla criminalità organizzata, è una enorme idrovora che succhia soldi, arricchendo i boss di turno.

L'aumento esponenziale delle giocate/scommesse gestite sulla rete da siti illegali fa però anche altro, oltre che rimpinguare le cassa del crimine organizzato: depaupera le entrare del gioco ufficiale, sottraendo allo Stato risorse che dovrebbero essere destinati a fini sociali.
In tutto questo il ''malato'' di ludopatia sembra essere sparito dai radar, pur essendone il vero protagonista. Gli inviti a fermarsi, a riflettere prima di giocarsi i suoi soldi (e magari anche quelli della famiglia) sono sospiri in una tempesta di vento ed hanno lo stesso effetto di quelli vengono rivolti ad un alcolizzato o a un tossicodipendente.
Solo parole, inutili se ad esse non seguono atti concreti che questo governo non sembra essere in grado di compiere.

La ludopatia ha due volti e quello pubblico (rispetto a coloro che, nel chiuso delle loro case, lontani dal giudizio degli altri, giocano, con gli occhi incollati su un computer, dal quale chiedono ispirazioni o dritte) è ancora più drammatico. Quando fa il biscazziere lo Stato si comporta come tale. Non importa chi giochi (con il solito puerile limite della maggiore età), basta che la moneta che infila nella fessura o la giocata in una sala scommesse riconosciuta arrivi, in quota parte, nelle sue casse. Ineccepibile, da un punto vi sta ''contabile''.

Ma lo è un po' meno se si guarda, senza nemmeno entrarci, all'universo che ruota intorno alle sale giochi. Ma di più in quei piccoli bar o altri locali che ospitano slot machine davanti alle quali, sin dal mattino, si alterna un mondo poliformo, dalla massaia al ragazzo, dal pensionato al disoccupato che, per definizione, soldi da giocarsi non ne dovrebbe avere.
Se lo Stato vuole avere delle ricadute economiche da un vizio/malattia (droghe, alcol, gioco o altro) padronissimo di farlo. Anzi è giustificato dal fatto di potere poi usare gli introiti per dare ristoro a parti dello Stato in sofferenza economica.

Ma se questo fa, deve anche impegnarsi affinché si tolga di dosso l'etichetta di 'succhiasoldi' nei confronti di suoi cittadini, a partire dai più deboli.
Lo Stato dovrebbe fare di tutto - e non lo fa - per evitare che altri occupino le zone del gioco che lui non riesce a coprire, aprendo la strada a guadagni enormi, ma anche spianando la corsa verso il baratro da parte di chi perde sempre. Perché, come sanno tutti, a fine giornata il banco vince sempre e chi perde, finiti i soldi, si indebita, spesso costretto a rivolgersi a chi di soldi ne ha. I suoi soldi, che entrano nel giro dei prestiti a strozzo, avviluppando il ''malato'' sino a strangolarlo.

Uno Stato, un governo degno di tale nome, dovrebbe fare ben altro, non limitando la sua azione a sedersi davanti ad una ricca torta da spartire. Occorre una azione forte e di lungo respiro, perché i malati sono esattamente tali, anche se sembrano un'altra cosa.
Persone che cercano di passare il loro tempo, non davanti alla tv o leggendo un libro, ma giocando.
Ma, una moneta dopo l'altra, una giocata dopo l'altra, una scommessa dopo l'altra, uccidono la loro dignità.
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