Rischio di sequestro per i beni argentini: la sentenza Usa scuote il Paese

- di: Jole Rosati
 

Il tribunale americano apre la strada al sequestro di beni argentini, in un momento critico per l’economia del Paese. 
Una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti ha riacceso l’attenzione sul debito sovrano argentino, in default dal 2001. La decisione, che consente il sequestro di circa 310 milioni di dollari custoditi presso la Federal Reserve di New York, ha suscitato ampio dibattito in Argentina e oltre.

Una battaglia legale che dura da decenni
La controversia ha origine nei titoli del debito argentino dichiarati in default oltre vent’anni fa, quando la crisi economica spinse Buenos Aires a sospendere il pagamento ai creditori internazionali. Alcuni fondi di investimento, soprannominati “fondi avvoltoio”, hanno rifiutato le ristrutturazioni proposte dai governi successivi e hanno intrapreso battaglie legali per ottenere il rimborso integrale.
Secondo il quotidiano argentino Clarín, la sentenza rappresenta un nuovo colpo per l’economia del Paese, aggravando le già difficili condizioni finanziarie sotto la presidenza di Javier Milei. La decisione della corte apre la strada alla possibilità di congelare beni argentini all’estero per soddisfare i crediti reclamati dai fondi speculativi.

Le reazioni dall’Argentina
La sentenza non ha lasciato indifferenti le autorità di Buenos Aires. Il ministro dell’Economia, Sergio Massa, ha dichiarato che "questa decisione dimostra il peso della giustizia statunitense nel contesto del debito globale, ma difenderemo ogni centesimo che appartiene al popolo argentino”.
L’opinione pubblica è divisa. Da un lato, c’è chi vede nei fondi avvoltoio un esempio di speculazione finanziaria estrema, mentre dall’altro c’è chi ritiene che l’Argentina stia pagando il prezzo di una gestione storicamente disordinata del debito pubblico.

Un contesto economico e sociale sempre più complesso
La decisione arriva in un momento delicato per l’Argentina. Secondo il quotidiano Página/12, il fenomeno dell’aumento della povertà e della precarietà abitativa è sempre più evidente. Nella capitale Buenos Aires, le statistiche ufficiali indicano un aumento del 35% della povertà e dell’indigenza dall’insediamento di Javier Milei alla Casa Rosada.
L’amministrazione Milei, che si è presentata come fautrice di un drastico cambiamento economico, ha ricevuto critiche per le politiche di austerità che, secondo molti, avrebbero esacerbato le disuguaglianze.

Nuove tensioni diplomatiche con Bolivia
Parallelamente alla questione del debito, il governo argentino si trova ad affrontare tensioni con il vicino Bolivia. La costruzione di una recinzione nella provincia di Salta, al confine tra i due Paesi, ha suscitato proteste da parte del governo boliviano. “È una misura che contraddice lo spirito di fratellanza tra i nostri popoli”, ha dichiarato il presidente boliviano Luis Arce, sottolineando come la recinzione possa compromettere il dialogo bilaterale.

Uno scenario in evoluzione
Mentre la sentenza statunitense pone nuove sfide, l’Argentina deve far fronte a pressioni interne ed esterne. Sul fronte interno, il governo Milei è chiamato a rispondere alle crescenti disuguaglianze sociali e al deterioramento delle condizioni di vita. Sul fronte internazionale, la questione del debito 

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