Wonka. La fabbrica di cioccolato tra musical e critica sociale

- di: Teodosio Orlando
 
In occasione delle feste di fine anno, il regista Paul King (già celebre per la saga degli orsi intelligenti, ossia Paddington e Paddington 2) ci propone Wonka, film con cui ha messo a segno un colpo notevole: ha preso spunto da un’apparente favola per bambini e l’ha trasformata in una commedia sociale e impegnata, dai toni dickensiani e con atmosfere vagamente steampunk. La critica alla società e la satira morale rimangono sullo sfondo, ma sono la vera chiave per capire la pellicola. Il film si presenta peraltro come un quasi musical con stilemi fantasy: i due sceneggiatori, ossia  lo stesso Paul King e Simon Farnaby, si sono ispirati ai personaggi creati dallo scrittore Roald Dahl nel romanzo del 1964 La fabbrica di cioccolato (Charlie and the Chocolate Factory). Ecco perché, per poterne fruire adeguatamente, bisogna pensare a un musical d’azione, come quello che vide contrapposti gli Sharks e gli Jets nella West Side Story di Leonard Bernstein (in entrambe le versioni cinematografiche: quella di Jerome Robbins e Robert Wise, del 1961, e quella di Steven Spielberg, del 2021).

Sostanzialmente, Wonka è un prequel che si aggiunge a una serie di adattamenti cinematografici della saga di Dahl: si passa dal film di Mel Stuart del 1971 con Gene Wilder (Willy Wonka & the Chocolate Factory), la cui interpretazione lievemente malevola rappresenta per molti il punto di riferimento, alla versione stravagante ma affascinante di Tim Burton del 2005, con Johnny Depp come interprete principale (The Chocolate Factory). Va comunque detto che ci vuole un po’ di cautela nel paragonare il Wonka di King con gli altri due film, verso cui ha comunque un atteggiamento rispettoso, anche se l’universo che King costruisce è in realtà il suo stesso set filmico, nel bene e forse nel male.

Il film racconta la storia delle origini di Willy Wonka, ma, pur contenendo elementi della versione del 1971 (dove il protagonista, un ragazzo povero, sensibile e affettuoso, di nome Charlie, compie una visita che gli cambia la vita a una fabbrica di cioccolato di proprietà del misterioso Willy Wonka, simile al Cappellaio matto dell’Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll), lo stile e la costruzione del mondo indicano che non ci troviamo esattamente sulla Terra: più probabilmente siamo in una realtà alternativa, a cui alludono le canzoni e i disegni degli gnomi Umpa Lumpa. Il film è interpretato dal giovane attore franco-statunitense Timothée Chalamet, assolutamente perfetto nel ruolo principale, insieme all’attrice adolescente Calah Lane e a un cast d’insieme che comprende Keegan-Michael Key, Paterson Joseph, Matt Lucas, Mathew Baynton, Sally Hawkins, Rowan Atkinson, Jim Carter, Tom Davis, Olivia Colman e Hugh Grant.

La produzione del film è cominciata dopo che la Warner Bros Pictures (che aveva precedentemente distribuito The Chocolate Factory, nel 2005) ha acquisito i diritti del personaggio titolare nell’ottobre 2016 e ha rivelato che il film sarebbe stato una storia delle origini di Willy Wonka. Le riprese si sono svolte nei Warner Bros Studios, a Leavesden, Watford, oltre che a Oxford, Lyme Regis, Bath, St. Albans e alla Rivoli Ballroom di Crofton Park, a Londra.

Willy Wonka viene presentato come un giovane aspirante mago, inventore e “cioccolatiere”, che arriva su una nave in una città europea priva di nome per realizzare il sogno di aprire la sua cioccolateria nelle Galeries Gourmet. Entra in scena appollaiato in cima all’albero di una nave, una posizione elevata che mantiene per tutto il tempo, ricoprendo il ruolo dell’innocente dagli occhi spalancati, un tempo interpretato da Charlie. L’epoca in cui si svolge il film è imprecisata, con tratti da Belle Époque, per certi versi, e da anni ’50 del secolo scorso, per altri. Il giovane ha appena terminato un viaggio in mare durato sette anni, partendo da un luogo sconosciuto. La città dove arriva sembra una fantasia onirica che combina Londra, Parigi e Vienna, ma è soprattutto caratterizzata da un centro storico con una sontuosa galleria dove si può acquistare il miglior cioccolato del mondo. Il giovane Wonka sogna di aprire un negozio tutto suo; è arrivato con un piccolo armadietto di aromi rari e pozioni in bottiglia (quasi una macchina di Rube Goldberg), le materie prime che gli permettono di produrre i suoi dolci squisitamente bizzarri: decorazioni in grado di ringiovanire i follicoli piliferi, biscottini policromi a forma di gobbetto che permettono a chi li consuma di librarsi deliziosamente nell’aria, preparati usando “le lacrime agrodolci di un clown russo” e subito battezzati hoverchocs: ahimè, non sono stati distribuiti alla proiezione per la stampa e quindi siamo rimasti legati alla terra. Veniamo a sapere che la cara madre defunta di Wonka (interpretata in alcune scene di flashback, con un po’ troppo scintillio, dalla straordinaria Sally Hawkins) gli ha infuso tutti i suoi segreti per la produzione di cioccolato, oltre a esortarlo ad aggrapparsi ai suoi sogni. Insomma, i soliti elementi che ci si aspetta quando si evoca lo spirito protettore dei cari congiunti deceduti.

Willy decide di alloggiare nelle dépendance della lavanderia a gettoni di proprietà della subdola signora Scrubbit (Olivia Colman) e del suo scagnozzo Bleacher (Tom Davis). Nonostante gli avvertimenti di Noodle, un’orfana che soggiorna da Scrubbit, che lo invita a leggere le clausole, Wonka, ragazzo sostanzialmente analfabeta, firma di buon grado il contratto, che lo costringe a pagare spese eccessive durante il suo soggiorno, perché non riesce a comprendere alcune scritte in piccolo di importanza cruciale. Dopo di che, sicuro di sé stesso, si reca alle Galeries Gourmet per vendere i suoi hoverchocs, allettando i potenziali consumatori con la promessa del potere magico del volo. Ma nelle Galeries tramano nell’ombra tre villains, ossia i fabbricanti di cioccolato più importanti della città, Slugworth, Prodnose e Fickelgruber (interpretati da Paterson Joseph, Matt Lucas e Mathew Baynton). Costoro non esitano a farsi beffe dei cioccolatini di Wonka e chiamano il capo della polizia perché confischi i suoi guadagni della giornata (e in una scena del film sembra che la polizia si trasformi in una squadra di diavoli che controllano l’inferno, mentre la chiesa dove sono girate alcune scene sembra diventare una succursale del paradiso).

Non potendo poi pagare l’affitto della sua stanza, Wonka è letteralmente tenuto prigioniero nella lavanderia della sinistra lady Scrubbit e del suo tirapiedi Bleacher: vi dovrà lavorare 10.000 giorni per ripagare il suo debito, artificialmente aumentato. Insieme a lui sono prigionieri altre vittime “insolventi”: Noodle, un’orfana intelligente (Calah Lane, che offre l’interpretazione più calma e aggraziata del film), il contabile Abacus, l’idraulico Piper, il comico Larry e la telefonista Lottie. Abacus lo informa che Slugworth, Prodnose e Fickelgruber sono soprannominati “Cartello del cioccolato” e sono in combutta per eliminare la concorrenza. Il Cartello del Cioccolato ha una base operativa situata sotto una parrocchia, gestita dal corrotto Padre Julius e dai suoi monaci detti chocoholic, dove si conserva una grande riserva di cioccolato. Wonka escogita allora un piano per manipolare Bleacher e Scrubbit e farli innamorare l’uno dell’altro, consentendo a lui e a Noodle di lasciare segretamente la lavanderia a gettoni e di iniziare la vendita di cioccolato. 

A quel punto cominciano vari colpi di scena, in cui Wonka si troverà a combattere con il Cartello, il capo della polizia e la coppia Bleacher & Scrubbit. Ma grazie all’amicizia con Noodle – a cui rivela che il suo amore per il cioccolato deriva dalla madre defunta – che insegna a Wonka a leggere (perché anche se sa cantare, ballare e creare cioccolatini stravaganti, questa è l’unica abilità essenziale che non possiede), il film assume un corso ottimistico e positivo, dove i buoni vincono e i malvagi vengono giustamente puniti, sebbene in modo dolciastro (come il sapore del cioccolato) e senza morti o episodi veramente drammatici, con happy ending assicurato.

Nell’intreccio del film si possono comunque riconoscere due filoni narrativi, che si armonizzano in maniera particolarmente indovinata: uno spunto molto classico che non sarebbe dispiaciuto a Charles Dickens (un personaggio che vive nella miseria più nera e che ottiene, con un inatteso colpo di fortuna, la ricchezza e la felicità); e un continuo turbinio di colpi di scena molto fantasiosi (a cui fanno riscontro le sorprese infinite che offre il congegno produttore di cioccolato battezzato “La Fabbrica Wonka”).

Sfruttando abilmente l’associazione che si viene a creare tra il valore insito nell’aggrapparsi ai propri sogni e la critica alla natura malvagia dei monopoli aziendali, il film rivela un’anima sorprendentemente “buonista”. Anche come musical assume toni rassicuranti, giacché ripropone alcuni brani preferiti della versione del 1971 (tra cui “Pure Imagination” di Leslie Bricusse e Anthony Newley); peraltro, anche quando presenta varie canzoni nuove, scritte da Neil Hannon (il cantautore e frontman del gruppo The Divine Comedy) e Joby Talbot, le atmosfere sono comunque da musical classico. La song di apertura, “A Hatful of Dreams” (“Un cappello pieno di sogni”), sembra risalire agli  anni Sessanta (ricorda le canzoni del musical Oliver!, diretto da Carol Reed, e basato sul romanzo Oliver Twist di Charles Dickens), con la voce di Chalamet che rivela una qualità piacevole e traslucida; anche come ballerino eccelle, con leggiadra disinvoltura. Non ci sono brani immediati che catturino l’attenzione, ma nemmeno brani banali troppo in linea con una produzione di grande effetto.

Una cifra della poetica cinematografica di King è quella che definirei un’apparente “dolcezza”: i personaggi sono sognatori dal carattere dolce che approdano in una terra sconosciuta dove sono costretti a superare le avversità impiegando, tra le altre cose, la loro passione e abilità nel creare prodotti alimentari a base di zucchero. Il caratteristico approccio narrativo di King, basato su una specie di scatola di delizie, combina un montaggio vistoso e artigianale con un design postproduzione  fiabescamente evocativo, anche se a volte i suoi film si spingono un po’ troppo verso un’estetica stravagante da sito Etsy. Il suo tocco magico, unito alla verve di Timothée Chalamet, ha trasformato il protagonista, partorito da uno dei misantropi più famosi della letteratura per l’infanzia, in un personaggio leggero e vivace. E tuttavia, se si toglie la crudeltà da un elemento di una storia di Dahl, è facile che essa si manifesti altrove, nello stile che nel gergo militare e poliziesco viene chiamato whack-a-mole (come quando un’attività criminale spunta in un’altra parte di una città dopo che l’aumento dell’applicazione della legge in un distretto l’ha ridotta, o come quando truppe avversarie apparentemente inferiori continuano a comparire dopo che le ondate precedenti sono state eliminate).

Willy infatti escogita una fuga ingegnosa e fa scalpore con un’operazione di marketing diretto che prevede l’uso di caramelle con effetto levitante. Ma è qui che ricompare la crudeltà sadica, allorché i tre signori del bonbon rispondono al genio cioccolatiero di Willy con un’altrettanto creativa scorrettezza aziendale. E i problemi non sono finiti qui: un omino arancione che si definisce un Umpa-Lumpa (Hugh Grant, molto divertente) continua a comparire e a rubare la scorta di ingredienti per la produzione di cioccolato di Willy.

Si nota però un atteggiamento comunque moderato di King: in Paddington aveva aggiunto artigli e particolari macabri per rendere il film terrificante (ad esempio il bisturi e l’attrezzatura da vivisezionatrice un po’ fetish di Nicole Kidman), mentre qui ammorbidisce ogni ferocia e anzi presenta Wonka come un falso buono, contrapponendolo al Wonka crudele e cinico di Gene Wilder (1971) e a quello interpretato da Johnny Depp nel film di Tim Burton del 2005: Wonka era un sociopatico dalla faccia di gomma con il suo cioccolato che sembrava disinfettante per le mani. Al contrario, il Wonka di Chalamet è un ottimista adorabilmente pimpante pronto a esibirsi in canti e balli trascinanti. Questo cambiamento rende Wonka più comprensibile, ma lo allontana dall’asprezza quasi dispettosa della scrittura di Roald Dahl. Notevole è però la gag piuttosto cattiva sulla circonferenza sempre crescente di un poliziotto corrotto dipendente dal cioccolato (Keegan-Michael Key), che sembra certamente fedele allo spirito di Dahl, benché aliena dall’attuale political correctness. Degna di nota è anche la sequenza centrale in cui Wonka lancia un’operazione di guerriglia per la distribuzione di dolci: è una corsa allo zucchero vertiginosa e ingegnosa che sfrutta ogni centimetro quadrato del set densamente popolato. E una danza aerea di palloncini all’elio sul tetto fa volare il nostro spirito verso il cielo, insieme ai membri del cast. 

Wonka

Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Regno Unito, Stati Uniti d’America
Anno: 2023
Durata: 116 minuti
Genere: fantastico, musicale
Regia: Paul King
Soggetto: personaggi creati da Roald Dahl - soggetto di Paul King
Sceneggiatura: Paul King, Simon Farnaby
Produttore: Alexandra Derbyshire, David Heyman, Luke Kelly
Produttore esecutivo:  Rosie Alison, Kevin McCormick, Rob Silva
Casa di produzione: Village Roadshow Pictures, Heyday Films, The Roald Dahl Story Company
Distribuzione in italiano: Warner Bros
Fotografia: Chung Chung-hoon
Montaggio: Mark Everson
Effetti speciali: Hayley J. Williams
Musiche: Neil Hannon (canzoni), Joby Talbot (colonna sonora)
Scenografia: Nathan Crowley
Costumi: Lindy Hemming
Trucco: Sally Alcott


Interpreti e personaggi

Timothée Chalamet: Willy Wonka
Olivia Colman: Mrs. Scrubbit
Calah Lane: Noodle
Keegan-Michael Key: Capo della polizia
Paterson Joseph: Arthur Slugworth
Matt Lucas: Prodnose
Mathew Baynton: Fickelgruber
Sally Hawkins: Madre di Willy
Rowan Atkinson: Padre Julius
Jim Carter: Abacus Crunch
Tom Davis: Bleacher
Hugh Grant: Umpa Lumpa
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