Tax Freedom Day: oggi scatta per i contribuenti il giorno di liberazione fiscale

- di: Barbara Leone
 
Ogni tanto una buona notizia. Oggi, almeno formalmente, è il tax freedom day. Ovvero il giorno di liberazione fiscale. Cosa vuol dire? Molto semplicemente che oggi terminano i versamenti di tasse e contributi allo Stato. Rispetto all’anno scorso, come ricorda l’Ufficio Studi Cgia (Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre), la liberazione dei contribuenti  arriva un giorno prima. Dopo poco più di 5 mesi dall’inizio dell’anno, praticamente dopo 157 giorni lavorativi inclusi i sabati e le domeniche, gli italiani finiscono di lavorare per assolvere tutti i versamenti fiscali dell’anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, etc.) e da oggi, vivaddio, iniziano a guadagnare per sé. Dal confronto con gli altri Paesi europei non emerge un risultato  particolarmente entusiasmante. Nel 2021 (ultimo anno in cui è  possibile effettuare una comparazione con i Paesi Ue) i contribuenti  italiani hanno lavorato per il fisco fino all’8 giugno (159 giorni  lavorativi), vale a dire 5 giorni in più rispetto alla media registrata nei  Paesi dell’area euro e 7 se, invece, il confronto è realizzato con la  media dei 27 Paesi che compongono l’Unione europea. Se confrontiamo il tax freedom day italiano con quello dei nostri  principali competitori economici, solo la Francia presenta un numero  di giorni di lavoro necessari per pagare le tasse nettamente superiore  (+14), mentre tutti gli altri hanno potuto festeggiare la liberazione  fiscale in anticipo. In Germania, ad esempio, questo è avvenuto 4  giorni prima che da noi, in Olanda 14 e in Spagna 17.

Il Paese più  virtuoso è l’Irlanda; con una pressione fiscale del 21,5 per cento, i contribuenti irlandesi assolvono gli obblighi fiscali in soli 78 giorni  lavorativi, cominciando lavorare per se stessi il 20 marzo: 80 giorni  prima rispetto al nostro tax freedom day. Ma in che modo si è giunti a individuare il 7 giugno come il giorno di  liberazione fiscale del 2022? La stima del Pil nazionale prevista nel 2022 è stata suddivisa per i 365 giorni dell’anno, ottenendo così un  dato medio giornaliero. Successivamente, si sono considerate le  previsioni di gettito dei contributi previdenziali, delle imposte e delle  tasse che i percettori di reddito verseranno quest’anno e sono stati  rapportati al Pil giornaliero. Il risultato di questa operazione ha  consentito di calcolare il tax freedom day dell’anno in corso. Osservando la serie storica, il giorno di liberazione fiscale più  precoce è stato nel 2005. In quell’occasione, la pressione fiscale si  attestò al 39 per cento e ai contribuenti italiani bastò raggiungere il  23 maggio (142 giorni lavorativi) per lasciarsi alle spalle tutte le  scadenze fiscali. Osservando sempre il calendario, quello più in  ritardo si è registrato nel 2021, giacché  la pressione fiscale ha raggiunto il record storico del 43,5 per cento e,  di conseguenza, il “giorno di liberazione fiscale” è scoccato l’8 giugno. E’ corretto segnalare che questo picco record di pressione fiscale non  è ascrivibile ad un aumento del prelievo imposto l’anno scorso a  famiglie e imprese, ma alla decisa crescita registrata dal Pil nazionale  (oltre il 6,5 per cento) che, dopo la caduta verticale registrata nel  2020 (-9 per cento), ha contribuito ad aumentare notevolmente le  entrate 

Dalla lettura  dell’agenda riportata sul sito dell’Agenzia delle Entrate scorgiamo che  questo mese i contribuenti italiani dovranno assolvere ben 141  scadenze fiscali; di queste, ben 122 (pari all’86,5 per cento del  totale) imporranno agli italiani a mettere mano al portafoglio. Un  calendario fiscale da far tremare i polsi, che, come giustamente osserva ancora Cgia, solleva ancora una volta un grande problema: in Italia non solo subiamo un prelievo fiscale  eccessivo, ma anche le modalità di pagamento delle imposte provocano un costo burocratico che non ha eguali nel resto d’Europa.  Nel 2022, invece, il peso del fisco, sebbene la crescita economica  dovrebbe attestarsi attorno al 2,5 per cento circa, è destinato a  diminuire di 0,4 punti percentuali. Ciò avverrà anche grazie alla  riduzione delle imposte e dei contributi decisa dal Governo Draghi. Le  principali misure approvate l’anno scorso sono: riforma dell’Irpef (-6,8 miliardi di euro di risorse); esonero contributivo di 0,8 punti percentuali ai lavoratori  dipendenti con una retribuzione mensile lorda inferiore a 2.692  euro (-1,1 miliardi di euro); esonero pagamento Irap alle persone fisiche (-1 miliardo di  euro). Se teniamo conto del leggero miglioramento in corso delle principali  variabili economiche che si riflette sull’andamento del gettito, secondo  il Ministero dell’Economia e delle Finanze nel 2022 lo Stato dovrebbe  incassare quasi 40 miliardi di imposte e contributi in più rispetto al  2021. Segnaliamo che una parte di questo incremento di gettito è  sicuramente ascrivibile anche al forte aumento dell’inflazione che,  secondo le previsioni, quest’anno dovrebbe oscillare tra il 6 e il 7 per  cento. Pertanto, in un momento in cui le famiglie stanno subendo dei  rincari spaventosi che rischiano di far crollare i consumi interni, sarebbe auspicabile che il Governo restituisse parte di questo extra gettito con meccanismi di fiscal drag. Una misura che rafforzerebbe il  potere d’acquisto dei pensionati e dei lavoratori dipendenti, dando un  sensibile sollievo soprattutto a coloro che attualmente si trovano in  serie difficoltà economiche.
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