Small e mid cap, la possibile svolta delle Banche Centrali nel 2024 potrebbe generare opportunità interessanti

- di: Massimo Trabattoni, head of Italian equity di Kairos Partenrs Sgr
 
Nel primo trimestre del 2024 le aspettative sui tassi di interesse saranno ancora una volta il principale driver delle dinamiche economiche e finanziarie globali. I mercati finanziari stanno già scontando che nel corso del nuovo anno non ci saranno ulteriori rialzi dei tassi, bensì si potrebbe già assistere ai primi tagli. Questo vale soprattutto per gli Stati Uniti, perché si trovano in una fase ben più avanzata del ciclo economico rispetto all’Europa. Le scelte di politica monetaria della Fed potrebbero essere interpretate come anticipatrici delle mosse che è ragionevole attendersi anche dalle altre Banche Centrali nel mondo.

Per quanto riguarda le large cap italiane, l’attenzione degli investitori sarà volta a capire se la sovraperformance dei titoli finanziari, che ha caratterizzato tutto il 2023, sia destinata ad esaurirsi già nei primi mesi del 2024. A nostro parere, il momentum delle banche italiane è destinato a rimanere positivo (anche se marginalmente sempre meno) ancora per qualche mese, perché la remunerazione sui depositi italiani è ancora significativamente più bassa rispetto a quella degli altri istituti bancari europei, offrendo così ancora dell’upside sul margine d’interesse.

Tuttavia, in uno scenario di tassi non più in salita ma stabili o addirittura in discesa, ci aspettiamo che nel medio termine la preferenza del mercato si sposti verso titoli con un profilo più quality/growth (in settori come tecnologia o utilities) che hanno sofferto il recente ciclo di rialzo tassi, ma potrebbero vedere accenni di ripresa già nei primi mesi del 2024 se le aspettative del mercato propendessero per una stabilizzazione del livello dei tassi di interesse o addirittura per un loro taglio.

Un’altra asset class, che potrebbe beneficiare da una migliore visibilità sulla tenuta del ciclo macroeconomico e da una politica monetaria meno hawkish, è quella delle small e mid cap. Nei prossimi mesi le prospettive di Banche Centrali progressivamente più espansive potrebbero agevolare una rivalutazione di quei nomi a piccola e media capitalizzazione che, proprio a causa del loro profilo quality/growth e della loro maggiore correlazione all’andamento dell’economia, hanno subito un’indiscriminata e violenta compressione dei propri multipli borsistici.

Inoltre, ci attendiamo che nel 2024 si esaurisca progressivamente la pressione in vendita che ha caratterizzato per tutto il 2023 i flussi su quest’asset class: l’anno che si sta concludendo è stato infatti il primo ad offrire la possibilità di riscattare il proprio investimento nei fondi PIR senza perdere il beneficio fiscale maturato nei passati cinque anni.

Infine, da un punto di vista macro, la conferma del rating da parte di Moody’s, Fitch e S&P ha, almeno temporaneamente, ridotto per l’Italia il Rischio Paese, come confermato dal restringimento dello Spread BTP-Bund a 10 anni nel corso delle ultime settimane. Il prossimo passo per proseguire su questo sentiero virtuoso è una corretta messa a terra delle risorse del PNRR, in modo da conseguire una crescita sostenibile del PIL da qui ai prossimi anni, in grado di più che compensare il maggiore costo dell’indebitamento.
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