Osservatorio ANIMA - Eumetra, italiani più pessimisti. Le bollette spaventano più della guerra

- di: Redazione
 
Dopo l’ottimismo dell’autunno 2021, gli italiani tornano pessimisti sul futuro economico del Paese e, complice il calo della capacità di risparmio, sono disposti in misura crescente a preferire il rendimento alla sostenibilità. L’ultima edizione (ottobre 2022) del consueto Osservatorio semestrale, realizzato da ANIMA Sgr in collaborazione con la società di ricerche di mercato Eumetra, dipinge un quadro non semplice della situazione del nostro Paese e delle attese degli italiani. La ricerca, realizzata con un sondaggio online, vuole analizzare comportamenti finanziari, abitudini di risparmio e progetti delle famiglie italiane. La rilevazione è stata condotta a settembre su un totale di 1.019 adulti “bancarizzati” (cioè titolari di un conto corrente bancario o libretto bancario/postale), con accesso al web, rappresentativo di circa 35 milioni di persone. In questo campione, il 50%, oltre ad essere “bancarizzato” risulta anche investitore.

IL SENTIMENT SULL’ITALIA: IL BAROMETRO TORNA AL BRUTTO

Scoppio della guerra, inflazione su livelli che non si vedevano da decenni e svolta restrittiva della BCE, con le relative implicazioni su costo della vita e tassi dei mutui. Sono diversi i fattori che contribuiscono all’aumento del pessimismo sull’economia italiana. La situazione, rispetto a un anno fa, è peggiorata secondo il 71% dei “bancarizzati” e il 66% degli investitori, in aumento da marzo 2022, quando queste percentuali erano rispettivamente del 54% e del 46%. Anche guardando al futuro, però, prevalgono i pessimisti: per il 63% dei bancarizzati e il 56% degli investitori la situazione economica dell’Italia tra un anno sarà peggiore, mentre a marzo 2022 la percentuale di chi avrebbe concordato con tale affermazione era rispettivamente del 48% e del 40%.

RISCHI: LE BOLLETTE SPAVENTANO PIU’ DELLA GUERRA

Con l’evoluzione del quadro macro globale e il persistere di importanti variabili esogene, la percezione sui rischi considerati più gravi continua a cambiare. In testa ai timori degli intervistati spicca il rischio di un aumento dei costi delle materie prime e quindi delle bollette, che a settembre 2022 preoccupavano il 45% dei bancarizzati e il 43% degli investitori, contro il 31% - per entrambe le categorie – di marzo dello stesso anno. Parallelamente, cala il numero di chi annovera le guerre fra i pericoli maggiori: oggi il 30% dei bancarizzati e il 29% degli investitori ritiene la minaccia bellica una fonte di preoccupazione, in calo rispetto al 53% e al 51% di marzo 2022, all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina. Cala ulteriormente, infine, il numero di chi include fra i fattori di rischio più importanti anche le pandemie, oggi preoccupante per il 20% dei bancarizzati (a marzo 2022 il 30%) e il 20% degli investitori (a marzo 2022 il 32%). Fra gli altri timori più diffusi vi sono la disoccupazione e la recessione economica, che preoccupano il 36% dei bancarizzati (a marzo il 35%) e il 33% degli investitori (a marzo il 28%), il cambiamento climatico, che rappresenta un rischio per il 26% dei bancarizzati e il 25% degli investitori, rispetto al 21% e al 23% dell’ultima rilevazione. La percentuale di chi teme l’inflazione, infine, è in netta crescita e passa dal 24% al 34% per i bancarizzati e dal 25% al 36% per gli investitori.

SITUAZIONE FINANZIARIA PERSONALE: CAUTELA MA SENZA PANICO

Come già nell’Osservatorio scorso, il sentiment si fa meno pessimistico se l’analisi si sposta alla propria situazione finanziaria personale. Il 18% dei bancarizzati e il 24% degli investitori giudica ancora che essa sia migliorata rispetto a un anno fa, mentre “solo” 4 bancarizzati e 3,1 investitori su 10 ritengono che vi sia stato un peggioramento, nonostante la percezione sull’economia nazionale sia assai peggiore. Sul fronte dell’inflazione, rispetto a marzo 2022 la percentuale di chi percepisce un aumento dei prezzi negli ultimi sei mesi, pur molto alta, è leggermente diminuita sia fra i bancarizzati (a 87% a settembre da 89% a marzo) che fra gli investitori (a 85% da 87%). Anche guardando alle attese per il futuro, il numero di chi teme altri rincari è in calo: il 67% dei bancarizzati e degli investitori si aspetta nuovi rincari nel prossimo anno, contro il 71% e il 72% di marzo.

IL CALO DEI RISPARMI INCIDE SUI PROGETTI FUTURI

L’atteggiamento verso il futuro resta improntato alla prudenza. Tale cautela si riflette nella diminuzione dei progetti per l’avvenire e del numero di italiani che ne hanno uno, in calo rispettivamente da 2,7 a 2,5 progetti a testa e da 32 a 31 milioni di persone rispetto a marzo 2022. Fra chi sta facendo piani per il futuro, il 79% cita progetti di consumo e il 62% progetti di risparmio: in entrambi i casi si nota un calo di 4 punti percentuali rispetto all’ultima rilevazione e si registra il valore più basso da ottobre 2020. Indicativo anche il dato sulla capacità di risparmio, ai minimi da aprile 2020: a settembre 2022, solo il 50% dei bancarizzati e il 68% degli investitori riusciva a risparmiare con costanza parte del proprio reddito.

AUMENTA IL NUMERO DI CHI NON HA SOLDI PER INVESTIRE

In coerenza con i dati sulla contrazione della capacità di risparmio, le preferenze di investimento evidenziano un calo del numero di chi investirebbe in prodotti finanziari (il 51% dei bancarizzati e il 68% degli investitori), una stabilizzazione di chi preferisce gli immobili (il 40% dei bancarizzati e il 41% degli investitori) e un calo di coloro che invece punterebbero sulla liquidità (il 19% dei bancarizzati e il 17% degli investitori). In controtendenza il dato di chi dichiara di non avere soldi da investire, in aumento dal 13% di marzo 2022 al 17% odierno fra i bancarizzati e dal 5% al 7% fra gli investitori.

SOSTENIBILITA’: RITORNA L’ATTENZIONE PER I RENDIMENTI


Le difficoltà della situazione economica attuale si fanno sentire anche in tema di sostenibilità. La percentuale di chi ritiene “per niente” o “poco” importante prendere decisioni di consumo sostenibili, da marzo a settembre 2022 è aumentata dal 14% al 17% fra i bancarizzati e dall’11% al 15% fra gli investitori. Parallelamente, il 62% dei bancarizzati e il 61% degli investitori si dice in qualche misura favorevole a sospendere, seppur temporaneamente, i limiti alle emissioni, se serve a contenere i rincari. Restano tuttavia molti margini per migliorare la conoscenza dei termini della sostenibilità: l’85% dei bancarizzati e il 78% degli investitori non conosce il significato dell’acronimo ESG, mentre il 71% dei bancarizzati e il 63% degli investitori ignora il corretto utilizzo della parola “greenwashing”. Significativo, infine, il dato relativo all’aumento di chi privilegia il rendimento rispetto alla sostenibilità: se a marzo solo il 26% dei bancarizzati e il 24% degli investitori avrebbero sottoscritto questa affermazione, a settembre queste percentuali erano salite rispettivamente al 38% e al 45%. Tuttavia, ciò non impedisce che almeno della metà del campione esprima interesse verso una consulenza in materia di investimenti sostenibili, di cui vorrebbe beneficiare il 50% dei bancarizzati e il 61% degli investitori.
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