La risposta all'attacco di Mosca sarà violentissima, come in passato
- di: Diego Minuti
L'attentato di Mosca non è solo le tante vite spezzate in quello che doveva essere un pomeriggio di festa e di divertimento. E' soprattutto uno smacco con il quale Vladimir Putin, appena uscito trionfatore dalle elezioni presidenziali in Russia, dovrà confrontarsi e di cui pagheranno le conseguenze coloro che l'avrebbero dovuto evitare. E, se la storia recente della Russia (quella nata dalla deflagrazione dell'Unione Sovietica) insegna pure qualcosa, la risposta sarà durissima. Sia contro coloro che, materialmente, hanno messo a segno l'attentato - il cui bilancio di morti e feriti è ancora tragicamente provvisorio -, che per quelli che, preposti al delicatissimo settore della sicurezza interna, sono stati colti impreparati.
L'attacco al Crocus City Hall non è stato certamente frutto di un atto improvviso, sottolineando l'evidente permeabilità delle strette maglie che il regime russo ha da tempo steso intorno alla sua gente per evitare eventi come quelli di ieri sera o, più in generale, manifestazioni di dissenso.
Il fatto che un commando, composto da almeno cinque persone (quelle che materialmente hanno compito l'attacco). abbia potuto giungere indisturbato sino all'obiettivo mostra, crudamente, che lo stato di polizia messo in piedi per consentire alla nomenklatura di continuare a governare è fallace. Anzi, ha proprio fallito.
Anche perché pure chi ha solo rudimenti di questioni di sicurezza e di modalità attuate dai terroristi sa che se cinque erano gli attaccanti sul campo, altri li hanno aiutati, allargando quindi la platea dei responsabili a chi ha curato la logistica (chi procurato le armi e ha recapitate; chi ha trovato le vetture usate per gli spostamenti; chi ha fatto le ''visite'' preparatorie nel teatro per studiare l'ambiente e individuare le vie di fuga) a parecchie persone.
Una cellula composita, tra assassini e fiancheggiatori, che incredibilmente è stata capace di muoversi indisturbata in un perimetro urbano (quello della Grande Mosca) che, presuntivamente, dovrebbe essere controllatissimo, considerato che la Russia è in guerra con l'Ucraina e che, soprattutto, nel territorio si muovono da tempo unità di sedicenti patrioti pronti a colpire Putin e il regime.
Il Caucaso e le sue grandi comunità islamiche sono un pericolo costante per Mosca, che ha sempre attuato, nei loro confronti, politiche dure, da vera e propria repressione, che però non hanno spento le pulsioni indipendentistiche.
Cosa accadrà, quindi, ora?
Matthew Sussex, esperto di Russia e docente universitario, in una intervista alla BBC sostiene un interessante punto di vista, quando, dopo avere premesso le politiche repressive di Mosca nei confronti dell'irredentismo musulmano, dice di aspettarsi una risposta di ''"estrema violenza", citando come esempi le conseguenze dell'assedio del teatro Dubrovka di Mosca del 2002 e dell'assedio della scuola di Beslan del 2004.
"Forse non è così importante chi ha compiuto gli attacchi, ma chi il governo russo decide che sia la colpa e contro chi risponderà'', ha detto Sussex.