La normalizzazione monetaria prosegue con il Quantitative Tightening, ma la discesa dei bond è vicina alla fine

- di: “Al 4° piano ”, a cura di Alessandro Fugnoli – Strategist di Kairos
 
È finito il ciclo di rialzo dei tassi? È dall’inizio dell’anno che questa ipotesi gira nei mercati, salvo venire regolarmente smentita nei fatti dalle banche centrali. Questa volta, tuttavia, sembra davvero che ci sia una seria possibilità che i rialzi di settembre siano stati gli ultimi.

Attenzione, però. I tassi sono solo una delle due componenti della normalizzazione della politica monetaria. L’altra, il Quantitative Tightening, prosegue. Ogni mese, infatti, la Fed ritira dalla circolazione 95 miliardi di dollari. Lo fa vendendo titoli e incassando dal mercato liquidità e lo fa proprio nel momento in cui il Tesoro americano cerca di piazzare la maggiore quantità di titoli nella sua storia.

La liquidità nel sistema è ancora abbondante, ma il Quantitative Tightening, immettendo titoli nel mercato, continuerà a esercitare una pressione sui prezzi delle scadenze più lunghe.

L’effetto di questi 95 miliardi equivale all’incirca a quello di un aumento dei tassi di 6 punti base. È poca cosa in sé, ma, mese dopo mese, l’effetto si sente.

La buona notizia è che, a fronte di questa offerta di titoli da parte del Tesoro in asta e da parte della Fed con il Quantitative Tightening, la domanda di questi stessi titoli sarà stimolata non solo dal rendimento invitante che offrono, ma anche dall’evidenza che l’inflazione continua a scendere.

Parliamo in particolare dell’inflazione che più interessa alla Fed, quella della componente core e quella salariale. Entrambe continuano a mandare segnali rassicuranti. La forza dell’economia americana è però tale da indurre la Fed ad approfittarne per premere ancora per qualche tempo sul freno e contenere le aspettative di inflazione in modo convincente.

L’effetto sulla crescita di questo proseguimento lento della normalizzazione monetaria sarà di freno, ma non si tradurrà per forza in una recessione. Nel caso peggiore, quello di una recessione, questa sarà superficiale e breve.

Per le borse, che cercano di guardare al futuro, l’inflazione che scende, accompagnata da utili che, sia pure lentamente, riprendono a crescere dopo essere rimasti fermi negli ultimi 12 mesi, compenserà la restrizione monetaria.

Lo scenario migliore resta quello di una crescita tiepida accompagnata da un’inflazione che non desta più troppe preoccupazioni. In uno scenario di questo tipo, infatti, la Fed manterrà una certa pressione sui tassi, ma il mercato potrà a un certo punto guardare avanti e vedere in prospettiva l’inizio di un ciclo di ribassi dei tassi.

Sarà allora che avrà senso ricominciare a comprare bond a lunga scadenza. Per ora, quello che è ragionevole sperare è una stabilizzazione di questi bond lunghi. Già si vedono i primi segnali in questo senso.

Ricordiamo però che la curva dei rendimenti è ancora invertita. Rende cioè di più stare sul breve che sul lungo.

Quanto all’Europa, la crescita è modesta e ci sono ancora sacche di recessione nel manifatturiero. Le borse europee hanno però valutazioni che scontano già in larga misura uno scenario negativo.

In conclusione, al punto in cui siamo, sembra ragionevole rimanere investiti e attendere con pazienza che il corso lento, ma deciso della normalizzazione monetaria completi il suo corso e lasci spazio a un nuovo ciclo di ribassi dei tassi.
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