Kairos Partners SGR: Market Flash di martedì 16 aprile 2024

- di: Alberto Tocchio, Head of European Equity and Thematics di Kairos Partners SGR
 
Sono passate poco più di tre settimane dal nostro ultimo aggiornamento, e da allora il mercato ha continuato a salire per qualche giorno con la solita concentrazione di pochi temi e pochissimi titoli, continuando quel rimbalzo iniziato a ottobre dell’anno scorso e portando le metriche del movimento a essere più uniche che rare. L’indice SPX era arrivato a essere positivo di oltre il 25%, movimento tipico di rimbalzo post recessione accaduto solo 10 volte dal 1930, benché non si sia verificata alcuna recessione, anzi, gli ultimi dati macro hanno mostrato un’economia più forte in tutte le principali aree geografiche. Se poi andiamo ad analizzare quale elemento ha fatto salire gli indici, vediamo che la concentrazione è stata massima sul NDX, con Nvidia che ha contribuito per il 40% del movimento, ed è stata molto alta anche su tutti gli altri principali indici.

Negli ultimi 15 giorni, però, qualcosa è cambiato. L’SPX la settimana scorsa ha avuto la peggiore performance settimanale da inizio anno e anche l’indice Eurostoxx 50, che saliva da ben 10 settimane consecutive. per la prima volta in 25 anni si è fermato. Anche i principali indici USA ed europei nelle ultime due settimane hanno rallentato e la volatilità è tornata a salire su tutte le asset class, proprio come avevamo previsto.

Ovviamente le notizie di guerra in Ucraina e, soprattutto, in Medio-Oriente, non hanno aiutato ma, come diciamo sempre, quando il posizionamento dei diversi investitori di mercato è molto alto e prezza la perfezione, e il sentiment è troppo consensuale, il mercato cerca una scusa per scendere, e questa volta ne ha trovate parecchie.

La prima fiammata di volatilità è arrivata con il dato sull’inflazione US, il CPI, che ha sorpreso al rialzo per il terzo mese consecutivo al 3.5%, indicendo la Fed, che non riesce più a giustificarlo come temporaneo, a cambiare retorica.

Il mercato, infatti, ora non crede più in un ritorno al tasso neutrale del 2.5%, e non solo ha spostato il timing per il primo taglio da giugno a settembre / ottobre, ma ne prezza appena poco più di 1 contro i 6/7 di inizio anno. Il tasso 2Y negli Stati Uniti è salito di più di 30bps nelle ultime 2 settimane, toccando quasi al 5%, un livello che non vedevamo da fine ottobre 2023, quando era partito il rimbalzo dell’azionario insieme al movimento ribassista dei tassi.

Effettivamente, dopo la stretta creditizia più consistente in 40 anni con il rialzo tassi, l’inflazione ancora presente qui e negli USA, la riduzione della forza del consumatore, il posizionamento su azionario e sentiment quasi da record, la volatilità poteva rimanere ancora così bassa?

Infatti, le cose si stanno muovendo anche se più per via delle notizie legate alla geopolitica. Anzi, negli ultimi giorni le mega Cap USA sono tornate a fare bene perché, come sappiamo, solo poche aziende hanno le spalle larghe per fare bene se i tassi salgono, con sette nomi che cubano ora il 20% del totale investito in azionario negli USA, una situazione mai vista precedentemente.

Ma laddove azionario e obbligazionario hanno avuto una prima battuta d’arresto, il dollaro si è rafforzato e sono salite anche le commodity, con l’oil che l’ha fatta da padrone salendo di oltre il 20% da inizio anno, non solo per la geopolitica ma anche per le stime di domanda globale e per le minacce, da parte dell’Opec, di ulteriori tagli alla produzione. È salito l’oro, positivo di quasi il 15% da inizio anno (la seconda partenza più forte d’anno di sempre), il rame è salito del 15% in due mesi, e anche il ferro e tante altre materie prime legate alla crescita dell’economia hanno registrato andamenti positivi, mentre è recentissima la notizia di nuove sanzioni sull’alluminio proveniente dalla Russia, che hanno spinto il metallo ai livelli più alti dal 1987: tutte opportunità interessanti di investimento ma un vero grattacapo per le banche centrali.

La settimana scorsa il meeting della Banca Centrale Europea ha confermato i tagli a giugno e, soprattutto, sembra che la Bce agirà in anticipo rispetto alla Fed, così come ha già fatto a sorpresa la Banca Centrale Svizzera e come sembra che possa fare la Svezia dopo gli ultimi bassi dati inflattivi.

A quanto pare, non tutti i membri della Bce sono ancora d’accordo, ma l’economia più debole e gli ultimi dati inflattivi in calo stanno portando verso una delle più grande disparità di tassi e politiche monetarie tra Europa e USA mai registrate.

Da inizio anno abbiamo già avuto un numero record di aste di bond governativi negli USA e la settimana scorsa quella del 10Y ha iniziato a creare le prime difficoltà, prezzando 3bps sopra il livello indicato. Può sembrare poco, ma era da tempo che non accadeva. Questo spiega la forza dell’oro nonostante il dollaro in rialzo e probabilmente potrebbe mettere pressione alla Fed per tagliare di qualche punto in ogni caso.

Lato macro, i dati sono piuttosto misti perché, se è vero che alcuni indici manufatturieri implicano espansione, altri dati come ad esempio quello dell’ottimismo delle piccole aziende è sui livelli più bassi dal 2021 e ben ¼ delle aziende individua nell’inflazione il principale problema. Nel frattempo, il consumatore US dopo la Pasqua mostra una spesa in discesa, anche in questo caso probabilmente influenzato dai costi in crescita, con il prezzo alla pompa di benzina salito del 20% da inizio anno proprio prima della driving season.

Le prossime tre settimane ci riveleranno lo stato di salute delle aziende, con i numeri del primo trimestre, e gli analisti differenziano in modo molto netto le prime società a grossa capitalizzazione, previste in continua crescita ma indubbiamente con un posizionamento elevato, e il resto del mercato in possibile nuova contrazione.

Venerdì scorso le prime banche USA a comunicare i risultati al mercato hanno registrato performance tutte in contrazione nonostante i numeri fossero positivi: gli investitori non hanno esitato a vendere, forse in misura eccessiva, per qualche piccolo intoppo o incertezza. La prima mega-cap a riportare sarà Netflix, giovedì. Sarà importante capire se le trimestrali saranno in grado di fare partire una necessaria rotazione, visto che per ora abbiamo avuto pochi profit warning come potenziale segnale positivo, e le stime delle small cap sono parecchio pessimiste rispetto alle certezze sulle mega cap.

Nello scorso numero di questa rubrica avevamo analizzato come il mercato fosse molto concentrato sul fattore momentum, e ora abbiamo iniziato a vedere qualche rotazione sul settore delle utility, che già avevamo menzionato tra quelli interessanti. Una rotazione dovuta in parte al movimento delle commodity, in parte perché molto underweight e difensivo. Tuttavia, per vedere qualcosa di più concreto ci vorrà una stabilizzazione dei tassi, che sembra destinata ad arrivare prima in Europa che in altre aree geografiche.

Nel breve crediamo che gli acquisti di volatilità verranno premiati mentre gli indici azionari potrebbero avere delle difficoltà. Il premio al rischio per l’azionario negli stati Uniti è praticamente a zero, il livello più basso dal 2002, mentre il gap tra Europa e USA potrebbe senz’altro premiare la prima.

Del resto, al momento anche i multipli per l’SPX sono elevati, meglio ruotare o guardare a settori che trattano a sconto rispetto agli indici. Ci aspettiamo un periodo di inizio di differenziazione, dove conteranno meno i flussi passivi e si tornerà a vedere stock-picking.

Concludo con una breve nota sui fondi sistematici, da considerare con attenzione perché, con prezzi degli indici al ribasso e volatilità al rialzo potrebbero presto iniziare a ridurre le loro posizioni molto long sugli indici USA in un momento dove, tra l’altro, si sta verificando un blackout dei piani di buyback, che hanno agito da forte supporto nelle ultime settimane.
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