Johnson un premier anticonformista travolto dal suo mancato savoir faire

- di: Leonardo Dini
 
Boris Johnson, il leader antirusso che ha un nome russo, Boris, e' noto per il suo culto di Churchill, per le sue iniziative ecologiste da Sindaco di Londra, per aver riportato l'insegnamento del latino nelle scuole pubbliche londinesi e per aver scritto un saggio sulla Roma antica. Eppure rischia di passare alla storia per la crisi economica, con inflazione alta, rischio di recessione, sfiducia degli elettori e consumatori verso l'establishment, oltre che per le gaffes che lo equivalgono spesso piu’a Filippo di Edinburgo, gaffeur per antonomasia, che a Churchill. La politica inglese ha due peculiarita' indiscusse: la eccentricita' di alcuni suoi protagonisti e leader, con relativi scandali, dal caso Profumo degli anni'60 a oggi e per la sua stabilita": Thatcher e Blair, Johnson stesso, con il suo regno politico di tre anni esatti, da capo dei Tories e da Premier.

Le sue esternazioni e le sue decisioni controcorrente, praticamente su tutto, hanno fatto il resto, connotando la epoca Johnson come un periodo in cui la Inghilterra si trova ad essere oggettivamente indebolita, con una sovrana che e' al tramonto a quasi cento anni, con una leadership ora assente e incerta, con una economia che risente di errori strategici politici, maturati nel tempo, a piu'riprese e da parte di vari governi. Eppure la Inghilterra resta Paese essenziale negli equilibri mondiali e internazionali, nonostante i passati fasti del Commonwealth che ha mancato la occasione per trasformarsi in una Unione Europea alternativa su scala globale, anche dopo la Brexit, e nonostante che dopo Merkel e Johnson l'occidente politico in generale si trovi piu'fragile, tanto piu' col Giappone, a sua volta, spiazzato dal delitto Shinzo Abe. La politica inglese, dopo Churchill appunto, ha visto emergere personalita' contrastanti e contrastate, e ne e'sintesi il trinomio Tatcher, Blair,Johnson, I governi maggiori e piu'stabili nei decenni recenti di OltreManica.
Meteore come Callaghan, Gordon Brown,Cameron, May, non hanno avuto lo stesso impatto storico e internazionale.

La Gran Bretagna ha dovuto e voluto fare troppi steps indietro in anni recenti, su Hong Kong, verso I Cinesi, poi sulla Brexit, un autogoal di cui Johnson ha indubbiamente molte responsabilita', pur se nato a New York e con origini complesse e multietniche e con una visione nativa del mondo evoluta rispetto al mondo isolationistico inglese di antan. La crisi del suo governo si imputa essenzialmente agli errori in tema di economia, ma ha forse motivazioni anche di politica internazionale. Si dice che Johnson abbia voluto occultare I suoi discutibili parties privati a Downing Street e altre faccende poco chiare e la incapacita' di gestire un sistema economico come quello inglese, puntando tutto sul bellicismo anti Putin.
Non condivido questa prospettiva perche'qualsiasi Premier, anche Labour, non avrebbe potuto esentarsi, in stile Chamberlain 1900, dal difendere la Ucraina o dal costruire alleanze inedite come quella tra GB, Polonia, Lituania e Ucraina. Quanto al polemos anglo russo, esso e' ben antecedente all'esordio dell'esecutivo Johnson e non si puo' riduzionisticamente limitare al guasconismo Johnsoniano. In conseguenza della crisi di governo e' lecito interrogarsi su cosa e come sara' la nuova Gran Bretagna futura. Con un nuovo Sovrano, a breve, con un nuovo governo, con potenziali nuove elezioni, con un rischio recessione e  fare I conti con il rodaggio della Brexit concreta e non formale che comincia a farsi sentire.
Se I Russi, rivali di antica data, trovano nella Cina e in India nuovi partners, la Inghilterra sembra costretta a tornare a restringere l'Oceano e ad appoggiarsi di nuovo sul suo mondo, vale a dire sul mondo anglosassone: USA, Canada, e appunto sul vario e complicato mondo dei Paesi del Commonwealth.

Si trova di fronte a nuove sfide per la sua sicurezza militare, divisa come e piu' dei “cousins"francesi, tra Nato e autonomia miltare di potenza nucleare e del Consiglio di Sicurezza ONU. Da ex Impero si trova a dover riscrivere il suo ruolo, incerta perfino nella scelta tra Monarchia ad oltranza e Repubblica, nel futuro. Ancora una volta si trova ad essere il Paese limes tra passato e futuro della Europa e del mondo occidentale. Quel che accade anche per la sua cultura, la sua ricerca scientifica e tecnologica, la sua stessa espressione linguistica, in un mondo che passa dall'inglese allo spagnolo, in molti contesti, come idioma piu'diffuso. Alcuni analisti politici tra cui Emmott si chiedono se questa di Johnson sia la sconfitta del populismo: non lo e' semplicemente perche'l'individualismo guascone di Johnson, cosi' come quello di Trump in Usa, rivelano piu' l'emergere di nuove categorie antropologiche e sociali della politica, costruite a specchio e marketing dell'elettorato, piuttosto che una banale indole populista tout court, accade anche sul versante progressista, con I New Labour, e I Laburisti Democrats in America, con gli Indignados e I Ciudadanos ispanici, con la ecologia progressista in Europa, per non parlare di M5S in Italia. Il fenomeno Johnson, nato quando Boris era Major di London dunque a tutti gli effetti, fa storia a se', e non va semplicisticamente classificato come un neo populismo, sia pure sui generis. Johnson ha voluto, in primis, identificarsi con la classe media in crisi inglese, proporsi come” The man in the street” per usare una nota forma idiomatica inglese, dare forma alla idea di un demos protagonista della Storia e del governo, con tutti i rischi e gli errori di percorso conseguenti. Ha creduto sinceramente, sia pure discutibilmente, di individuare nei vincoli europei e poi nel Leviatano di Mosca i nemici da combattere, pero' ha ignorato la lezione della Storia che richiede saggezza e realismo e non ammette passi falsi, neppure secondari.
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