Italia-Francia: da Parigi toni minacciosi, con tanti saluti al sogno di un'Europa solidale
- di: Diego Minuti
Forse non tutti l'hanno capito dalle parti dell'Eliseo, ma la messa in bella mostra del bellicismo francese - appena ribadito da Macron, che ha rivendicato il ruolo di potenza nucleare della Francia - nei confronti dell'Italia sulla gestione dei flussi di immigrazione irregolare sta rendendo un servizio di enorme grandezza al governo italiano che, al di là della fondatezza e dell'umanità delle scelte in questo campo, potrà ora mettersi sul petto la medaglia della difesa dell'onore della nazione, guadagnando ancora di più in termini di consenso. Lo ribadiamo, semmai non fosse chiaro: la complessità del problema porta in sé, uno stigma di irrisolvibilità, perché qualsiasi decisione viene presa è destinata a scontentare qualcuno o, come nel caso di Parigi, a scatenarne la reazione. Lasciamo da parte, quindi, il perché e il per come il governo Meloni abbia preso del sue decisioni, negando alle navi di ong di continuare ad arrivare nei porti italiani con la certezza che lì i migranti sarebbero stati accolti, anche se le motivazioni che li hanno spinti ad attraversare il mare non sempre sono quelle di sfuggire alla guerra (cosa che, se riconosciuta, farebbe scattare le condizioni per riconoscersi come rifugiati o richiedenti asilo), ma spesso di cercare un futuro economicamente migliore.
Stop della Francia ai rifugiati dall’Italia
Lasciamo agli esperti di flussi migratori, di sociologia, di climatologia e persino di storia di dire la loro. Quello che però è inequivocabile è che il governo di Parigi non solo condanna le scelte del nostro governo (e sin qui ci può anche stare), quanto cerca di porre il confronto con Roma sul piano muscolare, minacciando rappresaglie contro l'esecutivo Meloni e chiamando alla sacra alleanza versus palazzo Chigi anche il resto dei Paesi Ue. Pensiamo che mai, nell'era moderna (cioè dal dopoguerra), i rapporti tra Francia e Italia abbiano raggiunto la tensione delle ultime ore, anche nel linguaggio che il ministro francese dell'Interno Gérald Darmanin sta usando e che mostra, palesemente, il disprezzo vero il nostro Paese. Perché, diciamola tutta, parole come quelle usate da Darmanin non solo fanno a pezzi il galateo della democrazia, ma spingono a pensare che dietro la faccenda degli immigrati ci siano ben altre motivazioni. Quando l'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini diede una svolta ''repressiva'' alla politica dell'Italia sull'immigrazione ci furono prese di posizioni internazionali, ma non si giunse certo ai toni di Darmanin. Che ha definito quella italiana ''una scelta incomprensibile'' e ''inaccettabile'', con una ''mancanza di umanità a professionalità''. Come quella, verrebbe da dire, che usano i gendarmi francesi alla frontiera, che non esitarono qualche anno fa a violare ogni regola, come quando, nel 2018, caricarono degli immigrati pescati nel loro territorio per scaricarli oltre confine. E non sono illazioni o cose apprese di terza mano, perché ci fu anche un video a testimoniare la mancanza di ''umanità e professionalità'' che oggi viene affibbiata all'Italia.
Ora i rapporti sono necessariamente tesi e stona, in tutto questo, il silenzio di Emmanuel Macron che sembra non volere esprimere quel che pensa perché la decisione di accogliere a Tolosa la Ocean Viking gli serve sul fronte domestico, perché mostra alla sinistra francese il senso umanitario e alla destra, con la voce grossa fatta verso l'Italia, di essere uno strenuo difensore dei confini nazionali. Gérald Darmanin, bloccando la ricollocazione di oltre tremila immigrati in Francia e sollecitando la Germania a fare altrettanto, nell'ambito comunitario, darà fiato a chi guardava e guarda oggi a maggior ragione all'Europa comunitaria come un terreno dove c'è qualcuno che vuole dettare le regole, soprattutto agli altri. Ma la Francia che grida alla disumanità italiana sino ad oggi ha ricollocato quest'anno appena 38 persone, mentre sulle nostre coste ne sono arrivati novantamila. Che fine ha fatto il principio di sussidiarietà, ci sarebbe da chiede a Darmanin? Perché fare leva sul contributo che arriva all'Italia dall'Europa per l'accoglienza è poca cosa se si mette a confronto con il fatto che, non aprendo gli altri Paesi Ue le loro porte, gli immigrati restano da noi, perché non possono andare dove vorrebbero.