Granelli: “Per fotovoltaico nelle imprese un potenziale di crescita da sfruttare con risorse del Pnrr”

 
L’estate del 2023 si è caratterizzata per una crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili, grazie ad un maggiore spunto di idrico e eolico e una apprezzabile crescita del fotovoltaico (FV).

Pur a fronte di una crescita della produzione di energia solare a doppia cifra in estate (+12,0% a luglio e +19,8% ad agosto), il confronto internazionale proposto questa settimana dell’Ufficio Studi per QE-Quotidiano Energia ed elaborato su dati dell’IEA (International Energy Agency, Agenzia Internazionale dell’Energia dell’Ocse) evidenzia, soprattutto nel lungo periodo, un più basso profilo dell’Italia nello sviluppo del fotovoltaico. Nel primo semestre del 2023 la produzione di energia solare in Italia è salita del 4,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ampiamente inferiore al +12,3% della media Ocse e al +13,3% della media dei 27 paesi dell’Unione europea. Nel lungo periodo l’Italia conferma il minore dinamismo: tra il 2019 e il 2023 (ultimi dodici mesi a giugno) la crescita della produzione è del 77,0% nei 27 Paesi dell’Ue; nel dettaglio la produzione solare cumula un aumento del 160,0% in Spagna, del 77,5% in Francia, del 32,7% in Germania ma si ferma al +18,7% in Italia.  A seguito di questo trend l’Italia, che era al 6° posto nel 2019 per produzione di energia elettrica da fotovoltaico, nel 2023 perde quattro posizioni, scivolando al 10° posto: nel 2020 viene superata dall’Australia, nel 2021 dalla Spagna e nel 2022 dalla Corea del Sud e dal Brasile.

In chiave territoriale nel triennio 2019-2022, tra le maggiori regioni con almeno 1 TWh di produzione, hanno fatto meglio della media nazionale la Sardegna con un aumento cumulato del +36,7% della produzione da FV nel triennio in esame, il Veneto con +27,0%, la Lombardia con +26,5%, il Lazio con +23,0% e la Campania con +20,1%.

Con il potenziale di crescita del FV nelle imprese, Italia sale di 3 posizioni – A fronte di prezzi dell’elettricità per un’impresa italiana che sono superiori del 57,0% alla media Ue, lo sviluppo degli impianti di autoproduzione sostiene la competitività imprese e sviluppa le rinnovabili senza consumo di suolo. Da una nostra analisi controfattuale applicata alla produzione di energia elettrica da FV nelle imprese nel 2022, emerge che se ciascuna regione si allineasse alla migliore della propria ripartizione per rapporto tra potenza installata di impianti fotovoltaici nelle imprese e relativi addetti, si genererebbe un aumento di produzione pari ad oltre 7 TWh, consentendo all’Italia, sempre nel 2022 e in via teorica, di tornare davanti a Spagna, Brasile e Corea del Sud, riprendendo il 7° posto nel ranking internazionale.

“Pensare al futuro delle imprese e del Paese – sottolinea il Presidente di Confartigianato Marco Granelli – significa anche realizzare la transizione green. Un obiettivo, questo, che deve coinvolgere il nuovo capitolo del RePowerEU, fondamentale per rispondere alle turbolenze del mercato energetico mondiale, accelerando la diffusione delle energie rinnovabili e, più in generale, accompagnando la transizione energetica che anticipa al 2027 i target già fissati al 2030.
Un tema quest’ultimo che, secondo Confartigianato, potrebbe essere utilmente affrontato sfruttando l’enorme potenziale rappresentato dalle micro e piccole imprese, favorendo gli investimenti in piccoli impianti per l’autoproduzione dell’energia da fonti rinnovabili”.

Sul piano delle politiche pubbliche, va nella direzione giusta la recente riprogrammazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con l’inserimento di REPowerEU, nel quale il capitolo Transizione verde – Settore produttivo, finanziato con 6,2 miliardi di euro, include 1,5 miliardi per il credito di imposta a sostegno degli investimenti in impianti di autoproduzione di energia da fonti rinnovabili nelle imprese. Si conferma, anche nello sviluppo dell’energia green, la rilevanza strategica del PNRR che, in un contesto di politica fiscale ‘prudente’ e del caro-tassi che sta spiazzando i processi di investimento delle imprese, rimane l’asse di intervento pubblico in grado di sostenere la crescita ed evitare di scivolare in recessione.
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