Salute: il CBD nella tabella degli stupefacenti, il plauso di Pignataro
- di: Francesco Di Stefano
Il Ministero della Salute, con un decreto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, ha revocato la sospensione del decreto del primo ottobre 2020, che inseriva le “composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo (cbd) ottenuto da estratti di cannabis” nella tabella dei medicinali allegata al testo unico sugli stupefacenti. Il CBD resta comunque un medicinale a tutti gli effetti, e quindi si potrà acquistare in farmacia, ma solo su prescrizione medica e per determinate patologie.
Tre anni fa, quando alla guida del Ministero della Salute c'era Roberto Speranza, il decreto, emanato il primo ottobre, era stato sospeso a distanza di 27 giorni, dopo che la sua adozione aveva causato molte proteste. Dopo la decisione del Ministero guidato da Orazio Scillaci, sarà esecutivo il 20 settembre. Ora, secondo alcuni commenti, quando il decreto diverrà effettivo, l'Italia sarà il solo Paese europeo che considera il CBD (e quindi le sue preparazioni ad uso orale) come uno stupefacente. La decisione del governo determina quindi una situazione complessa, soprattutto dopo che la Corte di giustizia europea ha stabilito che il cannabidiolo prodotto in uno Stato membro europeo deve poter circolare anche negli altri e che quindi i prodotti a base di CBD non devono essere considerati come stupefacenti. Per l'Italia, comunque, la fattispecie appare diversa, dal momento che nel decreto si parla di “composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo” che vengono inserite nella tabella dei medicinali stupefacenti.
Cosa potrà accadere ora in Italia, dove i ''canapa shop'', erboristerie e tabaccai viene venduto l’olio di CBD come prodotto ad uso tecnico?
Una delle ipotesi che sono state fatte in queste ore è che il governo, oltre a quella al CBD medicinale, introduca delle soglie in modo tale da rendere autorizzata la vendita come integratore (in Francia c'è una normativa di questo tipo). ''Quel che è certo - dice l'Aduc - è che se il governo avesse voluto che altri oli potessero circolare in Italia, sarebbe bastato inserire delle soglie nel decreto e specificare che, ad esempio, sotto al 10% di concentrazione l'olio possa essere considerato come un integratore, e sopra, come un farmaco. Cosa che non è stata fatta e probabilmente non a caso. Se le cose rimarranno così spariranno dunque gli oli di CBD in libera vendita, a meno che non siano preparati con CBD sintetico, che non rientra nel provvedimento. Non solo: in teoria anche gli oli ad uso cosmetico - in questo caso, sempre in teoria, anche naturali - dovrebbero poter essere venduti senza problemi, perché il decreto riguarda solo le preparazioni ad uso orale''.
Resta, oggi, comunque aperto il tema della cannabis light, che contiene alte percentuali del CBD.
La decisione del ministro Schillaci è stata accolta con soddisfazione da Antonio Pignataro (nella foto), da sempre in prima linea, da funzionario di polizia sino a quando è stato nominato questore, nell'azione di contrasto alle sostanze stupefacenti e alla loro diffusione. Pignataro (che da gennaio, con il collocamento fuori ruolo presso la presidenza del Consiglio, ha avuto conferito da Giorgia Meloni l'incarico di ''esperto nell'ambito del Dipartimento delle politiche antidroga'') in un recente intervento ha ribadito che ''dove la cannabis è stata liberalizzata, gli effetti non sono stati sperati. Credo - ha aggiunto - che sia un atto criminale sponsorizzare e pubblicizzare queste sostanze come se fossero innocue. Il problema è reale ed è necessaria una rivoluzione da parte di tutti noi, non voltando la faccia dall'altra parte, ma facendo scelte di capo per dovere e soprattutto per moralità''. ''La mia battaglia - commenta oggi Pignataro -, fatta con perseveranza e con tanta sofferenza, non è stata vana. Con questo risultato possiamo salvare la vita di tanti ragazzi e tutelare la loro salute''.