Caso Oberleiter: la grazia non cancella il dolore provocato dai terroristi altoatesini
- di: Redazione
La notizia che il presidente della repubblica, Sergio Mattarella, tra gli ultimi suoi sette decreti di clemenza individuale (sostanzialmente, una grazia), ne ha riservato uno anche per Sebastian Heinrich Oberleiter, ha lasciato indifferente a maggior parte degli italiani, anche perché gli atti di cui si rese protagonista - tanto da fargli meritare una condanna all'ergastolo, di cui non ha scontato nemmeno un giorno - risalgono al biennio 1966-1967 quando l'Alto Adige fu scosso da una serie di attentati terroristici da parte di gruppi armati che reclamavano il passaggio all'Austria.
Un provvedimento che raggiunge un personaggio controverso e già questo dovrebbe giustificare qualche interrogativo sull'atto di clemenza, motivato per avere ''espresso ripudio della violenza e forte rammarico per le vittime di tutti gli attentati di quel periodo e per il dolore arrecato alle loro famiglie'' ed anche in considerazione ''della sua età, del parere favorevole del procuratore generale competente e del perdono concesso dalle due persone offese''.
Ma, soprattutto, ''per la condizione di generale concordia da tanto tempo raggiuta a distanza da quella stagione''.
Motivazioni assolutamente inattaccabili, che tengono conto di più d'un aspetto di questa vicenda, che segnò una stagione dolorosa per l'Italia, sia per l'attacco alla sua integrità territoriale e come nazione, che per il fatto che il dissenso ''politico'' si affidò al rumore delle armi, nella consapevolezza che esse avrebbero messo a rischio vite di innocenti, per come in effetti fu.
Chiudere con quel passato, come ha fatto il presidente Mattarella, era forse un passaggio obbligato, perché non lo si intende cancellare, quanto restituirlo ad una Storia che, dopo più di 50 anni, deve essere studiata e non presa a pretesto per rivendicazioni che necessariamente poggiano su ricordi dolorosi.
Ma, con il massimo rispetto per il presidente Mattarella e i ragionamenti e le considerazioni messi a base dell'atto di clemenza, la decisione che riguarda Oberleiter merita qualche riflessione che non può prescindere dal fatto che il ricorso alla protesta armata - promossa dal terrorista (chiamiamolo per quello che era) e da altri tre suoi compagni che furono etichettati da chi li guardava con simpatia come ''i quattro bravi ragazzi della valle Aurina'' - fu presa nella consapevolezza che essa avrebbe toccato un punto di non ritorno nella violenza.
Ma per molti degli altoatesini di quegli anni quei terroristi restavano dei ''bravi ragazzi''. Tanto bravi da avere costellato di attentati e sangue le valli di Tures e Pusteria, oltre alla stessa Aurina.
Il processo di secondo grado per quei fatti si concluse con molte condanne, le più pesanti delle quali - il carcere a vita - emesse per Oberleiter e i suoi sodali, Siegfried Steger, Heinrich Oberlechner e Sepp Forer, accomunati oltre che dalle idee anche dal fatto di avere scansato la reclusione. Già, perché ottennero benevola accoglienza in Austria, da sempre sin troppo accondiscendente verso chi cercava di portare nel suo grembo un pezzo d'Italia a colpi di bombe ed agguati.
I decenni che sono passati hanno certo lenito le ferite che i ''bravi ragazzi' inflissero al Paese, ma solo per effetto del tempo, non certo come conseguenza di un ravvedimento degno di tale nome. Perché Oberleiter e gli altri si sono ''limitati'' alla generica condanna della violenza, senza dare un segno di convinto pentimento.
Coccolati da un Paese straniero, che mai come nel caso dell'Alto Adige (o Sud Tirolo, come lo chiamano anche loro, in spregio all'unitarietà dell'Italia) ha saputo muoversi tra ambiguità e doppiopesismo, i ''bravi ragazzi della valle Aurina'' hanno continuato a fare il loro mestiere, sostituendo le parole ai proiettili, anche se gli anni ora pesano, insieme agli inciampi di salute.
Certo ha fatto bene Mattarella a chiudere, si spera definitivamente, quel capitolo della Storia d'Italia, ma bisognerebbe che altrettanto facessero quelle sparute minoranze che, aggrappandosi ad un passato che nessuno vuole cancellare, coltivano il sogno di un Alto Adige finalmente austriaco, con tanti saluti alla sostanza dell'accordo De Gasperi-Gruber che tutelava la minoranza di lingua tedesca.
La Storia non si fa con le parate folkloristiche, ma di essa bisogna sempre tenere il ricordo.
Così ci permettiamo di dire che età e salute non cancellano fatti sanguinosi. Gli eventi che determinarono la condanna di Sebastian Heinrich Oberleiter sono certamente lontani e di essa c'è traccia solo nel dolore di chi ne fu vittima (come due carabinieri uccisi in un'imboscata davanti alla loro caserma) e dei familiari che oggi hanno forse concesso il perdono, ma che non possono dimenticare.