Autonomia differenziata, per Conflavoro vale oltre 75 miliardi

 
“Le maggiori competenze e responsabilità permesse dall’autonomia differenziata porteranno a un aumento del Pil nazionale di oltre 75 miliardi”. Lo afferma Sandro Susini, consulente del lavoro e direttore del Centro Studi di Conflavoro PMI, che ha elaborato le prime stime sugli effetti della riforma nelle ore in cui la legge veniva pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

“In base al nostro studio, una corretta autonomia differenziata ha il potenziale di aumentare nel medio-lungo termine il Pil italiano del 3,5% rispetto al 2023 per un valore, appunto, di oltre 75 miliardi. Ovviamente – evidenzia Susini – non tutte le regioni italiane avranno il medesimo sviluppo”.

Secondo il direttore del Centro Studi, “Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, grazie alla loro forte economia e alle infrastrutture avanzate, potranno trarre il massimo dei benefici arrivando a sfiorare un incremento del PIL attuale di quasi il 4,5%. Altre regioni, invece, come il Lazio e la Toscana, potrebbero vedere benefici attorno al 3%, mentre le regioni meno sviluppate, come la Campania e la Puglia, potrebbero trarre vantaggi significativi ma richiedono un maggiore supporto per superare le sfide amministrative e infrastrutturali”.

I settori più coinvolti nell’autonomia differenziata

Come spiega il direttore del Centro Studi di Conflavoro, in linea generale infrastrutture e trasporti attrarranno la maggior parte delle risorse economiche (30-33%), poi la sanità (23-27%) e, a seguire, istruzione e formazione (15-18%).

“Con l’autonomia differenziata tutti i territori potranno adattare le politiche pubbliche alle proprie specifiche esigenze, migliorando così l’efficienza e l’efficacia dell’amministrazione locale. Il successo di questa riforma dipenderà però sia dalla capacità delle regioni di gestire efficacemente le nuove competenze e risorse, sia dalla capacità del governo centrale di coordinare e supportare questo processo. L’obiettivo ultimo – conclude Sandro Susini – deve essere quello di migliorare la qualità dei servizi pubblici, riducendo le disparità territoriali e creando un ambiente più favorevole agli investimenti”.

 
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