Alzheimer, urgono risposte e soluzioni
- di: Barbara Leone
Sono seicentomila le persone che in Italia soffrono di Alzheimer. Una malattia crudele, forse psicologicamente la più crudele in assoluto. Perché spazza via tutto, tracciando una linea mortale sullo sguardo di chi ne soffre. Giorno dopo giorno gli spappola il cervello, mentre a chi è accanto si spappola il cuore, Non tanto, e non solo, perché non sanno più lavarsi, vestirsi o usare una forchetta. Ma perché quando chiedono “chi sei” anche tu, insieme a loro, per un lunghissimo attimo non esisti più. E perché è una malattia che ruba la cosa più preziosa: i ricordi, che per una persona anziana peraltro sono tutto. A loro si aggrappano disperatamente negli infiniti pomeriggi d’inverno, quando tra una bestemmia e un’Ave Maria si ritrovano intrappolati in un corpo che cede sempre di più. Un corpo alieno, quando la mente è presente e lucida.
E allora che fanno i vecchi? Succhiano fili d’aria a un vento di ricordi, recita quella che più che una canzone è una disperata preghiera. E’ questa la più insopportabile brutalità del morbo di Alzheimer: trafuga l’anima, annichilisce, annienta, azzera una vita intera e la riduce a nulla. Buio totale. A tutto questo s’aggiunge la solitudine alla quale sono condannate le famiglie. Perché per quasi tutta la durata di questo calvario i malati sono curati a casa. Con tutte le conseguenze del caso. Che sono devastanti, a livello psicologico ma anche pratico. L’onere dell’assistenza spetta soprattutto alle donne, costrette a sforzi immani per conciliare vita, lavoro ed assistenza al malato e facendosi oltretutto carico di gran parte dei quindici miliardi di costi della malattia. Si, perché secondo una recente ricerca realizzata da Aima (Associazione Italiana Malattia di Alzheimer) e Censis il costo medio annuo stimato per ogni paziente è di oltre 70.587 euro. Suddiviso tra costi diretti (ovvero assistenza informale, badanti, accesso ai servizi socio sanitari e altro), che pesano complessivamente per il 26,80%, e costi indiretti (valorizzazione lavoro caregivers, mancati redditi), che pesano addirittura per il 73,20%.
Costi che solo in piccola parte sono a carico del SSN, pesando invece per la stragrande maggioranza solo sulle famiglie, con un esborso annuo medio sostenuto da una famiglia con paziente con Alzheimer di 68.171 euro. Che comprende non solo le uscite monetarie, ma anche il lavoro prestato senza compenso da parenti e amici, e i correlati mancati guadagni degli stessi caregivers o dei pazienti. Un dato a dir poco anomalo per un sistema socio sanitario che si professa universalistico. Ciò vuol dire che manca completamente, o quasi, una strategia nazionale che consenta di affrontare la malattia. Questo nonostante l’Italia sia stato uno dei primi Paesi europei ad avere un Piano nazionale sulle demenze. Ricevendo, però, i fondi solo nel 2021. Fondi che sono stati ripartiti anche tra le Regioni, ove però sussistono enormi disparità per quanto riguarda i servizi offerti. Il risultato è che i malati di Alzheimer e le loro famiglie sono, ad oggi, quasi del tutto ignorati. Per non dire abbandonati. Ecco perché ci cadono letteralmente le braccia quando cercando nei programmi di chi si candida a guidare il Paese non c’è una riga, una che sia una, sulla necessità di cambiare il sistema di presa in carico dei malati di Alzheimer. Nulla, non c’è nulla al riguardo, da destra a sinistra al centro e manco nei più piccoli e baldanzosi partitini che sbraitano sulla qualunque.
Chissà se oggi, Giornata mondiale dell’Alzheimer, qualcuno dal mondo politico ha anche solo per un attimo pensato che forse sarebbe il caso di svegliarsi da quest’insopportabile ed inguaribile torpore. Senza promesse, che quelle elettorali lasciano davvero il tempo che trovano. Ma prendendo una volta per tutte qualche impegno concreto. Da trasformare, ovviamente, in celere realtà. Perché non c’è più tempo: lo scenario è fisiologicamente destinato ad aggravarsi. Siamo un Paese sempre più vecchio, e i figli di oggi molto probabilmente non avranno una pensione garantita. Senza contare che la nostra struttura sociale è molto cambiata rispetto a qualche decennio fa, quando si facevano tre o quattro figli a fronte dei due, quando tutto va bene, di oggi. Come faranno le famiglie di domani a reggere l’urto di un’emergenza continua senza una politica che sappia prevenire e contrastare il suo impatto con interventi tempestivi e mirati? E come faranno i figli a gestire il carico di un genitore malato di Alzheimer, o anche più semplicemente con deficit cognitivo, senza più contare su quella condivisione tra fratelli che per decenni ha in gran parte retto il sistema? Urgono risposte e soluzioni, ma soprattutto smetterla di girarsi dall’altra parte. Perché sapete come si dice… oggi a me, domani a te.