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2025 d’oro per mercati e metalli, ma l’IA alza la posta

- di: Matteo Borrelli
 
2025 d’oro per mercati e metalli, ma l’IA alza la posta
2025 d’oro per mercati e metalli, ma l’IA alza la posta

Milano chiude in sprint, lo spread scivola ai minimi dal 2009 e i metalli fanno fuochi d’artificio. Ma il 2026 potrebbe chiedere il conto: l’Intelligenza artificiale concentra aspettative (e paure), mentre le cripto smettono di correre.

Il 2025 dei mercati ha avuto la trama dei film “impossibili”: tanti colpi di scena, un ritmo spesso isterico e un finale (per ora) da applausi. Azioni in rialzo, metalli preziosi in estasi, materie prime industriali di nuovo protagoniste. E l’Italia? Non più comparsa: Piazza Affari archivia un anno da prima pagina, con un contorno che fino a poco tempo fa sembrava fantascienza — spread in picchiata e clima finanziario sorprendentemente tonico.

L’Italia in versione “sorpasso”: Milano corre e lo spread si sgonfia

Il segnale simbolico arriva dal termometro che per oltre un decennio ha condizionato umori, titoli e talk show: il differenziale tra Btp e Bund. A metà dicembre lo spread è sceso fino a 66 punti base, un livello che non si vedeva dal 2009. La fotografia, con rendimento del decennale italiano nell’area del 3,5%, è stata raccontata dalla stampa economica italiana nelle giornate del 16-17 dicembre 2025.

Sullo schermo azionario, il dato che fa rumore è la performance: l’indice FTSE MIB risulta in progresso di circa +32% su base annua secondo le serie storiche e le pagine di mercato aggiornate al 23 dicembre 2025. Dentro l’indice, la stagione 2025 ha premiato soprattutto i titoli agganciati a difesa, infrastrutture e finanza, in un contesto europeo dove la rotazione settoriale non ha risparmiato nessuno.

Il vero show lo mettono i metalli: oro oltre 4.500 e argento in trance

Se le Borse hanno sorriso, i metalli hanno fatto scintille. Tra il 23 e il 24 dicembre 2025 l’oro ha superato per la prima volta la soglia dei 4.500 dollari l’oncia, con nuovi massimi intraday riportati dalle agenzie internazionali. Reuters descrive una miscela esplosiva: domanda “bene rifugio”, aspettative di tagli dei tassi nel 2026, acquisti delle banche centrali e una vena speculativa che si riaccende quando la geopolitica alza la voce.

Nello stesso racconto, l’argento non fa da spalla: tocca livelli record (Reuters segnala area oltre 72 dollari l’oncia il 24 dicembre 2025) e chiude l’anno con un progresso percentuale persino più aggressivo dell’oro, alimentato dall’incrocio tra investimento e uso industriale. Reuters, nella giornata di oggi, 24 dicembre 2025, parla di un 2025 in cui oro oltre +70% e argento oltre +150% sintetizzano una “frenesia” dei metalli preziosi. È un dato che racconta anche una scelta psicologica: quando l’incertezza resta sul tavolo, l’istinto compra ciò che luccica.

E non finisce qui: sempre nel pezzo Reuters di oggi 24 dicembre 2025 entrano in scena anche platino e palladio, con movimenti rilevanti tra stretta dell’offerta e rotazioni di portafoglio. Tradotto: nel 2025 non è esploso “un” mercato, è esploso un intero scaffale.

Rame, il ritorno del metallo “economico”: record oltre 12.000

Mentre i preziosi dominano la conversazione, il 2025 ha restituito centralità anche al rame: il metallo che racconta l’economia reale più di mille comunicati. Tra fine dicembre e le ultime sedute, le quotazioni hanno segnato nuovi picchi in area 12.000 dollari a tonnellata (The Times, 22 dicembre 2025; Investing.com, 24 dicembre 2025). Le spiegazioni ricorrenti nelle cronache finanziarie sono due: problemi dal lato dell’offerta (interruzioni e colli di bottiglia estrattivi) e l’effetto delle politiche commerciali statunitensi, con l’ombra dei dazi che altera flussi e scorte. Anche il Financial Times, nel bilancio di fine anno, inserisce la partita dei dazi tra gli ingredienti che hanno polarizzato vincitori e vinti del 2025.

In altre parole, il rame ha fatto quello che spesso fa: ha anticipato la storia. E la storia che sta scrivendo riguarda reti elettriche, difesa, reshoring industriale e transizione energetica — cioè la domanda “di struttura”, quella che non si spegne con un tweet.

Difesa, la locomotiva europea: Rheinmetall e Leonardo in prima fila

Se c’è un settore che nel 2025 ha avuto vento quasi costante, è la difesa. In Europa la spinta arriva da budget più alti e programmi di riarmo in risposta a un quadro di sicurezza che resta instabile. Nel bilancio di fine anno, il Financial Times segnala tra i vincitori proprio i contractor europei, citando Rheinmetall in area +151% nel 2025 (Financial Times, 22 dicembre 2025). Reuters, nelle giornate del 17-18 dicembre 2025, racconta anche la strategia industriale del gruppo tedesco: focus crescente sul core militare e nuove iniziative (dalla riorganizzazione alle partnership) nel contesto di un ciclo di domanda molto sostenuto.

In Italia, Leonardo vive una stagione analoga: i dati di mercato mostrano una performance annua intorno a +93% nelle pagine titolo aggiornate a dicembre (Borsa Italiana, dati consultati a dicembre 2025). E sul fronte industriale, l’azienda ha comunicato nei report periodici un rafforzamento dei numeri nei primi nove mesi (documentazione societaria e riprese di stampa specializzata di inizio novembre 2025).

Intelligenza artificiale: il motore (e la miccia) dei listini

Il 2025, però, ha una parola che fa da calamita: IA. È la narrativa che spinge gli investitori a pagare multipli più alti, ma anche quella che rende i mercati più nervosi. Lo spiega in modo diretto Tom O’Hara, investment director European Equities di GAM: secondo la sua lettura, il 2025 è stato uno degli anni più “scattosi” degli ultimi quindici, misurando le oscillazioni dei prezzi azionari nei giorni dei risultati; e il rischio più serio è che un’eventuale correzione dell’ecosistema IA possa innescare un contraccolpo ampio, intaccando anche l’“effetto ricchezza” che sostiene il sentiment negli Stati Uniti.

Il simbolo del ciclo resta Nvidia. A fine ottobre la società ha toccato un traguardo storico, diventando la prima a raggiungere una capitalizzazione di 5.000 miliardi di dollari, secondo ricostruzioni di stampa finanziaria internazionale e italiana (Forbes). È un numero che affascina e spaventa: affascina perché racconta la potenza di un trend, spaventa perché concentra aspettative enormi in pochissimi nomi.

Non è un timore isolato: nel dibattito di fine anno compaiono anche avvertimenti “istituzionali” sul rischio bolla legato alle valutazioni tech e alla concentrazione dei listini (The Times, in un articolo che riprende valutazioni di autorità britanniche, ottobre 2025; e analisi di mercato su media internazionali a novembre-dicembre 2025). Tradotto: nel 2026 potrebbe bastare una delusione — sui margini, sui tempi di monetizzazione, sui costi energetici dell’IA — per trasformare l’entusiasmo in prudenza.

Criptovalute: dal sogno alla pausa, con un Natale meno scintillante

Il contrasto narrativo dell’anno è quasi perfetto: mentre l’oro si prende la scena, le cripto rallentano. Reuters descrive un 2025 da “montagne russe” per il Bitcoin, con una traiettoria che rischia di chiudere l’anno in calo e con investitori più guardinghi dopo gli scossoni autunnali. Anche le cronache finanziarie di fine dicembre raccontano un mercato meno euforico, con prese di profitto e rotazioni verso asset percepiti come più difensivi.

Il punto non è decretare vincitori morali, ma leggere il flusso: nel 2025 una parte di portafogli ha preferito la “fisicità” del bene rifugio e la forza del cashflow (difesa, industria, infrastrutture) alla scommessa pura. E quando l’appetito per il rischio si spegne di un paio di tacche, le cripto lo sentono prima di molti altri.

Che cosa può cambiare nel 2026: tre variabili da tenere accese

Il 2025 si chiude con un paradosso: tutto è andato molto bene, e proprio per questo il 2026 rischia di essere più complicato. Tre variabili sembrano decisive.

1) Tassi e dollaro. Se nel 2026 arriveranno davvero tagli dei tassi negli Stati Uniti, come molti operatori scontano, i metalli potrebbero restare sostenuti; ma un cambio di rotta improvviso può invertire il vento.

2) Dazi e catene di fornitura. Le politiche commerciali e tariffarie influenzano materie prime e industria più di quanto sembri: rame e settori ciclici sono i primi a reagire.

3) La concentrazione sull’IA. Il tema non è “se” l’IA resterà centrale, ma a che prezzo. Con valutazioni elevate e aspettative gigantesche, la volatilità può tornare protagonista — esattamente come osservato da GAM nelle analisi di fine 2025.

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