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Google evita lo smembramento, ma i dati vanno condivisi

- di: Jole Rosati
 
Google evita lo smembramento, ma i dati vanno condivisi
Google evita lo smembramento: dovrà condividere i dati
Un colpo al DOJ e una boccata d’ossigeno per la Silicon Valley — ma l’era dell’egemonia assoluta potrebbe già avviarsi a un tramonto.

Un sospiro di sollievo… con qualche vincolo

Il 2 settembre 2025, il giudice federale Amit P. Mehta ha respinto la richiesta di smembramento del Dipartimento di Giustizia nei confronti di Google: niente vendita di Chrome o Android e nessuno “spezzatino” della galassia di Mountain View. Per il gruppo è un esito favorevole, ma non un lasciapassare.

Obblighi che cambiano il gioco

Il dispositivo introduce due cardini destinati a incidere sull’assetto competitivo: stop agli accordi esclusivi che garantivano a Google la posizione di motore di ricerca di default sui principali dispositivi e, soprattutto, condivisione di dati essenziali con i concorrenti. È il cuore del rimedio: dare accesso a informazioni finora presidiate in modo proprietario per ridurre le barriere all’ingresso.

La spinta della generative Ai

La moderazione della sanzione riflette un contesto in rapida evoluzione: la generative AI ha già eroso abitudini consolidate di ricerca e scoperta dei contenuti. Tra chatbot conversazionali, risposte sintetiche e nuove interfacce, il perimetro del “mercato della ricerca” si sta ridefinendo, fattore che il tribunale ha considerato nel calibrare i rimedi.

La reazione dei mercati

La Borsa ha premiato la riduzione del rischio regolatorio: Alphabet è balzata nell’immediato, supportata dall’idea che l’azienda potrà mantenere l’integrazione tra piattaforme e pubblicità, pur dentro paletti più stringenti. Anche l’ecosistema dei partner guarda con favore a uno scenario meno punitivo del previsto.

Un colpo alla linea dura di Washington

Per il governo federale, l’esito rappresenta un arretramento della strategia più drastica nei confronti delle big tech. La linea “strutturale” — separazioni e cessioni — cede il passo a rimedi comportamentali che puntano a rimuovere le clausole più distorsive e a diffondere i dati necessari perché la concorrenza possa attecchire.

Un precedente nell’era post-Microsoft

La decisione segna il più rilevante capitolo antitrust dell’era internet dopo il caso Microsoft. Google potrà fare ricorso, e il contenzioso potrebbe proseguire a lungo. Ma il solco è tracciato: in assenza di rimedi strutturali, l’accento si sposta sulla neutralità dell’accesso e sulla riduzione della dipendenza da patti di default.

Il quadro

  • Nessuna vendita di Chrome o Android.
  • Stop agli accordi esclusivi sui motori di ricerca predefiniti.
  • Condivisione di dati essenziali con i rivali.
  • Mercati in rialzo grazie a un rischio regolatorio attenuato.
  • Partita legale aperta, ma con un precedente che orienta i casi futuri. 
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