Natale: il presepe di san Pietro come la corazzata Potemkin

- di: Diego Minuti
 
Il ragioniere Ugo Fantozzi è uscito di circolazione da anni, insieme al suo creatore, Paolo Villaggio. Immaginate solo cosa avrebbe detto Fantozzi se, magari avendo accanto la signora Pina e la figlia (figlia?), Mariangela, passeggiando per le strade di Roma, fosse finito a san Pietro. Seguendo la folla, a dire il vero un po' scarsina, il mitico ragioniere si sarebbe poi trovato davanti al presepe che dai primi giorni di dicembre fa bella mostra di sé.

Di certo, dopo avere guardato e riguardato l'insieme dell'installazione presepiale, avrebbe commentato, con l'equilibrio e l'eleganza conseguenze di una vita di frustrazione: "Per me, è una cagata pazzesca". Certo, per ingigantire l'effetto Potemkin, accanto a Fantozzi ci sarebbe dovuto essere - a fargli da claque - il geometra Filini, ma di sicuro qualcuno tra gli astanti avrebbe applaudito.
E già, perché il presepe di quest'anno su una cosa ha messo tutti d'accordo: fa discutere.

Non certo per la sua finalità, ricreare le atmosfere della capanna di Betlemme, quanto per come è stato concepito, per avere cercato di attirare l'attenzione (e forse il consenso) di chi l'osserva e che, ammettiamolo, deve avere oltre che la Fede anche tanta fantasia. Perché riconoscere san Giuseppe e la Madonna in quelle due figure cilindriche è difficile e comunque complicato perché bisogna mettersi in testa che questo presepe, prima che una manifestazione di devozione popolare, è un'opera d'arte. Che con la religione e la tradizione, almeno per l'edizione di quest'anno, ha poco da spartire. E ancora non ha fatto la sua apparizione la statua di Gesù bambino, di cui ci sono già immagini che rimandano a "qualcosa" di tozzo, con tanto di zazzera bionda e riccioluta.
Ci potrebbero essere molti modi di guardare a questo presepe (allestito dagli artigiani di Castelli, piccolo centro del teramano) e, tanto per citare uno che di solito ci fa giù pesante, Vittorio Sgarbi l'ha fatto a modo suo.

"I personaggi"
- ha detto il critico d'arte e parlamentare - "sembrano degli astronauti. Persino le pecore, il bue e l’asinello sono irriconoscibili. Con che faccia li avrà osservati, il Papa? Forse non ne sapeva nulla. Ma non saperne nulla non giustifica questa oscenità. Non giustifica l’umiliazione del cattolicesimo".

Sgarbi non ama le mezze misure ed è tanto che non abbia apostrofato gli artigiani di Castelli con qualcuna delle sue definizione zoologiche, ma la sostanza non cambia.
Forse, quando si decide, anno dopo anno, che aspetto debba avere il presepe forse non bisognerebbe dimenticare anche il luogo in cui viene esposto. E forse la grande piazza, a san Pietro, non è certo abituata ad ospitare "esperimenti" di arte figurativa. Capiamoci, questo presepe ha un suo fascino, una sua validità, ma piazzarlo lì dove oggi si trova non tiene conto che di quel che la gente si aspetta di vedere.

San Pietro non è un luogo d'arte (è "anche" un luogo d'arte), ma è soprattutto un luogo di fede. E in quest'ottica dovrebbe essere pensato. Non è un discorso oscurantista, anche perché le reazioni che abbiamo visto davanti al presepio andavano dalla sorpresa, allo sconcerto, alla contestazione. C'è stato anche chi lo ha apprezzato, soprattutto tra i giovani. Ma è una sparuta minoranza, che ha apprezza l'arditezza, mettendo da parte i ricordi della sua infanzia troppo vicina per creare nostalgia.

Ed invece, nell'immaginario di chi ha Fede, la Madonna deve avere un viso da cui traspare l'amore e la devozione per il figliolo che è già Dio e Giuseppe il volto della serena consapevolezza della sua missione. Ma se tutto diventa eguale, anche nelle forme umane rese inspiegabilmente uguali perché tutte simili a paracarri, è difficile capire.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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