Eni contro Report: "Continua a dare credito a calunniatori"

- di: Daniele Minuti
 
È forte il disappunto che traspare dalla ferma reazione che Eni ha avuto sul contenuto della trasmissione di Raitre, Report, che ha ripreso le dichiarazioni dell'ex manager dell'azienda Vincenzo Armanna. Dichiarazioni che, per l'Eni, che definisce Armanna un ''calunniatore'', hanno fornito ''informazioni false e strumentali'', come quelle di Piero Amara, Persone alle quali, si legge in un comunicato dell'Eni, Report, ''al contrario del Tribunale di Milano, continua ad attribuire spazio e attendibilità''.
L'anticipazione della trasmissione riguarda, si legge nel comunicato Eni, ''la registrazione video di un incontro avvenuto il 28 luglio 2014 presso la sede dell'imprenditore Ezio Bigotti (di cui Amara era il legale), nel quale Armanna, in presenza di Amara e altri soggetti, per obiettivi di profitto personale rispetto a operazioni su attività nigeriane della società, dichiarò di volere colpire alcuni manager perché ritenuti ostatolo rispetto ai propri fini criminali''. Nel comunicato si ricorda che, a seguito delle deposizioni di Armanna a magistrati della Procura di Milano, l'ex ad e l'attuale ad furono iscritto nel registro degli indagati, nell'ambito del processo Eni-Nigeria.

Eni attacca Report: "Dà credito ai calunniatori"

Sia Armanna che Amara sono stati denunciati da Eni per le loro dichiarazioni, definite ''false'', che sono state ''rilasciate in diversi ambiti di indagine'' senza che la Procura di Milano le accreditasse di alcun fondamento.
Eni, replicando a quanto riferito da Report, sostiene di non avere ''mai avuto a disposizione il video in questione, né la sua trascrizione integrale, prima che l’opportunità di acquisirlo emergesse nell’ambito del processo Eni-Nigeria il 23 luglio 2019. Eni disponeva solamente di uno stralcio di poche pagine, inutilizzabile ai fini difensivi e processuali. Al contrario, la Procura di Milano ne disponeva fin dalla primavera del 2017: per quale motivo, ci chiediamo, non lo depositò né in fase di udienza preliminare, né agli atti del processo, se non su richiesta della Corte? Ricordiamo infatti che l’obbligo di deposito di tale documento era in carico ai PM, e non a Eni (che non l’aveva), come si evince dall’imputazione formulata dalla Procura di Brescia nei confronti di De Pasquale e Spadaro''.

Sempre ribattendo alla trasmissione di Raitre, Eni precisa che ''il video non fu registrato da Amara per incastrare Armanna per conto di Eni, ma dal padrone di casa Bigotti, che usava registrare gli incontri che avvenivano presso la propria sede. Dimostrazione ne è la registrazione anche di un secondo video, del 18 dicembre 2014, sempre presso la sede di Bigotti, in cui Armanna non compare e nel quale Piero Amara promette di 'eliminare' un altro manager Eni, confermando lo schema criminale. Anche questo video è in mano alla Procura di Milano, nonché pubblico e disponibile su siti di informazione: sarebbe davvero singolare che Report non ne tenesse conto nel suo servizio. Amara, quindi, non registrò alcunché, tanto è vero che Eni non ricevette nulla da lui, né nell’imminenza della registrazione, né successivamente''.

L'azienda energetica, sempre nel suo comunicato, sostiene che, come provato da ''molteplici documenti depositati da Eni presso la Procura di Milano'', Amara e Armanna ''operassero contro la società con il supporto (e in alcuni casi la complicità) di alcuni ex manager interni, tempestivamente allontanati da Eni''.
Quello che per Eni resta poco comprensibile è che, in un ''susseguirsi di falsità'', non siano presi in considerazioni alcuni passaggi: ''il primo grado del processo Eni-Nigeria si è concluso lo scorso marzo con l’assoluzione della società e dei suoi manager 'perché il fatto non sussiste'. E lo stesso esito, in secondo grado, ha poi posto fine al processo collegato contro Emeka Obi e Gianluca Di Nardo''. Nel comunicato, peraltro, si ricorda che ''la Procura Generale ha respinto la richiesta di ricorso in Cassazione da parte della Nigeria contro l’assoluzione di Obi e Di Nardo, determinando di conseguenza il passaggio in giudicato della 'non sussistenza' di quegli stessi fatti imputati come reati a Eni e ai suoi manager, e dichiarando come 'non si può dubitare che i manager Eni, così come gli intermediari, sono estranei alla condotta tipica del reato di corruzione''.

''L’estraneità del management di Eni a fatti corruttivi in Nigeria" - puntualizza il gruppo energetico - "altro non fa che confermare ciò che la società ha sempre saputo e rappresentato in ogni sede rispetto alle calunniose dichiarazioni di Amara e Armanna: agivano nell’interesse loro o di loro sodali, e non certo per sviare o depistare indagini a carico di innocenti che (oltre a non avere commesso alcuni dei fatti sotto indagine di rilevanza penale), in quanto tali, ovviamente non ne avevano alcuna necessità o interesse''.
Tags: eni, report
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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