L'attentato alla torrefazione Guglielmo una sfida alla Calabria che resiste

- di: Diego Minuti
 
La cronaca potrebbe essere,  come spesso accade in eventi del genere, abbastanza scarna: un incendio che non sarebbe mai dovuto scoppiare, ma che c'è stato, a Copanello di Stalettì, a poche decine di chilometri da Catanzaro, nello stabilimento Guglielmo, una delle torrefazioni più antiche e note della Calabria. 

I danni ci sono stati, ma avrebbero potuto essere ben peggiori, che solo l'azione dei Vigili del fuoco fosse stato meno tempestiva. Come detto, questa è la cronaca. Quel che resta da dire è che l'attentato - perché di attentato si tratta, secondo le prime indagini - non ha avuto come obiettivo solo una azienda sana, il cui marchio è entrato nella tradizione di una intera regione, ma è stata un'offesa alla Calabria che resiste e non accetta supinamente la quotidiana aggressione della 'ndrangheta. 

La mafia calabrese - che ormai ha scalzato quella siciliana nel Gotha della criminalità organizzata a livello globale, dialogando, ed è stata la prima, con i  grandi cartelli di produttori di cocaina ed eroina sudamericani e del sud-est asiatico - riesce sempre a rinascere, come l'Araba fenice, nonostante i colpi durissimi che le vengono inferti da magistratura e forze dell'ordine, perché è nella sua natura sapersi adattare ai cambiamenti. 

La 'ndrangheta ha come solo fine quello del guadagno, con tanti saluti alle ricostruzioni di un tempo che ne celebravano riti e codici, come se le sue gesta fossero quasi circondate da un afflato cavalleresco. Niente di tutto questo. E' ormai una holding, articolata su base imprenditoriale, con broker e distributori, che si muove verso il denaro,  che viene accumulato in modo massiccio, ma non solo con le gradi operazioni di narcotraffico.

L'attacco alla Guglielmo dice proprio questo: una azienda economicamente sana diventa un bersaglio e, quando le prime subdole richieste sono respinte, il livello della pressione viene fatta salire in modo esponenziale e ravvicinato. Alle minacce verbali seguono i gesti fino alla sublimazione finale, l'attentato. Non sappiamo se alla Guglielmo siano mai arrivate minacce o di peggio. Ma se chi ha colpito l'azienda lo ha fatto, bisogna capire se sia stato un gesto dimostrativo o un passaggio di una strategia punitiva.

La Calabria ha reagito, con tempestività, ma tutto avrà il sapore della trita reiterazione di un copione (l'esecrazione, la rabbia, poi da domani tutto dimenticato o messo in un cantuccio), se dalla regione non si alzerà, nuovamente, una condanna che sia netta, inequivocabile, che faccia pulizia delle tante storie di connivenza che spesso appannano il profilo di una terra bellissima, anche selvaggia, che ha pagato e paga ancora un prezzo elevatissimo ad una rassegnazione che non può trovare alcuna giustificazione. 

In Calabria, come in altri luoghi del Paese, ci sono stati donne e uomini che si sono ribellati, che hanno fatto sentire con nettezza la loro ribellione. Ma troppo spesso in Calabria a fare rumore è stato il silenzio di una società civile che, per paura o inadeguatezza, si è piegata.

Se quanto accaduto ha un senso, i vertici della Guglielmo non hanno piegato la testa. A loro deve andare il rispetto dei calabresi, ma anche la solidarietà che, mai come oggi, deve essere concreta per evitare che la Guglielmo venga lasciata da solo per una battaglia che dovrebbe essere di tutti.  
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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