Il ruolo delle utility per la transizione verso il net zero: quali sfide imposte dall’inflazione? Il punto di vista di Oliver Wyman

- di: Redazione
 

Oliver Wyman, leader globale in consulenza strategica, lavora ogni giorno al fianco dei propri clienti, aiutandoli a identificare e implementare le migliori strategie e soluzioni per superare le principali sfide di mercato. Tra queste, la transizione ecologica è tra le più urgenti e importanti, in particolar modo per le utility, motore della trasformazione. Angelo Rosiello, Partner di Oliver Wyman e Responsabile della practice Energy & Natural Resources South East Europe, ci racconta leve e rischi da indirizzare per le utility italiane, al fine di raggiungere con successo gli obiettivi net zero e generare benefici per tutti gli stakeholder dell’ecosistema.

Il ruolo delle utility per la transizione verso il net zero: quali sfide imposte dall’inflazione?

Dott. Rosiello, si parla spesso di decarbonizzazione e lotta al cambiamento climatico, il più delle volte riferendosi a ciò che governi e istituzioni possono fare. Alla luce della sua esperienza di consulente del mondo energetico, quali sono invece gli elementi che possono abilitare le utility a raggiungere gli obiettivi net zero?

Le aziende, in particolar modo le utility, hanno un ruolo chiave nel processo di decarbonizzazione perché attraverso la gestione del proprio portafoglio di prodotti e servizi possono agire su molte delle fonti dirette di emissioni: generazione di energia, mobilità, edifici e rifiuti. Per poter agire in modo efficace ed efficiente, bisogna lavorare sul business model e sul modello operativo. In particolare, occorre:

1. Definire una strategia net zero, ovvero una visione supportata da obiettivi di decarbonizzazione a breve e a lungo termine, aree di intervento e investimenti associati. Per indirizzare le leve industriali è indispensabile sviluppare metodologie e strumenti di misurazione, simulazione e monitoraggio del carbon footprint. Sebbene lo Scope 3 sia complesso da indirizzare, poiché frutto delle azioni dell’ecosistema, non deve rappresentare un ostacolo al commitment nel raggiungimento degli obiettivi net zero. Secondo un recente studio di Oliver Wyman, infatti, lo Scope 3 è il vero punto di snodo, rappresentando circa il 78% delle emissioni totale delle aziende.

2. Rivedere il modello operativo, introducendo meccanismi di governo, soluzioni organizzative per raccordare e orchestrare la strategia net zero e indirizzare le competenze in maniera diffusa sulle varie funzioni e unità organizzative. Ad esempio, allocazione di accountability in merito alla definizione della strategia, monitoraggio ed execution del piano, carbon accounting, comunicazione verso gli stakeholder esterni, talent management, ecc. Inoltre, è indispensabile rivedere e integrare i sistemi di incentivazione per i manager e includere i principi di sostenibilità nei processi decisionali.

3. Mettere in sicurezza la supply chain in chiave di decarbonizzazione per evitare che le strozzature e i colli di bottiglia su componenti, servizi e materie prime necessari alla decarbonizzazione mettano a rischio la roadmap net zero. La revisione o l’ottimizzazione della supply chain rappresenta anche un’opportunità per contribuire sulla decarbonizzazione dell’ecosistema, agendo sui fornitori.

Secondo il suo punto di vista, lo scenario inflattivo che stiamo vivendo e che si sta riversando anche sulle tecnologie per la transizione ecologica rischia di rallentare gli investimenti per il raggiungimento degli obiettivi net zero da parte delle utility?

Purtroppo, sì. I recenti commitment di aziende e governi sull’obiettivo net zero sono stati costruiti sulla base di scenari che fattorizzano disponibilità di tecnologia e relativi prezzi differenti rispetto a quelli che si stanno manifestando negli ultimi mesi. L’inflazione è il risultato del gap tra domanda e offerta: la domanda è cresciuta, anche grazie agli incentivi pubblici, ed è sostenuta in maniera importante dall’ambizione net zero dei prossimi anni. Tuttavia, l’offerta segue più lentamente la domanda a causa della scarsità delle materie prime, componenti e forza lavoro qualificata, anche esacerbati dallo scenario geopolitico che ha comportato una revisione delle politiche di approvvigionamento globali.

In definitiva, uno scenario inflattivo di medio termine, concomitante con la realizzazione della transizione ecologica, comporta un rallentamento degli investimenti poiché i business case risultato non in the money, ad esempio per le tecnologie e soluzioni emergenti, o comunque non in linea con i ritorni attesi.

Cosa possono fare quindi le istituzioni per supportare le aziende nel realizzare gli investimenti per il raggiungimento degli obiettivi net zero in questo scenario inflattivo?

Il policymaker svolge un ruolo chiave in questo scenario, dato il contesto emergente caratterizzato da discontinuità senza precedenti. Sebbene sia complesso valutare tutte le possibili variabili di rischio, è importante mantenere un dialogo attivo e costruttivo tra il regolatore e gli operatori industriali, al fine di non innestare meccanismi di test & learn che metterebbero a repentaglio le stringenti tempistiche e gli ingenti investimenti necessari alla transizione.

Due spunti di riflessione:

1. Gli schemi di supporto agli investimenti devono essere rivisti per fattorizzare i cambiamenti del contesto esogeno. Questo, per esempio, si applica al settore delle rinnovabili per la generazione elettrica. Gli ultimi dati sulla partecipazione alle aste per l’aggiudicazione della capacità sono negativi in gran parte dei Paesi europei. In uno scenario di incertezza, meccanismi di remunerazione pienamente statici sono meno appetibili ed è necessario introdurre correttivi dinamici che riflettano le condizioni del mercato. La recente proposta della Commissione Europea per la riforma dell’assetto del mercato elettrico va proprio in questa direzione, prevedendo nuovi meccanismi per stimolare lo sviluppo delle rinnovabili elettriche, a partire dai PPA o prezzi d’asta corretti per l’inflazione.

2. L’Unione Europea si è posizionata come pioniera nella strategia net zero rispetto al contesto internazionale, ma può ulteriormente accelerare (vedi ad esempio il Net-Zero Industry Act) nella definizione e implementazione di una politica industriale in grado di trasformare gli obiettivi di decarbonizzazione in opportunità economiche e occupazionali. Non solo, ma il rischio di dipendenza dall’estero su materie prime e tecnologie è sempre più concreto, rischiamo di affrancarci dalla dipendenza dal gas russo, ma dipendere dalle tecnologie di altri Paesi.

L’Europa ha l’opportunità di costruire un vantaggio competitivo di lungo termine, se riuscirà a catturare l’innovazione tecnologica e supportare la formazione di nuove figure professionali e la costruzione di competenze necessarie alla transizione ecologica. Ciò richiede una politica comunitaria che sappia ragionare nell’interesse europeo, valorizzando risorse e competenze di ciascun Paese membro e garantendo il giusto trade-off tra l’interesse nazionale e quello comunitario.

Qual è a suo avviso il ruolo che gli investitori possono avere nel supportare le aziende a raggiungere i propri obiettivi net zero?

Nonostante la complessità nella formulazione di scenari attendibili, gli investitori hanno già aumentato il peso dei fattori ESG per l’allocazione del capitale. Infatti, secondo le nostre analisi, si è registrato un aumento del 55% nel 2022 di azioni e obbligazioni collegati a progetti ESG rispetto ad una crescita più moderati negli anni precedenti. 9 investitori su 10 considerano gli investimenti in tecnologie non green a maggior rischio, soprattutto nei Paesi europei. Pertanto, la performance in termini di ESG nel lungo periodo rappresenta un importante fattore discriminante per l’accesso ai capitali da parte delle aziende. Una chiara strategia net zero e la revisione del modello operativo diventano dunque elementi premianti e asset strategici per attrarre investimenti, riducendo al contempo il costo di accesso al capitale. In definitiva, gli investitori svolgono un ruolo fondamentale nell’incentivare il suddetto percorso di cambiamento.

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