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Summers si ritira dalla scena pubblica travolto dal caso Epstein

- di: Bruno Legni
 
Summers si ritira dalla scena pubblica travolto dal caso Epstein
Summers si ritira dalla scena pubblica travolto dal caso Epstein
L’ex segretario al Tesoro Usa ed ex presidente di Harvard annuncia che si farà da parte da incarichi pubblici dopo la diffusione di anni di email con Jeffrey Epstein: una scelta che scuote accademia, politica e grandi centri di potere americani.

Per decenni Larry Summers è stato sinonimo di poteri forti: segretario al Tesoro negli anni di Bill Clinton, consigliere economico della Casa Bianca, ex presidente di Harvard, voce ascoltata nei think tank e nelle grandi istituzioni finanziarie. Ora, però, la sua traiettoria si interrompe bruscamente. Travolto dalla nuova ondata di documenti sui suoi rapporti con il finanziere e predatore sessuale Jeffrey Epstein, Summers annuncia che lascerà gli impegni pubblici e cercherà di ricostruire la propria credibilità, almeno sul piano personale e accademico.

Chi è Larry Summers e perché conta ancora

Lawrence H. Summers, classe 1954, è una delle figure più influenti dell’establishment economico statunitense. Dopo una lunga carriera al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale, è stato segretario al Tesoro sotto la presidenza di Bill Clinton alla fine degli anni Novanta, protagonista delle grandi deregolamentazioni finanziarie di quel periodo.

Nel 2001 è diventato presidente di Harvard, ruolo dal quale si è dimesso nel 2006 dopo le polemiche per alcune sue dichiarazioni sulle donne nelle discipline scientifiche, giudicate sessiste da parte del corpo accademico. Nonostante quella ferita, Summers è rimasto una presenza costante nel dibattito pubblico: professore di economia, editorialista molto quotato, consigliere di governi e istituzioni, membro di consigli di amministrazione nel mondo della tecnologia e della finanza.

Proprio questa fitta rete di incarichi rende particolarmente dirompente la decisione di “farsi da parte” dalla scena pubblica, mentre il legame con Epstein torna a galla in modo ancor più dettagliato e imbarazzante.

I nuovi file su Epstein e l’email del “wing man”

Il nuovo terremoto nasce dalla pubblicazione di un ampio pacchetto di email e documenti legati a Jeffrey Epstein, desecretati e diffusi dalla commissione di vigilanza della Camera statunitense nell’ambito del braccio di ferro politico sulla trasparenza del cosiddetto “caso Epstein”.

Dalle carte emerge che Summers e Epstein hanno mantenuto rapporti regolari almeno tra il 2013 e il 2019, quindi molti anni dopo la prima condanna di Epstein per reati sessuali su minori. Le email mostrano inviti a cene, conversazioni su politica ed economia, ma anche scambi su questioni personali e sentimentali.

Il passaggio più commentato è un messaggio del 2018, in cui Epstein si definisce il “wing man” di Summers, la “spalla” che lo aiuta nei rapporti con le donne. Nello scambio, l’ex segretario al Tesoro, sposato, chiede consigli su come gestire una relazione potenziale con una donna che definisce sua mentee; Epstein risponde presentandosi come alleato, suggerendo come muoversi per conquistare la giovane e riducendo il confine tra consulenza “filantropica” e intrusione nella vita privata.

Ancora più clamoroso è il fatto che la corrispondenza continua fino al 5 luglio 2019, alla vigilia dell’arresto di Epstein per traffico sessuale. In altre parole, quando la figura del finanziere è ormai da anni associata a reati gravissimi, Summers sceglie comunque di restare in contatto con lui.

La decisione di farsi da parte

La pubblicazione dei documenti ha scatenato una pioggia di critiche bipartisan e un’ondata di pressione verso le istituzioni con cui Summers collabora. In questo clima, l’economista ha diffuso una dichiarazione in cui ammette di avere varcato una linea che non avrebbe mai dovuto superare.

“Mi vergogno profondamente delle mie azioni e riconosco il dolore che hanno causato”, afferma Summers nel testo diffuso ai media, assumendosi – almeno nelle parole – la responsabilità del proprio comportamento.

“Mi assumo la piena responsabilità della mia decisione mal guidata di continuare a comunicare con Epstein”, prosegue, riconoscendo che non si è trattato di un contatto occasionale, ma di una relazione mantenuta volontariamente nel tempo, nonostante la fama del finanziere e le accuse a suo carico.

Da qui la scelta: “Pur continuando ad adempiere ai miei obblighi accademici, mi farò da parte dagli impegni pubblici come parte del mio più ampio sforzo per ricostruire la fiducia e riparare i rapporti con le persone a me più vicine”, aggiunge l’ex segretario al Tesoro. In concreto, questo significa rinunciare progressivamente a incarichi nei think tank, nei centri di ricerca, nei consigli consultivi di istituzioni pubbliche e private, mantenendo per ora solo il ruolo di docente universitario.

Che cosa rischia la sua rete di incarichi

La mossa di Summers arriva mentre diverse organizzazioni si interrogano sul da farsi. Alcuni centri di ricerca annunciano di aver già avviato la revisione delle proprie collaborazioni, altri comunicano la fine del rapporto con l’economista. Nel mirino finiscono soprattutto gli incarichi che lo proiettano come voce pubblica – commentatore, consigliere, membro di board – più che quelli puramente accademici.

Le email rivelano infatti non solo il fatto che Summers fosse in contatto con Epstein, ma anche la natura confidenziale di quel rapporto: si va dalle richieste di donazioni filantropiche alle riflessioni sulle élite globali, fino agli scambi più sgradevoli, in cui emergono battute e considerazioni sulle donne che risuonano pesantemente alla luce del passato del finanziere.

Per molte istituzioni, la domanda non è soltanto se Summers abbia commesso o meno un reato – non è accusato di illeciti penali – ma se sia ancora compatibile con il ruolo di “coscienza pubblica” su temi economici e sociali. La decisione di farsi da parte evita, almeno in parte, che siano direttamente i consigli di amministrazione a doverlo allontanare.

La pressione politica e il contesto dei nuovi file

La vicenda Summers si inserisce in un quadro politico già incandescenti attorno al dossier Epstein. Alla Camera è in corso lo scontro sull’Epstein Files Transparency Act, una proposta di legge che punta a rendere pubblici i documenti del Dipartimento di Giustizia relativi al caso. La battaglia ha spaccato i due partiti e anche il fronte repubblicano, con un’inedita alleanza tra esponenti di destra radicale e democratici favorevoli alla totale trasparenza.

Nelle ultime settimane, il Congresso ha già reso pubbliche migliaia di pagine tra email, note interne e documenti investigativi, in parte riguardanti anche l’attuale presidente Donald Trump e altri personaggi di primo piano. In risposta, la maggioranza repubblicana ha diffuso un pacchetto ancora più vasto di carte che coinvolge figure legate all’area democratica e al mondo accademico progressista, tra cui proprio Summers.

Parallelamente, la Casa Bianca ha ordinato al Dipartimento di Giustizia di indagare sui legami tra Epstein e alcuni esponenti di primo piano, compreso l’ex segretario al Tesoro. Non è chiaro se questo porterà all’apertura di procedimenti formali, ma è certo che la pressione mediatica e politica è salita di livello.

Le reazioni del mondo politico e accademico

Nel campo progressista, molte voci sottolineano che il problema non è soltanto personale. Per una parte del Partito democratico, Summers rappresenta da anni la versione più accomodante verso Wall Street e l’alta finanza, e il rapporto con Epstein viene letto come l’ennesima prova di una vicinanza strutturale tra élite economiche e figure opache.

Una delle critiche più dure arriva dall’ala sinistra democratica, che giudica “monumentale” l’errore di giudizio nel continuare a frequentare un uomo già condannato per reati sessuali su minori e al centro di indagini per traffico di minori. Il messaggio è chiaro: chi ambisce a plasmare le politiche pubbliche non può permettersi di chiudere un occhio su questo tipo di condotte.

Nel mondo accademico, molti colleghi di Harvard definiscono la vicenda “dolorosa” ma inevitabile. C’è chi sottolinea che l’università aveva già dovuto fare i conti con il passato di finanziatore di Epstein, che in passato aveva donato milioni di dollari a vari programmi di ricerca. In quel contesto, l’idea che uno dei presidenti più noti dell’ateneo abbia continuato a intrattenere un rapporto confidenziale con lui appare oggi insostenibile.

Un copione che torna: il nodo del giudizio sulle élite

La caduta di Summers offre l’ennesima immagine di un copione già visto: esponenti di punta delle élite politiche, economiche e culturali che, pur non essendo accusati di reati, vengono travolti dal giudizio dell’opinione pubblica per il modo in cui hanno scelto i propri interlocutori e benefattori.

Il caso Epstein diventa così un grande stress test etico per l’establishment. La domanda non è solo chi abbia commesso reati, ma chi sapesse, chi abbia chiuso gli occhi, chi abbia continuato a coltivare rapporti con un uomo che, almeno dal 2008, era sinonimo di abuso e di sfruttamento.

In questo scenario, l’annuncio di Summers – per quanto tardivo – è anche un tentativo di contenere i danni: facendo un passo indietro spontaneo, spera di evitare che siano le istituzioni a doversi dissociare pubblicamente da lui, con un effetto ancora più devastante sulla sua eredità pubblica.

Cosa resta della sua eredità

Pesa, infine, la domanda su che cosa resterà della figura di Summers nel medio periodo. Da un lato, il suo contributo al dibattito economico – nel bene e nel male – è stato enorme: dalle riforme della finanza negli anni Novanta alle analisi più recenti su inflazione, disuguaglianze e politica monetaria. Dall’altro, la vicenda Epstein rischia di riscrivere la narrazione pubblica, trasformandolo nell’ennesimo esempio di responsabilità mancata di chi occupa posizioni di vertice.

Per ora, l’ex segretario al Tesoro promette di tornare nell’ombra delle aule universitarie, concentrandosi sulla docenza e sui rapporti personali da ricucire. Ma nel mondo iper-mediatizzato di oggi, un nome come il suo difficilmente potrà restare davvero in silenzio. Molto dipenderà da come evolverà l’inchiesta sui file di Epstein e da quanto in profondità il Congresso e l’opinione pubblica vorranno scavare nelle relazioni tra il finanziere e l’élite globale.

Quel che è certo è che, con l’ennesimo “pezzo grosso” costretto a farsi da parte, il caso Epstein continua a produrre onde d’urto che si allargano ben oltre le celle di un carcere federale e le stanze di un tribunale: investono la credibilità di intere generazioni di leader, e rimettono al centro il tema, scomodo ma inevitabile, di chi paga davvero il prezzo degli errori di chi comanda.

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