Usa: gli ultimi "no" di Barr a Trump su elezioni e Hunter Biden
- di: Brian Green
Non ci sono elementi per nominare un procuratore speciale per esaminare le ripetute accuse di Donald Trump in merito a presunte frodi elettorali, né per svolgere indagini federali sulla situazione fiscale di Hunter Biden, figlio del presidente eletto.
Le ultime settimane da procuratore generale degli Stati Uniti, William Barr, di fatto rimosso dal presidente, gli stanno stanno restituendo una statura morale che la vicinanza con Trump gli aveva in qualche modo eroso perché in molti lo accusavano di essere ormai solo il martello che il presidente brandiva minacciando di schiacciare i suoi avversari politici, agitando lo spettro di indagini federali.
Ed invece Barr, da settimane in rotta di collisione con Trump, di cui non ha mai condiviso le accuse di frodi lanciate contro i democratici in merito alle elezioni presidenziali, ha tenuto con fermezza il punto, non rispedendo al mittente gli attacchi furibondi (via Twitter), ma restando fermamente convinto che la vittoria di Biden sia stata "pulita".
Barr, nel corso della conferenza stampa (una delle sue ultime uscite pubbliche da procuratore generale), ha anche insistito sul fatto che i funzionari federali ritengono che ci sia la Russia sia dietro la recente operazione di spionaggio informatico contro il governo degli Stati Uniti. In questo modo ha, nuovamente, preso le distanze dalle affermazioni di Trump che, come sempre senza evidenziare prove certe, aveva espresso l'opinione che ci fosse la mano di Pechino negli attacchi di hackers.
Parlando poi delle transazioni finanziarie di Hunter Biden, che Trump ha etichettato come fraudolente, Barr ha voluto sottolineare che la relativa indagine "è stata gestita in modo responsabile e professionale".
"Non ho visto motivi per nominare un procuratore speciale e non ho intenzione di farlo prima di lasciare", ha detto Barr.
Trump, nonostante il collegio elettorale abbia certificato la legittimità della vittoria di Joe Biden, continua la sua campagna per mettere in dubbio la regolarità del voto, cercando persino l'aiuto di Steve Bannon, il guru dell'estrema destra americana, in libertà condizionata (dietro pagamento di una cauzione di cinque milioni di dollari) dopo essere stato arrestato per un uso disinvolto di fondi raccolti a sostegno della costruzione di un muro anti-immigrazione al confine con il Messico.
Ma le ultime mosse di Trump non hanno sortito - come le precedenti - alcun effetto pratico. Trump è arrivato addirittura a lanciare lanciare l'idea di nominare l'avvocato Sidney Powell come procuratore speciale per le frodi elettorali. Si tratta della stessa Sidney Powell che è stata allontanata dal team legale di Trump a causa delle sue accuse, in serie, di cospirazioni sulle elezioni avventate a tal punto da rendere necessaria la sua espulsione dal collegio di avvocati incaricati dal presidente di sostenere in sede giudiziarie le sue tesi complottiste.
Il tentativo di Trump fare nominare procuratori speciali di fatto metterebbe in qualche difficoltà il presidente eletto, che non avrebbe molto spazio per revocarli. Ma, perché siano fatte, le nomine necessitano del supporto del Dipartimento di Giustizia che, viste le posizioni di Barr, appare difficile da ipotizzare.
A Trump resta un'ultima speranza, che il suo nuovo procuratore generale ad interim, Jeff Rosen, chiamato a sostituire Barr, smentisca il suo predecessore su entrambe le richieste del presidente, su elezioni e Hunter Biden.
Anche l'hacking subito dalle agenzie governative degli Stati Uniti sta costituendo un motivo di scontro tra Trump (che ci vede la mano della Cina) e Barr che, condividendo la convinzione diffusa all'interno del governo degli Stati Uniti e della comunità della sicurezza informatica, punta il dito contro gli hackers russi, sospettandoli delle intrusioni telematiche, che hanno riguardato anche i dipartimenti del Tesoro e del Commercio.
Un sospetto condiviso anche dal segretario di Stato Mike Pompeo in una intervista radiofonica, prontamente "depotenziata" da Trump con uno dei suoi tweet al vetriolo.