Usa 2020: il trumpismo sopravviverà a Trump
Donald Trump, controverso quanto si vuole, guardato con superiorità dall'élite intellettuale americana e non solo, è stato un presidente di cui la sua gente avrà un giudizio, quale che esso sia, decisivo per il futuro del Paese perché ha riportato l'attenzione su temi che sembravano essere stati accantonati da tempo e che invece erano solo in attesa di rimanifestarsi.
Il giudizio è della storica Maya Kandel, secondo cui "qualunque sia l'esito delle elezioni presidenziali, il post-trumpismo, basato sul nazionalismo, la religione e l'antiliberismo, è già all'opera''.
Kandel, laureata alla Columbia University e specialista al Congresso americano, è ricercatrice associata presso l'Università di Paris-III Sorbonne-Nouvelle.Nel 2018 ha pubblicato un saggio, ''The United States and the World. Da George Washington a Donald Trump'' (edito da Perrin), dove ha analizzato il percorso seguito dalla politica estera americana, dalla nascita degli Stati Uniti ad oggi.
Il giudizio di Maya Kandel sul ''Trump politico'' è netto, dal momento che lo descrive con uomo che, nonostante il ruolo che occupa sullo scacchiere planetario, non sa resistere alle sue pulsioni, un populista privo di ogni coerenza ideologica. Ma la politica portata avanti da Trump non lo ha allontanato dall'elettorato conservatore, anche perché, creando il ''trumpismo'', inteso come politica complessiva rivolta dentro e fuori il Paese, ha fatto capire che la sua ''dottrina'' ha come essenza il nazionalismo.
''Non è contraddittorio! Trump - sostiene Maya Kandel - è stato a lungo più vicino ai Democratici che ai Repubblicani - attraverso i suoi contributi alle campagne elettorali o le sue posizioni liberali, come sull'aborto. Ma Trump non è un ideologo o un intellettuale, è prima di tutto un uomo d'affari e di spettacolo . Ciò che lo ha reso famoso, se non è proprio stata la sua fortuna, è stato il reality show The Apprentice".
A Trump, comunque, secondo l'analista, "dobbiamo riconoscere la padronanza della comunicazione e il suo dominio sul messaggio dei media. Trump ha anche beneficiato di operazioni di raccolta dati molto dettagliate (in particolare attraverso la società specializzata Cambridge Analytica). Questo gli ha permesso di calibrare messaggi precisi, destinati ai gruppi più influenti del Partito Repubblicano, (....). Questo, ad esempio, fa luce sulla sua alleanza con il movimento anti-aborto e più in generale con gli evangelici, ai quali ha promesso di nominare i 'loro' giudici".
Ma sarebbe errato, per quello che sostiene Maya Kandel, attribuire solo a Donald Trump il suo notevole impatto sull'elettorato di riferimento. Molti quelli che lo hanno aiutato. Come Steve Bannon (poi giubilato quando la sua presenza s'è fatta troppo ingombrante), che lo ha ''spostato'', in termini di contenuti della sua politica, su posizioni di destra (estrema), tanto da farne una sorta di emulo di un altro presidente, Andrew Jackson (che guidò il Paese per due mandati, dal 1829 al 1837) noto per il suo il populismo in politica interna e la sua politica di "pulizia etnica" degli amerindi. L'apprezzamento di Trump per Jackson è tale che il ritratto del settimo presidente campeggia nello studio ovale della Casa Bianca, quello dove si prendono le decisioni più importanti.
Poi c'è stato Steve Miller, il suo consulente per l'immigrazione; Yoram Hazony e il think tank californiano Claremont Institute, che ha coniato questa frase ("elaborata" da Christopher DeMuth): "Il trumpismo ha un'essenza e quell'essenza è il nazionalismo".
Quindi qual è la vera natura del trumpismo? Secondo l'analista, è una dottrina che si riferisce a quelle idee forti che hanno coagulato, intorno a Trump ed alla sua presidenza, una forte spinta elettorale (almeno nel 2016). Su questa base, Maya Kandel si è concessa una "teorizzazione intellettuale a posteriori": un misto di messaggi anti-sistema e anti-élite, nazionalismo, conservatorismo religioso e di illiberalismo.