Ucraina: scattano le sanzioni, ma non bastano

- di: Diego Minuti
 
Lo scenario di guerra che Vladimir Putin ha imposto all'Ucraina - nella speranza che, prevalendo la ragionevolezza dalle parti del Cremlino, non si estenda verso il Baltico - sta scuotendo l'Occidente, che si è fatto trovare, come spesso accade, impreparato a reagire con forza e tempestivamente ai rigurgiti neoimperialisti del presidente russo.
Anche il più sprovveduto degli osservatori, infatti, aveva capito che Putin non poteva accumulare tanta sete di conquista - e quindi tanta capacità militare offensiva - senza poi indirizzarla verso uno dei suoi obiettivi.
E l'Ucraina resta uno di quelli che la potente macchina militare di Mosca può inghiottire nel giro di pochi giorni, con un costo in termini di morti e sfollati difficilmente quantificabile, perché non si può avere certezza sulla capacità militare di Kiev.

Ucraina: scattano le sanzioni verso la Russia ma è forse troppo tardi

Una certa passione potrebbe portare a pensare che gli ucraini riescano a resistere alla prima ondata, che siano in grado di opporre fermare i russi e magari passare al contrattacco. Ma non è così perché Putin, facendo la ruota come un pavone, ha voluto che, guardando dall'Ucraina oltre il confine, fossero ben visibili le unità migliori delle forze armate russe, a cominciare dai formidabili carrarmati che, se solo avessero luce verde, spazzerebbero ogni ostacolo.

Zar Vladimir sa comunque che, nel momento in cui dovesse fare partire l'ordine di attacco, tutto quello che, in termini di rapporti con l'Occidente, è stato costruito negli ultimi trent'anni svanirebbe perché ormai il padrone del Cremlino ha fatto capire di potersi aggrappare a qualsiasi pretesto pur di concretizzare i suoi sogni egemonici. Se oggi è l'Ucraina, domani potrebbero essere altri i territori che si vorrebbe inglobare nell'impero russo, anche a costo di sfidare la Nato che, a differenza di quanto non può fare oggi, vedendo aggredito uno dei suoi Stati membri, deve, e quindi non ''può'', rispondere sul terreno. Con conseguenze che oggi sono impensabili, capaci di scenari da conflitto globale.

Le sanzioni che sono state subito adottate sembrano, comunque, potere avere l'efficacia di una freccetta contro la corazza di un rinoceronte. Sembrano più un avvertimento che non l'avvio di una offensiva che, toccando il portafoglio di Mosca, ne possa ammorbidire gli ardori guerreschi. Una risposta che, però, vista anche la sua relativa efficacia, non ha certo ammorbidito Putin, sempre più deciso a scrivere, con la sua, anche la storia di una Russia che ormai sembra non porre alcun limite alle sue ambizioni. Probabilmente le sanzioni avrebbero avuto maggiore impatto emotivo se, oltre ad essere indirizzate verso un paio di banche russe (nemmeno le più importanti) e i parlamentari della Duma che hanno votato per il riconoscimenti delle pseudo-repubbliche filorusse in Ucraina, avessero colpito, ad esempio, lo sport, cancellando la Russia da tutte le competizioni internazionali. A Putin non rimarrebbe altro che competere, sportivamente, con la Bielorussia - ormai uno Stato a sovranità limitata - del suo valletto Lukashenko.

Nel cicaleccio delle cancellerie non c'è traccia ufficiale di quanto sta facendo la Cina, se cioè si stia limitando a guardare (da uno scontro Russia-Occidente, Pechino ne uscirebbe rafforzata comunque) oppure stia facendo leva sugli ottimi - e recentemente rafforzati - rapporti con il Cremlino per invitare alla prudenza.

Verrebbe da pensare che, prima di mandare i suoi soldati al confine con l'Ucraina (definita come un ''non Stato'', partorita dai disegni di Lenin e quindi da riportare in seno alla Russia), Putin una telefonata al presidente Xi l'abbia fatta. Non per avere un placet all'azione militare, ma almeno per rassicurarlo che la prova di forza è rivolta solo ad ovest.
Ma si sa che, cambiando luoghi e prospettive, l'Ovest di qualcuno è l'Est per qualcun altro.
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