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Trump esulta: “Un’intesa per tutti”. Ma l’accordo premia solo gli Usa

- di: Matteo Borrelli
 
Trump esulta: “Un’intesa per tutti”. Ma l’accordo premia solo gli Usa
Trump esulta: “Un’intesa per tutti”. Ma l’accordo premia solo l’America
Il presidente americano parla di partnership “soddisfacente per entrambi”, ma non cede su nulla: dazi al 50% su acciaio e alluminio, 750 miliardi di acquisti europei in energia e armamenti, 600 miliardi di investimenti. L’Ue firma, paga, e ringrazia.

“Abbiamo raggiunto un risultato soddisfacente per entrambe le parti, è un accordo molto potente ed è il più grande di tutti”. Donald Trump è raggiante, ma la sua esultanza è lo specchio di un’intesa in cui l’unico a uscire vincitore è proprio lui. Nonostante il lessico conciliante scelto davanti ai giornalisti – “è una partnership, in un certo senso” – l’accordo sui dazi siglato il 27 luglio tra Stati Uniti e Unione europea è, nei fatti, una resa economica e strategica dell’Europa alle condizioni imposte da Washington.

Niente dazi azzerati, nessuna revoca delle misure punitive su acciaio e alluminio: il 50% deciso da Trump resta in vigore. Nessuna apertura sulle importazioni automobilistiche: il presidente si limita a dire che “l’accordo sarà ottimo per il settore dell’auto”, ma non fornisce cifre né garanzie. L’unica certezza sono i numeri presentati a valanga come trofei dalla Casa Bianca: 750 miliardi di dollari solo in energia, altre migliaia di dollari in armi che l’Ue acquisterà dagli Stati Uniti, 600 miliardi di investimenti europei in America, e un piano di cooperazione che, nei fatti, è un gigantesco assegno firmato da Bruxelles.

Un accordo a senso unico

Dietro la facciata da “partnership”, si cela l’ennesima operazione unilaterale mascherata da dialogo multilaterale. “Per quanto riguarda acciaio e alluminio non cambierà nulla, è una questione che non sarà modificata”, ha chiarito Trump già al termine dell’incontro con Ursula von der Leyen in Scozia. Il messaggio è semplice: nessun passo indietro sulle politiche protezionistiche americane.

Trump ribadisce che il 15% di dazi sulle merci europee resterà la soglia base, dopo aver già imposto il 25% sull’auto e minacciato, solo poche settimane fa, di arrivare al 30% generalizzato.

A fronte di ciò, l’Unione europea offre tutto: aperture commerciali, finanziamenti, piani di riarmo e una massiccia spinta all’acquisto di gas liquefatto statunitense, in nome della diversificazione energetica. Il risultato? Una dipendenza accettata, confezionata come atto volontario.

L’Europa compra. L’America detta

Il punto più emblematico dell’accordo riguarda proprio l’energia e la difesa. Trump ha annunciato che l’Ue acquisterà 750 miliardi di dollari in energia – rivedendo al rialzo i numeri iniziali, che parlavano di 150 miliardi – e “una quantità enorme” di equipaggiamento militare americano. “Non sappiamo a quanto ammonta”, ha detto, “ma la buona notizia è che produciamo il miglior equipaggiamento militare al mondo”.

In parallelo, è stato confermato l’impegno dell’Ue a investire 600 miliardi di dollari sul suolo statunitense, in una combinazione di fondi pubblici e privati. “Un trionfo”, secondo la narrazione della Casa Bianca. Un sacrificio unilaterale, per molti osservatori europei.

A Washington, il presidente americano ha rilanciato: “Questo accordo ci avvicinerà. È un buon accordo per tutti”. Ma l’unico ad aver ottenuto tutto senza concedere nulla è lui.

La retorica dell’equilibrio copre lo squilibrio

La scelta di usare un linguaggio conciliatorio, da parte di Trump, non è casuale. Il presidente sa di avere di fronte un’Europa spaccata tra la tentazione dell’accomodamento e l’incapacità di reagire in modo unitario. Ursula von der Leyen ha ribadito la volontà di “collaborazione costruttiva”, ma ha lasciato a Trump la scena e l’agenda. Non una parola chiara sul mantenimento dei dazi, nessuna critica alla sproporzione dei termini.

L’accordo rispecchia fedelmente la logica divide et impera che Trump ha applicato fin dal suo ritorno alla Casa Bianca: imporre, dettare, ottenere, e poi incassare l’applauso per aver evitato il peggio.

I mercati restano scettici

Se da un lato la notizia dell’accordo ha evitato l’esplosione di una guerra commerciale piena, dall’altro non ha entusiasmato i mercati. Il giudizio prevalente tra analisti ed economisti è quello della prudenza: niente di strutturale è stato risolto. Gli investimenti promessi da Bruxelles restano da dettagliare, gli acquisti di energia e armi si tradurranno in un ulteriore squilibrio commerciale, e i dazi imposti da Trump restano un fardello sul futuro industriale europeo.

Brian Jacobsen, capo economista di Annex Wealth Management, lo ha detto senza giri di parole: “L’intesa è solo una tregua. L’Europa ha concesso molto, e non ha ottenuto nulla di garantito”. Anche Holger Schmieding, capo economista di Berenberg Bank, ha parlato di “accordo tattico, ma non strategico”.

Il prezzo della pace: sudditanza strategica

Dietro i numeri, c’è una realtà geopolitica pesante. L’Europa firma una cambiale da 1.350 miliardi di dollari (750 per energia e armi, 600 in investimenti) in cambio di una tregua commerciale e di un mantenimento dello status quo. In cambio, la Nato resta un’alleanza armata a guida americana, e l’industria della difesa europea arretra.

La presunta “soddisfazione reciproca” evocata da Trump è dunque pura retorica. La verità è che l’Europa ha accettato di comprare pace e accesso commerciale con miliardi, mentre Washington continua a usare il commercio come arma negoziale.

Una linea che divide

Il contenuto dell’intesa mette in difficoltà anche diversi Paesi membri. Francia e Belgio hanno espresso “forti perplessità” sulla dimensione militare dell’accordo, mentre la Germania si è mostrata più accomodante, spinta dalla volontà di tutelare l’export automobilistico. Ma il cuore della questione è politico: l’Unione europea si è comportata da cliente, non da partner.

L’America incassa, l’Europa obbedisce

La narrazione di Trump è chiara: “L’accordo è equo, è una partnership”. Ma chi legge i numeri – e non le dichiarazioni – vede altro. Vede una parte che impone e l’altra che accetta. Vede una superpotenza che detta le condizioni e un’Unione che firma per evitare di pagare il doppio.

Il trionfalismo americano è reale. L’equilibrio, invece, è solo una messinscena.

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