L’undicesima edizione del Technology Forum Life Sciences si è svolta il 10 settembre a Milano, confermandosi come l’appuntamento di riferimento per l’ecosistema italiano delle Scienze della Vita. L’evento, promosso dalla Community Life Sciences di TEHA Group, ha riunito oltre 200 rappresentanti di imprese, università, centri di ricerca, venture capital e istituzioni per discutere le nuove sfide del settore e presentare la nuova edizione del Libro Bianco sulle Scienze della Vita.
Technology Forum Life Sciences 2025: Italia tra eccellenze scientifiche e colli di bottiglia
Il Forum ha messo in luce una fotografia a due velocità: da un lato le straordinarie performance dell’Italia sul piano scientifico e manifatturiero; dall’altro le difficoltà strutturali che ancora frenano il pieno sviluppo competitivo del sistema.
In un contesto internazionale caratterizzato da forte accelerazione tecnologica e geopolitica, la competizione si gioca soprattutto sulla capacità di attrarre investimenti e talenti. Paesi come la Germania hanno definito strategie nazionali mirate per rafforzare biotecnologie e produzione farmaceutica, la Danimarca ha destinato oltre 500 milioni di euro alla propria “Strategy for Life Sciences 2030”, mentre la Spagna ha lanciato nel 2024 un piano quinquennale specifico per il comparto farmaceutico e biotecnologico. In questo scenario, l’Italia deve decidere rapidamente se posizionarsi tra i leader dell’innovazione o rischiare di restare indietro nella competizione con gli altri Paesi.
Il TEHA Life Sciences Innosystem Index 2025, l’indice proprietario che misura la competitività degli ecosistemi europei di ricerca e innovazione nelle Scienze della Vita, colloca l’Italia al 10° posto su 24 Paesi UE, con un punteggio di 3,57 su 10. Il dato conferma la fascia medio-alta di innovazione, ma evidenzia anche un arretramento di una posizione rispetto al 2022, a favore della Spagna.
Le criticità riguardano soprattutto le variabili di input: l’Italia è al 14° posto per laureati in Life Sciences e STEM, al 16° posto per dottorandi in discipline scientifiche e presenta una quota di occupati nel settore Life Sciences pari all’1,7% dei lavoratori manifatturieri, contro valori molto più elevati nei Paesi benchmark. Ancora limitati risultano anche gli investimenti privati in R&S: appena 13,8 euro per abitante, quasi venti volte meno del Belgio.
Sul fronte degli output, invece, l’Italia mostra una notevole vitalità: 2° posto in UE per pubblicazioni scientifiche e citazioni, 4° per brevetti EPO depositati nelle Scienze della Vita (414) e 3° per export farmaceutico e medicale, con un valore record di 57,2 miliardi di dollari e una crescita annua a doppia cifra (+10,9%).
Uno dei principali nodi emersi durante il Forum riguarda la capacità dell’Italia di attrarre finanziamenti europei. Dal 2021 al 2024 il nostro Paese ha raccolto complessivamente 630,3 milioni di euro da Horizon Europe, meno della metà rispetto alla Germania (1.475,2 milioni). In nessuno dei cinque pilastri analizzati – ERC, MSCA, Cluster Health, Infrastrutture di Ricerca, European Innovation Council – l’Italia è riuscita a salire sul podio.
Particolarmente significativo il caso degli ERC Starting Grants, i fondi destinati ai giovani ricercatori: pur essendo i secondi più premiati d’Europa per nazionalità (55 grant ottenuti da italiani), solo 30 sono stati vinti lavorando in Italia. Ben 25 ricercatori hanno ottenuto i fondi mentre operavano all’estero, segnalando una grave difficoltà di retention.
Questo squilibrio non è solo un tema accademico, ma anche economico: secondo le simulazioni TEHA, se l’Italia riuscisse a colmare il divario con la Germania nella capacità di attrarre fondi Horizon Europe, il Paese potrebbe generare fino a 17,9 miliardi di euro di PIL aggiuntivo entro il 2045.
La cosiddetta “fuga dei cervelli” assume quindi un valore centrale: la perdita di ricercatori di punta non riguarda solo la ricerca accademica, ma ha ricadute dirette sull’attrattività del nostro Paese per gli investimenti esteri pubblici e privati, che guardano alla qualità dei talenti disponibili prima di localizzare nuovi progetti. Senza un piano di retention e attrazione internazionale, l’Italia rischia un circolo vizioso: meno ricercatori competitivi, meno fondi europei, meno capacità di innovare.
Il Rapporto Strategico 2025 della Community Life Sciences ha delineato quattro linee d’azione prioritarie per superare i colli di bottiglia strutturali e rilanciare la competitività del Paese.
1. Lanciare una Strategia Nazionale STEMM (STEM & Medicine). Per allinearsi ai top performer europei, l’Italia necessita di 120.000 laureati STEMM aggiuntivi. Un obiettivo che, secondo le stime TEHA, potrebbe generare fino a 2 miliardi di euro di valore aggiunto.
2. Potenziare la formazione ai bandi europei. Università e centri di ricerca devono rafforzare i programmi di training e mentoring per aumentare il tasso di successo dell’Italia nei bandi UE. Ogni euro investito in Horizon Europe genera fino a 11 euro di benefici economici nei successivi vent’anni.
3. Accelerare e investire nel trasferimento tecnologico. Con una media di soli 5,7 addetti negli uffici di tech transfer, contro i 16,3 dei principali centri europei, l’Italia rischia di colmare il divario solo nel 2045. È necessario investire in infrastrutture condivise e capitale umano dedicato per trasformare più rapidamente i risultati della ricerca in applicazioni industriali.
4. Rendere l’Italia un “place-to-be” per l’innovazione. Serve un salto di qualità nell’attrattività del Paese, attraverso politiche fiscali mirate, semplificazione burocratica e meccanismi di sostegno alla ricerca pubblico-privata.
Il messaggio emerso con forza dal Forum è che l’Italia possiede tutte le carte per diventare un protagonista europeo nelle Scienze della Vita, ma occorre una visione strategica condivisa e strumenti concreti per superare le barriere esistenti.
Il paradosso italiano – eccellenza negli output, fragilità negli input – può essere risolto solo rafforzando capitale umano, capacità di attrarre fondi e meccanismi di trasferimento tecnologico. La sfida è trasformare l’abbondante produzione scientifica in vantaggio competitivo, crescita economica e benessere sociale.
Come ha sottolineato Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di TEHA Group, “senza scienza, ricerca e innovazione non c’è futuro”. L’agenda presentata a Milano indica chiaramente la rotta: fare delle Scienze della Vita non solo un settore di eccellenza, ma un pilastro della crescita strutturale del Paese.