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Il futuro del Food&Beverage: priorità e sfide per la competitività del Made in Italy

- di: Benedetta Brioschi, Partner TEHA Group e Responsabile Food&Retail e Sustainability
 
Il futuro del Food&Beverage: priorità e sfide per la competitività del Made in Italy

Tra record di export e pressioni globali, il settore agroalimentare si confronta con sfide climatiche, geopolitiche e sociali. In occasione del 9° Forum Food&Beverage, che ha riunito a Bormio l’intero mondo dell’agroalimentare italiano, sono stati presentati i principali punti di attrattività del settore e le priorità per rafforzare la competitività del Made in Italy.
Il settore agroalimentare italiano è uno degli asset più strategici per la competitività del Paese. Con 74 miliardi di Euro di Valore Aggiunto nel 2023, l’agroalimentare si posiziona come 1a tra le filiere italiane per contributo al PIL, una performance che vale 2,5 volte il fashion Made in Italy e oltre 5 volte l’industria chimica.

L’Italia è il 3° Paese in UE-27 per Valore Aggiunto agroalimentare, con un’incidenza diretta del 3,9% sul PIL nazionale.
Il settore agroalimentare italiano ha un valore sociale che posiziona il Paese al 4° posto in UE-27 per occupazione, con 1,4 milioni di lavoratori dipendenti nel settore e al 2° posto per occupazione agricola, con una crescita del +0,5% rispetto al 2015.

Il settore non solo supporta lo sviluppo industriale nel territorio italiano, ma riveste anche un ruolo centrale nella proiezione internazionale del Made in Italy, registrando nel 2024 il record storico di 67,5 miliardi di Euro di esportazioni, un valore cresciuto annualmente del +6,5% nel periodo 2010-2024.
All’interno dei mercati internazionali, l’Italia ricopre quote rilevanti nell’esportazione di alcuni prodotti tipici della dieta mediterranea. Si posiziona, infatti, come 1° Paese al mondo per export di pomodori pelati con una quota di mercato del 76,3%, di pasta (48%), di amari e distillati (34,5%), di prosciutto crudo e cotto (29,9%), di bresaola (29,1%) e di passata di pomodoro (24,1%). Con un valore delle esportazioni di 8,1 miliardi di Euro e una quota del 12,1% sul totale dell’export agroalimentare italiano, il vino rimane il prodotto dell’agrifood più esportato, in crescita del +5,5% rispetto al 2023.
È la qualità della produzione agroalimentare Made in Italy il fattore che ha permesso al settore di continuare a crescere a livello nazionale e internazionale: l’Italia è il 1° Paese in Unione Europea per prodotti certificati (891 in totale), di cui 328 dal mondo alimentare (valgono 9,2 miliardi di Euro) e 563 dal settore vinicolo per oltre 11 miliardi di Euro.

TEHA ha ricostruito l’intera filiera agroalimentare da monte a valle, quantificando l’impatto della sua catena di valore, che include 21 macro-filiere. Secondo il censimento, cresce ancora il peso della filiera agroalimentare estesa nell’economia italiana: nel 2024 genera 378,9 miliardi di Euro di Valore Aggiunto in Italia, abilitando la generazione del 19,8% del PIL italiano. (Figura 1)



Il Forum Food&Beverage di TEHA
Questi i numeri chiave del settore condivisi nel contesto della 9a edizione del Forum Food&Beverage di TEHA, tenutosi nella splendida cornice di Bormio il 6 e 7 giugno 2025 coinvolgendo oltre 35 partner, 40 relatori, e 150 partecipanti. Sono state presentate 3 ricerche e 5 casi strategici e - all’interno di 17 sessioni - sono stati approfonditi gli scenari e le evoluzioni del settore agroalimentare in Italia, anche alla luce delle sfide che l’intera filiera sta affrontando e degli scenari evolutivi per il prossimo futuro. Tra gli elementi chiave per la competitività del settore, il programma ha centrato l’attenzione sui seguenti argomenti: alimentazione, salute, sport e transizione sostenibile della filiera.
La Valtellina, dove si è svolto il Forum per la 5a volta consecutiva, è una punta di diamante dell’enogastronomia italiana. Sondrio è l’11a provincia italiana su 107 per impatto economico delle produzioni certificate di cibo (260 milioni di Euro) e la quarta per produzione di vino con 3,2 milioni di bottiglie ogni anno da 24 milioni di Euro di valore complessivo.

Le forze di crisi che agiscono sul settore agroalimentare: dal succedersi dei fattori esogeni all’evoluzione dei consumi
Nonostante i successi, la filiera agroalimentare italiana affronta sfide che richiedono un approccio integrato per mantenere la competitività e favorire la crescita futura. Le crisi esterne, come le incertezze geopolitiche, il cambiamento climatico e le normative europee più rigorose, mettono sotto pressione il settore. Inoltre, la perdita di potere d’acquisto delle famiglie italiane, insieme ai cambiamenti nelle preferenze dei consumatori e nei canali di acquisto, rappresentano sfide per l’adattamento e la competitività del settore.

Il contesto di fermento geopolitico internazionale sta generando incertezza sulle prospettive future e le opportunità di crescita delle imprese agroalimentari italiane. In particolare, l’elezione di Donald Trump al secondo mandato di Presidenza degli Stati Uniti ha determinato un cambiamento significativo nella politica commerciale del Paese, con un rafforzamento delle misure protezionistiche. La relazione commerciale tra Italia e Stati Uniti è particolarmente rilevante per il settore agroalimentare italiano: con 7,8 miliardi di Euro di valore, oggi gli Stati Uniti sono il 2° mercato di sbocco delle esportazioni agroalimentari italiane e l’Italia è il 1° Paese in Europa e il 3° al mondo per export di prodotti agroalimentari negli Stati Uniti. Una nota di speranza però: la bassa sostituibilità commerciale dell’Italia (1° posto tra i Paesi UE-27) indica una resistenza maggiore a fattori come l’aumento dei prezzi e il cambiamento delle abitudini di consumo. Oltre 6 miliardi di Euro di export agrifood verso gli Stati Uniti fanno riferimento a prodotti difficilmente sostituibili, nonostante i dazi. (Figura 2)



L’Italia, a causa della sua posizione geografica, è anche uno dei Paesi maggiormente vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico. Il settore agroalimentare nazionale è tra quelli più colpiti da questa trasformazione, subendo impatti diretti che mettono a rischio la produzione e la competitività del settore.
In particolare, l’Italia sta affrontando una grave pressione climatica, con il biennio 2022-2023 che ha registrato temperature record e una forte siccità. Le colture registrano una perdita di produzione tra il -2% e il -25% rispetto alla media storica (2012-2020), con ricadute economiche destinate a crescere esponenzialmente: l’impatto sulle colture dovuto a siccità e alluvioni è pari a 8,5 miliardi di Euro nel 2024 e potrebbe più che raddoppiare entro il 2050.

Alla luce dello scenario di crisi esterne, è fondamentale per le imprese lavorare alla ripresa dei consumi interni, che nel loro complesso pesano per il 60% del PIL. Nel contesto nazionale, la riduzione dei salari reali medi ha inciso negativamente sul potere d’acquisto delle famiglie, generando una crescente polarizzazione dei consumi alimentari.
In stretta connessione con le dinamiche internazionali di incertezza, l’Italia è segnata da un continuo indebolimento del potere d’acquisto dei propri cittadini. L’Italia è l’unico Paese OCSE dove i salari reali medi sono diminuiti dal 2000 (-0,2% il tasso di riduzione medio anno), a fronte di un aumento del +0,7% della media OCSE. A questo si aggiunge l’elevata inflazione alimentare del biennio 2022-2023, che ha raggiunto il massimo storico di +13,8% a ottobre 2022 rispetto all’anno precedente. Le sue ripercussioni vengono già riscontrate dal consumatore.
Queste dinamiche si inseriscono però in un quadro che vede i consumi alimentari, sia in casa che fuori casa, fermi da oltre un decennio, con una contrazione a partire dal 2020 derivante dal recente periodo di crisi. (Figura 3)



L’impatto dell’inflazione sugli acquisti alimentari delle famiglie italiane è significativo, con effetti diversificati in base alla capacità economica. Nel 2023, il 78% della spesa delle famiglie appartenenti al quintile meno abbiente è già destinato a spesa incomprimibile, un valore di 25 punti percentuali (p.p.) superiore alle famiglie più abbienti.
Le famiglie a basso reddito allocano una quota maggiore del loro budget per beni e servizi di prima necessità, i cui costi sono aumentati in modo più marcato nell’ultimo anno. La distribuzione della spesa alimentare tra i diversi quintili di reddito mostra una marcata disomogeneità, evidenziando una polarizzazione dei consumi tra il primo e il quinto quintile. Le famiglie del quinto quintile spendono mensilmente significativamente di più (1.417 Euro) rispetto a quelle del primo quintile (425 Euro) per consumi in casa. Inoltre, la spesa alimentare fuori casa incide maggiormente nel quinto quintile (43,1%) rispetto al primo quintile (12,5%), indicando un accesso differenziato alla ristorazione in base al reddito familiare.

Le proposte di policy di TEHA per il rilancio del settore agroalimentare
Alla luce dell’alternarsi di forze di crisi che colpiscono il settore agroalimentare e le richieste del consumatore in continua evoluzione, con ritmi sempre più veloci, risulta centrale comprendere quanto il comparto produttivo sia pronto a rispondere. Dai risultati della survey di TEHA alle imprese italiane del settore Food&Beverage, emerge che l’attuale contesto di crisi sta incrementando il numero di operatori agroalimentari che si preoccupano per l’operatività della propria azienda: il 36,5% delle imprese è preoccupato (+1,4 p.p. rispetto al 2024).
In un contesto di crescente competitività globale, è fondamentale aumentare gli investimenti in Ricerca e Sviluppo, in quanto ogni miliardo di Euro investito in innovazione e digitalizzazione porta a un incremento di +14 miliardi di Euro del PIL nazionale. Tuttavia, ad oggi, l’incidenza degli investimenti in innovazione dell’industria alimentare è solo del 13,2%, -3,3 p.p. rispetto alla media.
Considerando il sentiment e la percezione dell’attuale momento congiunturale da parte delle imprese italiane, e in virtù dell’ambizione della Community Food&Beverage di rendere il settore agroalimentare italiano più preparato per rispondere alle sfide geopolitiche, socio-economiche e normative, sono state sviluppate sei proposte di policy che coinvolgono l’intera filiera agroalimentare estesa. (Figura 4)

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