Supermercati e plastica: la metà degli imballaggi per alimenti è inutile

- di: Barbara Leone
 
Quante volte andando a fare la spesa al supermercato abbiamo pensato agli sprechi di plastica negli imballaggi alimentari? Un’intuizione, spesso considerata soggettiva, che adesso è invece sostenuta da dati oggettivi. Un’analisi su 1.500 prodotti alimentari della grande distribuzione, condotta da Retail Economics e commissionata da un’importante azienda del settore del cartone ondulato, ha infatti confermato che oltre la metà degli imballaggi in plastica per cibo e bevande – ben il 51% – sarebbe non essenziale. Lo studio ha coinvolto 25 dei principali supermercati in sei paesi europei, inclusa l’Italia, mettendo in evidenza dati significativi su una problematica sempre più rilevante.

Supermercati e plastica: la metà degli imballaggi per alimenti è inutile

L’indagine, riportata dal sito inglese packagingnews, ha evidenziato come il Regno Unito sia il paese europeo maggiormente dipendente dalla plastica per gli imballaggi di cibo e bevande. Qui, ben il 70% di tutti gli articoli sugli scaffali è confezionato in plastica. A seguire, la Spagna con il 67%, l’Italia e la Germania con il 66%, la Polonia con il 62% e infine la Francia con il 59%. Questi numeri riflettono la diffusa dipendenza dalla plastica in Europa, ma anche l’urgenza di una transizione verso imballaggi alternativi, meno inquinanti e più sostenibili. Il rapporto Material Change Index ha introdotto un criterio preciso per definire la plastica "non necessaria". Secondo lo studio, gli imballaggi in plastica sono considerati superflui se potrebbero essere eliminati senza rischi per la sicurezza alimentare, o sostituiti con materiali sostenibili e meno inquinanti. Questa “plastica evitabile” rappresenta un’opportunità per i produttori di ridurre significativamente l’inquinamento, specialmente in categorie alimentari molto diffuse. Tra queste, i pasti pronti e i kit pasto, che rappresentano il 90% degli imballaggi in plastica considerati evitabili, seguiti da prodotti come pane, riso e cereali (89%), latticini (83%) e carne e pesce (80%).

Sicuramente negli ultimi tempi la sensibilità verso la riduzione della plastica è cresciuta anche tra produttori e rivenditori. Un sondaggio condotto tra i principali produttori e distributori di alimenti in Europa ha rivelato che quasi tutti gli intervistati (98%) stanno già cercando di ridurre la plastica negli imballaggi. Tuttavia, la transizione verso imballaggi sostenibili è complessa: il 60% delle aziende ha stabilito un limite di due anni per raggiungere i propri obiettivi di sostenibilità, mentre il 25% ha ammesso di essere in ritardo rispetto a tali obiettivi, segnalando difficoltà operative e di mercato che rallentano il processo. Sebbene la consapevolezza ambientale stia crescendo, il passaggio a imballaggi più sostenibili è però ostacolato da ragioni economiche e commerciali. Secondo l’azienda che ha commissionato la ricerca, molti produttori sono preoccupati che il cambiamento degli imballaggi possa minare la competitività dei loro prodotti. Il 40% delle aziende intervistate ha identificato il costo elevato delle materie prime alternative come un freno all’adozione di nuovi materiali, mentre il 39% teme che i consumatori possano non accettare le modifiche agli imballaggi. La rimozione della plastica o la sostituzione del materiale, infatti, viene vista come un rischio: un cambiamento troppo radicale potrebbe spingere parte dei consumatori a non acquistare più determinati prodotti.

L’indagine ha anche esplorato la disponibilità dei consumatori a pagare di più per imballaggi ecologici o a sacrificare la comodità in nome della sostenibilità. I risultati indicano che il 72% degli acquirenti non è disposto a spendere di più per imballaggi sostenibili e il 65% non intende rinunciare alla praticità. Questa resistenza rappresenta una sfida importante per le aziende che vogliono adottare soluzioni di imballaggio alternative: da un lato, è fondamentale rispondere alla crescente domanda di sostenibilità, dall’altro le imprese devono bilanciare queste scelte con le aspettative di convenienza e costo dei consumatori.

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