È come se ogni ora un campo da calcio venisse ricoperto di cemento, asfalto o piazzali: il territorio italiano continua a consumarsi. Secondo il rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” 2025 elaborato dall’ISPRA insieme al Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, nel 2024 sono stati coperti da nuove superfici artificiali quasi 84 chilometri quadrati (83,7 km²), con un incremento del 15,6% rispetto al 2023.
Italia, suolo che scompare: ogni secondo si perdono 2,7 metri quadrati
La misura non è solo statistica: è la fotografia di un’Italia che avanza consumando sé stessa, in un momento in cui la popolazione diminuisce e le terre libere, una volta presidio di biodiversità e agricoltura, diventano terreno di cemento.
Perché conta
Il concetto di “consumo di suolo” indica il passaggio da una copertura non artificiale (campi, boschi, zone umide) a una copertura artificiale (edifici, infrastrutture, piazzali, superfici impermeabili).
Dietro quel numero ci sono meno suolo che drena, meno habitat naturali, più superficie impermeabile che favorisce dissesti idrogeologici, allagamenti, perdita della qualità dell’ambiente. L’Italia non può permettersi di regalare un altro metro quadrato quando le sue risorse ambientali si fanno ogni giorno più fragili.
Dove avviene
Il fenomeno non è più confinato alle aree fortemente urbanizzate del Nord. Le regioni del Sud oggi segnano consumi al livello delle storiche metropoli industriali. Come fa notare Legambiente, «i dati più negativi dal 2012».
Significa che anche zone che fino a poco tempo erano agricole o naturali stanno cedendo terreno alla logistica, alle grandi infrastrutture o all’espansione abitativa. Una fragilità territoriale che si estende come una macchia d’olio.
Il bilancio: consumo netto e rigenerazione minima
Non è solo quanto terreno viene coperto, ma quanto ne viene recuperato. Il rapporto ISPRA evidenzia che, sebbene quasi 84 km² siano stati consumati, le superfici restituite alla natura sono poco più di 5 km².
Il saldo è evidente: l’Italia peggiora. Ogni ora il Paese perde circa 10.000 metri quadrati di suolo utilizzabile. Ogni anno l’equivalente di una città di medie dimensioni. Un dato che non ammette ambiguità.
La politica in ritardo
Legambiente non nasconde la critica: «Serve subito una legge nazionale che fissi lo stop al consumo di suolo netto, che modifichi l’articolo 5 del decreto agricoltura e apra una nuova stagione di rigenerazione urbana».
Il messaggio è chiaro: non basta monitorare, bisogna intervenire. Gli strumenti di pianificazione territoriale, urbanistica e agricola devono cambiare passo. L’obiettivo deve essere azzerare il consumo netto, ossia bilanciare ogni metro quadrato perso con uno restituito. Ma la restituzione oggi è minima.
Verso quali scenari
Se il trend prosegue senza inversione di rotta, l’Italia rischia di trovarsi priva di suolo vitale: agricolo, naturale, biologicamente produttivo. In uno scenario segnato da cambiamenti climatici, fragilità idrogeologica e decrescita demografica, la perdita di suolo è più di un danno ambientale: è un danno sociale, economico, del Paese.
Cambiare significa rigenerare, vuol dire pianificare in funzione della qualità, non solo della quantità dell’edificato. Significa costruire meno, recuperare di più, rendere permeabile il suolo, restituire terreni. Non è un’idea: è una necessità.